giovedì 10 settembre 2020

IO VOTO NO

NO alla diminuzione del numero dei parlamentari. Le motivazioni del "no" sono tante, mentre quelle del "sì" si riducono sostanzialmente a un effimero risparmio che potrebbe essere ottenuto anche semplicemente riducendo stipendi e privilegi davvero scandalosi e a un miglior funzionamento delle Camere che non si capisce davvero come possa essere collegato a un minor numero di rappresentanti del popolo. Un altro argomento, per la verità assai debole ma che sembra aver fatto presa su alcuni settori indecisi del partito Democratico, è che in questo modo si comincia a mettere mano a delle riforme, "si deve pur partire da qualche parte".

Con simili presupposti, si rischia di vedere ridotta in termini molto significativi la rappresentanza democratica, con la creazione di enormi bacini elettorali e con la conseguenza di una sempre più marcata distanza fra i candidati e i territori chiamati a eleggerli. Le realtà culturali numericamente minoritarie, uno degli aspetti più originali e importanti dell'Italia repubblicana, rischiano di sparire dall'agone politico. Inoltre non si deve dimenticare che la scelta del numero di circa 1000 tra deputati e senatori rispondeva alla necessità di rendere presenti in numero congruo portatori di diverse visioni ideologiche presenti all'interno dello Stato. In quel momento il rapporto era di circa 1 ogni 47.000 persone. Oggi, con il progressivo aumento del numero di abitanti documentato dai vari censimenti decennali, il rapporto è di un parlamentare ogni 60.000 residenti. Con la legge già approvata si passerebbe a circa 1 su 92.500, rappresentanza cioè praticamente dimezzata rispetto alle intenzioni dei Costituenti.

La questione ben più urgente è quella relativa alla legge elettorale, alle riforma dei partiti e al superamento dei famigerati listini che premiano gli yesman e non la qualità degli eletti. L'ideale sarebbe un sistema proporzionale in grado di garantire la presenza di realtà importanti dal punto di vista culturale anche se non sempre da quello numerico e ovviamente il ripristino immediato del voto di preferenza, lasciando quindi agli elettori e non ai capipartito il compito di scegliere le persone da inviare al Parlamento. Sarebbe auspicabile che le scelte politiche, da questo punto di vista, non siano orientate dagli interessi del momento e dalla guerra di sondaggi, ma dalla ricerca del bene comune. Ma forse è un'illusione che non sarà certo cancellata dalla riduzione del numero dei parlamentari, ma soltanto da una nuova stagione costruita da persone impegnate in politica a partire da una scelta di assoluto servizio alla causa dello Stato. E più ce ne saranno, meglio sarà... 

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