sabato 14 ottobre 2023

La danza dell'intreccio e la responsabilità dell'"umano"

 

Srebrenica, tragico esempio di genocidio identitario
Quando qualcuno ritiene di essere l'unico possessore della Verità, la Terra degli umani si riempie di cimiteri. In nome di ogni Assoluto, sia esso chiamato con i nomi di Dio o con quelli derivati dalla dea Ragione (con la R maiuscola), si è sempre negato il diritto all'esistenza dell'umile e frammentato "Relativo". Occorre prendere atto che l'Assoluto non c'entra con la Storia, se c'è, si trova nello spazio della trascendenza e della fede, incompatibile con quello immanente della ragione (rigorosamente con la r minuscola). La vicenda terrena è determinata invece dalla gloriosa responsabilità del Relativo, cioè dalla libera e consapevole scelta di ogni essere umano.

Sì, perché in ogni massacro, ovunque e comunque venga compiuto, c'è sempre una presunta "Ragione", in nome della quale si legittima l'uso delle armi costruite e distribuite con un unico scopo, quello di uccidere. L'ipocrisia derivata dalle inenarrabili tragedie del XX secolo porta oggi ogni contendente a mascherare la propria volontà di sopraffazione dell'altro con l'esigenza della "sicurezza". Tutti vogliono garantire un avvenire dignitoso e sicuro agli appartenenti alla propria parte. E chi sta al di fuori - per quanto sia possibile stare al di fuori nell'epoca della globalizzazione - deve necessariamente fare proprie le posizioni degli uni o degli altri, radicalmente, come si suol dire dai tempi del secondo conflitto iracheno, "senza se e senza ma".

E' un modo totalmente sbagliato di affrontare le questioni. Deriva essenzialmente dall'incapacità di sentirsi parte di una comune umanità, nella quale le differenze di lingua, cultura, religione, concezione della vita, dovrebbero essere considerate una grande occasione di reciproco arricchimento. E' la fregatura dell'innalzamento del vessillo dell'"identità". Chi sono io? Sono un essere umano, che vive su un potenzialmente meraviglioso Pianeta, dove anche la Natura invoca, ahimé inascoltata, rispetto. Ma sono anche una persona cresciuta in uno specifico ambiente culturale, che è stata trasformata dalle migliaia di incontri quotidiani, che - volente o nolente - si è sentita interpellare e cambiare nel profondo, da ogni parola ascoltata, stretta di mano, sorriso offerto e ricevuto, chiacchierata intensa o superficiale. Come diceva Hegel (riportato magistralmente dal filosofo Mirt Komel in un'assemblea in Transalpina la scorsa domenica) io sono io, ma anche non io. In questo essere e non essere sta lo spazio di un rapporto con l'"altro da me" che si costruisce nella vicinanza, ma anche nel riconoscimento della distanza. In questa "danza dell'intreccio" si crea lo spazio intermedio dell'incontro, nel quale entrare e uscire continuamente. E' un vero e proprio amplesso, dal quale si concepisce e genera ininterrottamente il mistero dell'autentica Cultura, manifestazione sublime e sempre in cambiamento dell'unione nella diversità delle culture.

Perché allora schierarsi sempre, o totalmente da una parte o totalmente dall'altra? Perché non riconoscere il diritto di ciascuno - soggetto individuo o società collettiva - a possedere delle "ragioni", le une diverse dalle altre? Perché non promuovere costantemente la possibilità di sedersi attorno a un tavolo o al centro di un ponte, per discutere le diverse "ragioni", anche solo per ascoltarle e capirle, pur senza necessariamente condividerle? Perché ritenere che l'unico deterrente alla violenza sia produrre altra e più potente violenza? Eppure dovrebbe essere sotto gli occhi di ognuno che ragioni, svincolandosi un attimo dalle "passioni dell'appartenenza" o dalla "difesa dell'Identità", la prova evidente della totale inutilità di ogni escalation di guerra scatenata per vendicarsi di un'altra azione bellicosa, a sua volta determinata da una precedente offesa cruenta, a sua volta scaturita da un'altra ingiustizia e così via all'infinito, fin dalla fondazione del mondo... E non giova chiedersi chi ha cominciato prima, se non per una giusta esigenza scientifica di comprensione dell'evolversi delle situazioni storiche. Sì, perché ci sarà sempre un "prima" che potrà spiegare ogni "dopo", ma se non si andrà oltre alla logica del "prima" e del "dopo", si rischierà di perdere l'"Adesso", cioè quell'unico infinitesimale frammento del tempo nel quale si determina il destino dell'universo. 

Insomma, utopia delle utopie. Questi giorni di grande angoscia non devono far dimenticare tante altre simili sofferenze che si stanno verificando ovunque, non soltanto in Israele e Palestina, non soltanto in Ucraina e in Russia. Potranno aiutare a riflettere e a superare la logica degli Assolutismi, trovando la strada del dialogo e superando la logica del farsi tanto del male per difendere le ragioni degli uni o degli altri? Ogni ragione che per affermarsi ha bisogno di soffocare quella dell'altro diventa immediatamente un inaccettabile torto. Ogni ragione che si confronta umanamente con quella dell'altro, costruisce una nuova civiltà, una società nella quale le identità non si contrappongono ma si mescolano in un meraviglioso esempio di generativo moto perpetuo. 

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