lunedì 19 luglio 2021

Clergy, un film che fa male, proprio per questo da vedere!

L'età (spirituale?) dell'oro per la Chiesa polacca è finita da parecchio tempo. L'onda lunga del pontificato di Papa Wojtyla sembra ormai essersi attenuata e con essa i film celebrativi di Andrzej Wajda o di Krsztof Zanussi. Sono tempi difficili e certamente realistici, in una Polonia iperconservatrice, ma anche vivaio di fermenti di protesta e innovazione.
In questo contesto, nel 2018, esce nelle sale cinematografiche Clergy, un film di Wojciech Smarzowsky. E' un atto di denuncia nei confronti della potente gerarchia ecclesiastica polacca. La storia, avvincente, è molto più credibile di quanto a prima vista si possa pensare. Salvati da un incendio, tre preti si incontrano per ricordare l'evento. Da questo inizio, dai tratti quasi comici, derivano le tre storie parallele.
Un parroco di campagna attraversa i sentieri dell'alcolismo e della lussuria. Ne esce con meno guai di tutti, quando la gravidanza della donna con la quale convive e un incidente che (a torto) ritiene di aver provocato, lo convincono a cambiare vita e inoltrarsi sulla via della convivenza e dell'abbandono dell'abito clericale.
Un monsignore in carriera, in procinto di partire per Roma e assumere incarichi importanti nel Vaticano polacchizzato a cavallo del Millennio, smascherato nelle azioni pedofile nei confronti dei seminaristi, ricorre ai trucchi più criminali per insabbiare le accuse ed evitare un processo e un fallimento esistenziale.
Un sacerdote catechista viene accusato di atti sessuali nei confronti di adolescenti e rischia il linciaggio. Internato in una specie di manicomio per preti, capisce che la sua ultima missione non può essere altro che quella di smascherare l'ipocrisia, accusando proprio l'importante monsignore che lo aveva rovinato appena uscito dall'infanzia.
Un simile collage non può che finire assai male, nel fango delle fondamenta della chiesa che dovrebbe essere costruita in onore dello squallido Vescovo e nelle fiamme - quasi invernali - che avvolgono il prete finalmente deciso a dire la verità, inascoltato e marginalizzato da una Chiesa che si può permettere di vilipendere in tutto la parola del Vangelo.
Tutto ciò scandalizza, offende, fa male al cuore. Il regista non fa sconti e dalla visione se ne esce con le ossa rotte e con una domanda decisiva. La questione della pedofilia dei preti, taciuta per decenni con conseguente persecuzione dei denuncianti, è davvero marginale? E' un problema che riguarda le "mele marce"? O la Chiesa ufficiale, quella di Francesco per intenderci, non dovrebbe forse domandarsi se le incredibili dimensioni del fenomeno non manifesterebbero piuttosto una grave crisi sistematica del sacerdozio cattolico celibatario. L'arrivismo, l'immoralità, il nascondimento delle debolezze, l'arroganza, sono molto più frequenti rispetto ad altri ambienti o almeno più sorprendenti. Il celibato non può essere certo considerata la causa diretta della pedofilia. Ma certamente una vita affettiva vissuta nell'anormalità, a causa di un'imposizione anacronistica, può creare un clima di disagio profondo che può anche portare a soddisfare la propria carenza d'affetto strumentalizzando in modo schifoso i più deboli. L'immaturità che impedisce di avere a che fare con i propri pari, porta facilmente a imporre le più inaudite violenze ai più piccoli.
Non sarebbe forse ora di lasciarsi provocare da film come Clergy, invece di nascondersi sempre dietro l'offuscamento dell'argomentazione tacciata di "esagerazione" e di indebita "generalizzazione"? 

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