Il giornalista Nello Scavo |
Il titolo cubitale della prima pagina, La via della vergogna, aiuta a comprendere da subito di che cosa si tratti. E' la rotta balcanica, seguita nell'ultimo quinquennio da centinaia di migliaia di persone che - provenendo nei primi tempi soprattutto dalla Siria, poi da Pakistan, Afghanistan ma anche dal resto del Medio Oriente e del Nord Africa - hanno camminato per mesi per raggiungere il territorio della speranza, i Paesi dell'Unione europea.
Dopo gli accordi con Turchia e Grecia, che hanno portato alla realizzazione di enormi campi di concentramento, in particolare nel retroterra turco e nelle isole greche di Samos e Lesbo, la frontiera dell'Unione è stata chiusa. Decine di migliaia di profughi sono rimasti bloccati nella punta settentrionale della Bosnia, soprattutto nelle zone di confine di Bihac e Velika Kladusa. E' di questi campi che scrive Nello Scavo, non raccontando purtroppo cose nuove, ma eventi che si stanno ripetendo almeno da tre anni, per lo più ignorati dai media italiani ed europei. Si racconta il disperato tentativo di uomini, donne e bambini di attraversare la frontiera con la Croazia, il ritrovamento da parte delle guardie confinarie e il respingimento in Bosnia, non senza un dose terribile di violenze e torture, delle quali i corpi martoriati sono testimonianza ormai inconfutabile. Qualche intervento al Parlamento Europeo, proteste vibranti di associazioni di volontariato e meno eclatanti da parte degli organismi internazionali, hanno evidenziato una vergogna assoluta, ciò che sta accadendo ai confini tra Bosnia e Croazia non è il frutto della cattiveria di qualche poliziotto fuori controllo, ma è volontà politica dei Paesi dell'Unione che affidano ai croati il "lavoro sporco" della repressione.
Il "campo" di Postojna |
Ma Nello Scavo va oltre e descrive una situazione ancora più coinvolgente le nostre coscienze. Tra i tanti che ci provano, alcuni riescono a superare lo sbarramento. Dopo aver investito tutto ciò che avevano riversandolo nelle tasche delle mafie internazionali che agiscono ovunque indisturbate, i profughi attraversano di nascosto le colline e le montagne e giungono in Slovenia. Se vengono rintracciati, finiscono nei corrispettivi dei "nostri" Centri per il rimpatrio (CPR), costretti in situazioni drammatiche, al di là di qualsiasi garanzia di rispetto dei diritti umani. Se ne è parlato anche in questo blog, descrivendo una manifestazione davanti al "campo" di Postojna. Dopo breve soggiorno, il loro destino è quello di essere quanto prima caricati sulle corriere e "restituiti" alla Croazia e alla Bosnia.
C'è chi riesce ad arrivare in Italia, solo in questo 2020 qualche migliaio di persone. In forza dell'interpretazione di un accordo del lontano 1996, cancellato di fatto dall'ingresso della Slovenia nell'Unione europea, molti di questi nuovi arrivati, provati da mesi di cammino, di rischi e di ogni sorta di difficoltà, vengono "restituiti" (si dice proprio così) alla Slovenia. Nello Scavo denuncia tale pratica, sostenendo che la polizia che opera tali reali respingimenti sa benissimo a quale destino i profughi sono destinati: Slovenia, Croazia, tortura, Bosnia e poi probabilmente, ritorno a casa, privi di qualsiasi risorsa vitale, derubata da più o meno legalizzati ladri patentati.
Ecco, è la via della speranza per coloro che la percorrono rischiando la vita per cercare un futuro sostenibile. E' la via della vergogna per gli abitanti dell'Europa opulenta, incapaci di intendere e di volere, chiusi gli occhi e il cuore all'accoglienza di chi vorrebbe condividere con un "nuovo mondo" idee, percorsi esistenziali e spirituali, storie di sofferenza e di realizzazione, momenti che caratterizzano semplicemente e umilmente il nostro semplice sentirci tutte e tutti "umani".
Non perdete Avvenire di oggi, 5 dicembre 2020!
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