I reportage giornalistici di Nello Scavo su Avvenire nelle domeniche di dicembre e quelli riportati sull'ultimo numero dell'Espresso, più che della capanna di Natale parlano di tante, possibili catastrofi umanitarie.
Migliaia di giovani, provenienti dall'Africa e dall'Asia, sono bloccati ormai da diversi anni nel cuneo di Bihac e della regione del fiume Una. Per loro la vita è un inferno, spesso gli assai precari rifugi ospitano anche intere famiglie, con madri e figli molto piccoli. Come dimenticare Mohamed, un bimbo al massimo di 9 anni, che faceva da interprete per la sua famiglia composta dal padre, dalla madre e da altri tre fratellini? Chiedeva come poter salire senza farsi "beccare" su un treno, per andarsene dalla tenda fatiscente di Bihac e raggiungere l'Italia. Chissà dove sarà, se lui e i suoi avranno realizzato il sogno di raggiungere quello che loro pensavano essere l'approdo della libertà?
In realtà, in questo ormai lungo tempo, tutti prima o poi hanno tentato la sorte con l'ormai noto "game", un tragico tentativo - tutt'altro che un gioco - di attraversare il confine nei boschi ed entrare in Croazia. La stragrande maggioranza di coloro che ci hanno provato sono stati scoperti, picchiati e torturati, poi respinti in Bosnia con l'ingiunzione di non tornare mai più. Alcuni, più "fortunati", sono riusciti nel loto intento e, dopo mille dolorose peripezie, hanno attraversato Croazia e Slovenia per raggiungere finalmente l'agognata Italia. Cosa ne è stato? Una parte cospicua, giunta stremata a Trieste e dintorni, è stata respinta di nuovo in Slovenia, lì rinchiusa nel campo di Postojna e poi rispedita in Croazia, poi di nuovo, non senza la solita dose di bastonate, nello Stato della Bosnia-Erzegovina, cioè fuori dal recinto dell'Unione Europea. Il tutto è avvenuto e continua ad avvenire sulla base di antichi trattati internazionali ampiamente superati dall'appartenenza della Slovenia al novero degli stati dell'Unione.
E nella zona di Bihac cosa sta accadendo? Dove trovano alloggio coloro che giungono dal Sud e coloro che vengono respinti indietro dal Nord? Fino alla scorsa settimana nei campi gestiti dall'IOM e dalle organizzazioni mondiali ed europee. Adesso, dopo l'incendio del campo di Lipa, sull'esempio di quelli altrettanto drammatici di Lesbo e di Samos, le organizzazioni hanno abbandonato i campi e il governo cantonale di Una-Sana non ha autorizzato la riapertura delle fabbriche dismesse dove all'inizio era stata resa possibile una parvenza di accoglienza.
Il risultato di tutto ciò è che migliaia di persone, richiedenti asilo che fuggono da guerra, fame e persecuzioni di ogni sorta, vagano abbandonati da tutti nelle inospitali e attualmente gelide contrade, impossibilitati a entrare in città, perché "non c'è posto per loro nei ricoveri". Non hanno da mangiare nè da coprirsi, si prospetta una vera e propria catastrofe umanitaria. Nello Scavo ha chiamato la rotta balcanica la "via della vergogna". Se nessuno si muoverà in tempo - a livello di istituzioni europee e mondiali - oltre che della vergogna sarà anche la via di una nuova colpevole "strage degli innocenti" voluta o tollerata dagli Erode in doppiopetto che abitano i sontuosi palazzi di Strasburgo e di Bruxelles.
Ti ringrazio per questo scritto ; ne farò tesoro e sarà un'altra spinta per la realizzazione di un'intervista per la TV.un caro ssluto
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