giovedì 17 dicembre 2020

Dal diario di un sindaco di pianura

Fino a un mese fa il paese era, come si suol dire, covid free. Ogni giorno arrivavano le notizie dalle altre zone della Regione. Anche se i contagi erano sempre vicini, si sperava di rimanere isola felice, come nel corso della prima ondata. Poi sono giunti i primi segnali di un cambiamento, prima uno, poi un altro, poi una famiglia in quarantena, il "bollettino" quotidiano dell'azienda cominciava a trasformarsi in comunicato di guerra. Per fortuna, ci si diceva, sono casi asintomatici. Dopo un po' la comunicazione che qualcuno era finito in ospedale. Cresceva la preoccupazione per le case del riposo, quella privata e quella comunale, i luoghi sensibili da presidiare prima di qualunque altro. Si raccomandava a tutti la massima attenzione e prudenza, si inviavano missive ai concittadini perché fossero attenti, con le mascherine, con il distanziamento, con l'evitare gli assembramenti, davanti ai negozi e davanti ai bar.

"C'è un primo caso, asintomatico, ma è persona che ha avuto contatti quasi con tutti gli ospiti". Ecco, la notizia che non si sarebbe mai voluto sentire. Incrociamo le dita, speriamo, forse "andrà tutto bene"...

E invece no, è andato tutto male. Quasi tutti gli ospiti contagiati, il personale in parte conclamato positivo, in parte ai limiti dell'esaurimento per la triplicazione del lavoro. Poi i primi morti, cadono come foglie dagli alberi, in autunno. E loro, la memoria storica del territorio, sono rinchiusi là, impossibilitati da mesi a incontrare i propri familiari, se non attraverso la mediazione di un tablet, spaventati dal dilagare del virus che mette alla prova, indebolisce e uccide, accompagnati da eroici angeli custodi ormai rarefatti e altrettanto impauriti.

Cosa non ha funzionato? E' il destino triste che accomuna quasi tutti i simili istituti in Italia e in Europa? C'è qualche responsabilità in tutto ciò? Si poteva evitare, ma come?

Sì, una responsabilità profonda la si sente, quando sei chiamato ad amministrare un Comune, quando gli elettori ti hanno affidato, tra gli altri, il compito di vigilare sulla loro salute fisica. Hai voglia di invocare le responsabilità del Governo centrale, i tentativi più o meno caotici di arginare l'avanzata del covid, l'assurdità delle prescrizioni regionali e la confusione che regna sovrana. Puoi anche invocare l'inutilità dell'attesa del salvatore, il San Vaccino oppure credere nelle sue assolute virtù terapeutiche. Puoi suggerire ottimi stili di vita e inviare messaggi rassicuranti alla popolazione.

Tuttavia tutto ciò non alleggerisce un potente senso di colpa, che proviene dal fondo dello stomaco e risale, attraversa il cuore e ti serra la gola. Vorresti chiedere scusa a chi è morto, ai suoi familiari nel pianto. Ma sai anche di aver fatto tutto ciò che ritenevi umanamente possibile perché questo non accadesse. Vorresti andartene, dimetterti all'istante, ma sai bene che questo non sarebbe altro che un fuggire davanti alle risposte che solo tu puoi dare. Forse potrebbe dare qualche risposta la filosofia? O la teologia? Ma in fondo, come diceva Hans Jonas commentando la Shoah, "si può ancora credere in Dio dopo la pandemia"? O forse - immaginando i miliardi di esseri umani che si potrebbero porre la stessa domanda pensando alle guerre, ai genocidi, alla malaria, alla fame che uccide ogni anno quindici volte di più che il coronavirus - non potrebbe essere questa proprio la dimostrazione che Dio, se esistesse, non potrebbe essere che il "Totalmente Altro"? 

1 commento:

  1. "...immaginando i miliardi di esseri umani che si potrebbero porre la stessa domanda pensando alle guerre, ai genocidi, alla malaria, alla fame che uccide ogni anno quindici volte di più che il coronavirus - non potrebbe essere questa proprio la dimostrazione che Dio, se esistesse, non potrebbe essere che il "Totalmente Altro"?"

    Già...

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