mercoledì 20 maggio 2020

Ricordi in cammino...

Non si prevedono lungo distanze per questa seconda giornata, da Aosta a Saint Vincent. Appena uscito dalla vetusta Augusta Praetoria, bella città dalle numerose vestigia romane, riesco a complicarmi il cammino, decidendo di seguire gli invitanti segnali collocati dai diversi Comuni. Inizia un interminabile saliscendi, di per sé divertente e promettente, ma non particolarmente adatto a chi deve ancora percorrere circa 1000 km per raggiungere Roma e si porta 10 kg di zaino sulle spalle. Arranco per raggiungere i rus, antichissime condotte d'acqua che tagliano a intervalli regolari i versanti delle alte montagne. Mi sembra di seguire dei piani di volo, collocandomi a una quota stabilita per raggiungere una meta senza interferire con la direzione di altri aerei. In realtà non incontro nessuno e spesso, molto spesso, queste improvvisate vie alpine si interrompono, costringendo a frequenti cambi di altitudine. Un accidentato sentiero mi permette di risalire la china, sbucando su una stretta strada asfaltata. Un gigantesco cane pastore, sdraiato sotto il sole, custodisce il passaggio. Mi vede, si alza di scatto e inizia ad abbaiare, lanciandomi sguardi che a un analfabeta totale in linguaggi animali, sembrano tremendamente minacciosi. Cerco di abbozzare un timido saluto, agitando il cappello e sfornando un terrorizzato sorriso e mi tuffo verso destra, aumentando progressivamente la velocità, con la costante impressione di una belva alle spalle, pronta a gettarsi su di me al primo movimento inconsulto. Cammino cammino - come in tutte le favole che si rispettano - e non giungo alla casetta di cioccolata, ma a un campo dove l'asfalto termina e un gruppo di agricoltori mi guarda con un po' d'invidia. Si stanno spezzando la schiena per tirare fuori dalla terra le patate, mentre io vado a cercarmi volontariamente la fatica, mulinando le gambe sulla Francigena sotto il sole cocente. "Perché non vieni ad aiutarci, se ti piace tanto sudare...". Non me lo faccio ripetere due volte, mi libero dal sacco e mi chino a raccogliere i tuberi, rendendomi subito conto di quanto una giornata in un campo di patate sia ben più impegnativa rispetto a una tappa di quaranta chilometri a piedi! Per mia fortuna, dopo qualche minuto i raccoglitori, vuoi per un impeto di pietas nei miei confronti, vuoi perché anch'essi hanno bisogno di una pausa, mi congedano con una bella risata: "Guarda che stai sbagliando completamente strada, devi risalire fino al bivio e continuare sul viottolo asfaltato fino al successivo segnale della Via". Non mi riempie di paura la mezz'ora di cammino in più - ormai la meta di giornata non è certo Saint Vincent - ma l'idea di ritrovare quell'enorme cane, forse più affamato di prima. Mi avvicino circospetto, vedo la bestia accucciata dove l'avevo lasciata, cammino sulle punte dei piedi, almeno quanto consentito a un viandante affaticato, oriento lo sguardo di qua e di là cercando la via di fuga, decido, in caso di necessità, di gettarmi di corsa giù per il prato ripido - meglio un volo sull'erba che finire i propri giorni nelle fauci di un animale feroce... Il cane si alza pigramente, scodinzola allegro e bonario, con gli occhi mi invita a seguirlo. Non me lo faccio ripetere due volte e in men che non si dica mi trovo davanti al cartello che indica la continuazione della Francigena, naturalmente, sull'ennesimo rus sconnesso. L'animale, soddisfatto, brontola felice e ritorna al bivio, per avvisare abbaiando il prossimo camminatore distratto e per accompagnarlo sulla retta via.

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