venerdì 29 agosto 2025

SOSTEGNO ALLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA

Un grande pericolo è assuefarsi ai numeri. Ieri sera un raid dell'esercito israeliano sopra Gaza, 20 morti; bombe russe su Kiev, 15 morti; 200 uccisi in un'imboscata in Sudan; 36 naufraghi annegati nei pressi di Lampedusa, ecc. ecc. 

Ognuno di quei "morti" è un essere umano, mia sorella e mio fratello, ha una sua storia di affetti, di lavoro, di speranze e disillusioni. E ognuna di quelle così tragiche conclusioni è un atto di accusa a un'umanità crudele che incoraggia la guerra o che gira indifferente la testa dall'altra parte.

Per questo non si può che dare tutto il sostegno possibile alla Global Sumud Flotilla. Donne e uomini coraggiosi, nel pieno svolgimento di un'azione umanitaria volta a rompere l'assedio che da 18 anni chiude i porti di Gaza, provano con decine di imbarcazioni a violare il blocco e a portare aiuto alla popolazione stremata della Striscia.

E' forse il più importante atto pacifista nonviolento dai tempi delle grandi manifestazioni di Genova 2001 e dall'indimenticabile Marcia della Pace verso Sarajevo tenutasi nel pieno della guerra in Bosnia. Ed è da seguire, dal momento della partenza all'epilogo che si spera fruttuoso.

Non si tratta solo di un'azione contingente. Se la Flotilla ce la farà, bucherà una cortina di violenza e di menzogna che sta annichilendo un intero popolo. Aprirà uno spiraglio di speranza per tutte le guerre che ci sono in questo momento nel mondo. Darà un po' di conforto a chi soffre, soprattutto ai tantissimi bambini che sembrano essere i bersagli preferiti dai tiri delle armi israeliane.

Se la Flotilla non ce la farà e i suoi protagonisti saranno arrestati o peggio trattati con violenza, si dovrà innalzare un grido di protesta in tutto il mondo, un grido più forte di quello che avrebbe già dovuto raggiungere ogni angolo del Pianeta, di fronte alla morte di operatori sociali, medici e giornalisti. Questi ultimi, tutti palestinesi perché agli altri è precluso l'ingresso,  stanno pagando un troppo alto tributo di sangue, oltre duecento hanno già perso la vita per aver cercato di spiegare a tutti noi, dal campo del dolore, le notizie di un massacro che non trova alcuna possibile giustificazione.

Dispiace non essere fisicamente sul mare. Ma credo che sia necessario, in qualsiasi modo possibile, fare come se ci si fosse, sostenendo con forza e convinzione ogni istante di questa straordinaria azione nonviolenta e autenticamente pacifista.

domenica 24 agosto 2025

Via le armi dal Pianeta Terra!

Cari miei 25 lettori (cit.), anche questa volta il testo è un po' lungo, ma sarei molto felice se lo leggerete. Sembra tutto così ovvio e invece è tremendamente difficile. Ma un segnale di speranza c'è, lo trovate nelle ultime righe... (ab) 

Che dietro a ogni guerra ci siano interessi economici è fatto difficile da mettere in discussione. Che uno di essi sia la produzione e il commercio delle armi è anche evidente. E' nauseante pensare all'intera filiera, dall'imprenditore che investe al politico che appalta, dall'operaio che produce al soldato che utilizza... Ognuno di essi contribuisce a creare qualcosa che avrà come suo scopo quello di colpire, ferire uccidere un altro essere umano, distruggere un villaggio, annientare una città o un'intera nazione. L'arma non ha occhi - o meglio ha gli occhi di chi la usa - entra e sconquassa corpi di soldati e di civili, di donne uomini e bambini. Uccide. Toglie la vita, il bene più prezioso, anzi, tutto ciò che ognuno di noi possiede. Un colpo di fucile, una bomba, l'atomica e via... Esistenza, affetti, costruzioni culturali, arte e poesia, coscienza di esserci, visione del mondo, compagnia... tutto ciò, in un istante finisce. Fine, punto, nulla più.

Per poter convincere gli esseri umani a entrare in questa logica perversa e catastrofica non può certo bastare la constatazione ovvia del fatto che dall'esistenza degli armi pochissimi traggono squallidi ma enormi profitti mentre un'immensa moltitudine ne paga le conseguenze. Chi mai potrebbe mettere a repentaglio la propria vita per difendere i macrointeressi dei vari Trump, Netanyaohu, Puntin, Zelenski e via dicendo oppure per qualche oscuro presidente di consiglio di amministrazione di una multinazionale delle armi o sostenitore di banche armate? Per poter inviare i giovani a farsi macellare e a massacrare altri giovani come loro o a sganciare bombe su cittadine e cittadini inermi che fanno la fila per un pezzo di pane, occorre inventare altre più coinvolgenti motivazioni.

Sì, proprio inventare, perché mentre il dolore è oggettivo e riguardo allo stesso modo ogni uomo, il motivo per provocarlo è sempre frutto dell'umana immaginazione. Per esempio, formidabile è il trittico Dio Patria e Famiglia. Con i mezzi che ho a disposizione - prediche, stampati, media, televisioni, social e via dicendo - convinco i miei simili a uccidere altri simili perché hanno un Dio diverso dal mio, perché hanno una bandiera con altri colori, perché attentano alla sopravvivenza della mia famiglia. Terribile! L'altro da me, che è ovviamente parte di me, membro della mia stessa umana famiglia, ha i miei stessi sentimenti, emozioni... Lei o Lui, soltanto perché vive in una zona diversa, parla una lingua diversa, ha un altro colore della pelle, ammira diversi poeti e pittori, prega in un altro modo, soltanto per questo può essere vilipeso, ferito, assassinato, devastato. Il nazionalismo, il razzismo, il pensiero o la religione unica, l'assolutismo sono gli strumenti formidabili - anche quando somministrati in modo subdolo e apparentemente innocuo - attraverso i quali i potenti del mondo riescono a mettere gli "uomini contro". 

Si risolva lo squilibrio economico sulla base dell'elementare constatazione che la Terra è di tutti e tutti hanno il diritto di usufruire delle sue risorse allo stesso modo. Si cancellino i profitti che derivano dal funesto commercio di armi generato da disumani burocrati che se ne fregano altamente delle conseguenze delle loro azioni. Si superino i concetti di nazione, di etnia, di appartenenza, di identità (tutte minuscole). Si ponga al primo piano la Sororità e Fraternità (queste due Maiuscole!) universali e tutte le differenza diventeranno immediatamente spettacolare ricchezza da donarsi gli uni agli altri. 

Utopia? No, utopia della realtà. Se analizzassimo a fondo l'evento degli eventi e comprendessimo totalmente l'incredibile opportunità, la Capitale europea della Cultura 2025, Nova Gorica con Gorizia insieme stanno lanciando un immenso messaggio all'Europa e al Mondo: è possibile sentirsi prima esseri umani, fratelli e sorelle e, riconoscendosi tali, costruire un nuovo meraviglioso modo di essere insieme, dove ciascuno diventa meraviglioso e arricchente dono di amicizia, cultura e bellezza per l'altro.

venerdì 22 agosto 2025

EPK, capitale europea della Cultura e della Pace, un nuovo modo di essere Città

Bruno Civran, Transalpina trg Evrope, tra passato e futuro
Dopo l'anno nel quale Nova Gorica e Gorizia sono state (o è stata) capitale culturale d'Europa, non è più possibile trattare le due realtà come se fossero ancora del tutto separate.

La proposta è evidente e suggestiva. Da questo momento in poi è necessario pensare tutto insieme, nel rispetto delle evidenti diversità. Questo territorio di centro Europa ruota intorno alle due/una città, ma ha una peculiarità straordinaria, percepibile soltanto a 
chi tiene gli occhi aperti.

Dal punto di vista storico la valle dell'Isonzo e quelle dei suoi affluenti sono un'enciclopedia che racconta millenni di vicende che hanno riguardato l'essere umano e la natura nella quale è vissuto. Dai ritrovamenti del flauto dei Neanderthal alla celebrazione della storia aquileiese, dall'arrivo e conversione al cristianesimo del popolo sloveno ai fascini mitteleuropei dei Patriarcato, dalle diatribe fra Venezia e gli Asburgo alla complessità del Novecento, è tutto un susseguirsi di avvenimenti drammatici e avvincenti che inquadrano la specifica vocazione di questo territorio all'unità nella diversità.

Dal punto di vista geografico, come non notare la potenzialità di un rapporto così stretto tra il Mare, l'Adriatico con le sue autostrade azzurre che collegano Koper, Trieste e Monfalcone con l'intero Mediterraneo e la Montagna, culminante nel meraviglioso divino Triglav? L'Isonzo/Soča è uno dei più bei fiumi di Europa, la passeggiata a piedi o in bicicletta potrebbe attirare genti da tutto il Mondo. Il Collio e il Carso permettono di scoprire confini geologici da poco esplorati e i colori del cielo gareggiano con le tenebre illuminate dalle torce delle straordinarie grotte. Ecco il proteo, il pesce uomo, poi in superficie l'orso, il lupo, gli stambecchi, i prolifici cinghiali e i docili caprioli. Insomma, siamo in un piccolo paradiso.

Allora si potrebbero raccogliere tante idee, dall'intuizione dell'Evropska prestolnica kulture, non soltanto dagli eventi - molto belli e di alta qualità - che l'hanno manifestata, quanto dalle prospettive più o meno visibili, in vista del 2026 e degli anni a venire.

Anzitutto occorre osare. Se tutti i Comuni del Bacino isontino (da Bovec ad Aquileia, da Ajdovščina a Cormons e a Cividale) si unissero in un organismo autonomo da essi nominato, simile all'attuale GECT/EZTS ma con orizzonti ancora più vasti, si potrebbe immaginare una forma di amministrazione del territorio svincolata dalle appartenenze nazionali. Il Goriziano, nel quale non vivono solo sloveni, italiani e friulani, ma anche tedeschi, pakistani, kosovari, albanesi, marocchini e via dicendo, potrebbe interloquire direttamente non soltanto con gli Stati, ma anche direttamente con l'Unione Europea e un domani con le Nazioni unite. Venendo prima il sostantivo "umano" (sorella, fratello, ecc.), gli aggettivi che lo specificano (sloveno, italiano, cristiano, musulmano, buddhista, ecc.) sarebbero considerati una strabiliante ricchezza, là dove ciascuno dona all'altro le linee fondamentali del suo modo di essere e di concepire la realtà.

In questo orizzonte la capitale europea della cultura non può che continuare sotto la forma di capitale dell'accoglienza, della giustizia e della pace. Occorre riprendere il percorso inter-nazionale, costruendo insieme - con l'aiuto dei centri accademici e di studio - i percorsi per la realizzazione dei corpi di intervento civili nonviolenti in zone di guerra. E Nova Gorica con Gorizia sarebbero riconosciuti come i luoghi ideali per avviare portare avanti le relazioni diplomatiche fra popoli in conflitto. Un primo passo, anche concreto, perché ciò avvenga, è che nella zona si investa molto sulle lingue. E' finito il tempo dell'accettazione passiva di un'ignoranza cronica che ha portato quasi tutti gli italiani a non conoscere neppure i fondamenti elementari della lingua slovena. Ultimamente accade anche il viceversa, costringendo a riconoscere che, oltre alla conoscenza della lingua del "vicino di casa", sia necessaria anche quella dell'inglese, perché senza comunicazione - o con una comunicazione mediata soltanto dai mezzi artificiali - non si può essere attrattivi e farsi conoscere in Europa. 

Ovviamente occorre costruire relazioni, per rilanciare l'intero territorio anche a livello imprenditoriale. E' finito il tempo della contrapposizioni, è giunto quello delle collaborazioni. Nel 2027 Pordenone sarà capitale italiana della Cultura, con Udine, Trieste e ovviamente anche Monfalcone i legami devono essere sempre più stretti. Gorizia e Nova Gorica si caratterizzano per la cultura, dal preromano al medioevo e soprattutto alla modernità e postmodernità. Ad Ajdovščina cresce un assai promettente polo industriale, grazie alla vicinanza di Ljubljana si possono avere contatti con una delle più sorprendenti capitali della nuova Europa. Le valli, il Carso e il Collio offrono incredibili potenzialità, sul piano del turismo lento (a piedi o in bicicletta), culturale, enogastronomico, nel rispetto profondo della Natura. Ma non si può vivere solo di turismo, occorre investire, soprattutto attraverso una visione politica di ampie vedute e orizzonti, su nuove forme di attività industriali e produttive, si potrebbe veramente diventare un polo innovativo sul piano dell'efficacia e soprattutto dell'ecologia, a livello planetario!

Certo, se ognuno pretende di coltivare il proprio orticello, magari dando una pacca sulla schiena invece di ignorare l'altro, non cambierà nulla. Ma se ci concepiremo tutti insieme "Goriziani, Goričani, Gurissans, ecc. ecc...." vinceremo la tentazione del nazionalismo fascista e razzista ed entreremo nella logica di quello che padre Balducci chiamava homo planetarius. Un nuovo modo di essere Città.

domenica 17 agosto 2025

Il Barocco in Slovenija. Assolutamente da vedere...

 

La mostra sull'arte barocca in Slovenija è veramente molto interessante. Allestita presso la comunque imperdibile Narodna Galerija di Ljubljana, aperta fino al mese di novembre 2025, consente una profonda immersione nell'arte slovena, non soltanto nel classico periodo del XVII e XVIII secolo, ma anche in quello medievale e rinascimentale.

Nella prima sala sono esposti affreschi, la maggior parte dei quali in copia, testimonianza della ricchezza della spiritualità e della fede della terra slovena. Le didascalie costituiscono una vera e propria guida alla conoscenza di luoghi ordinariamente lontani dai riflettori del turismo culturale.  

Stupendi sono gli arredi lignei, sontuosi altari, ma soprattutto statue, di fattezza popolare e proprio per questo particolarmente affascinanti e commoventi. Guardando le trecentesche e quattrocentesche pietà (vesperbild ispirate dalla tradizione germanica), nel volto di Maria che tiene fra le braccia il Figlio ucciso, è possibile riconoscere il dolore di ogni madre che abbraccia il frutto del suo grembo strappato al mistero della Vita. Era un tempo difficile, la peste imperversava e anche in quel tempo la guerra e la violenza seminavano ovunque morte e distruzione. L'esperienza religiosa e spirituale, incarnata nel contesto della Christianitas medievale, tendeva a identificare le sofferenze del presente con quelle provate dai protagonisti del primo annuncio evangelico, sottolineando maggiormente l'elemento della compassione rispetto a quello relativo allo stupore per la risurrezione.

Salendo di un piano, si entra in un altro mondo. Il barocco sloveno si presenta con tutta la sua forza e potenza, attraverso una miriade di autori, celebri e meno. Tra i tanti non si possono dimenticare i "Goriziani", in particolare il Paroli, il Guardi, il Quaglio, i fratelli Liechtenreit e, tra gli scultori, il gradiscano Antonio Michelazzi (1707-1771). La Slovenia è stata attraversata dalla bufera protestante, con il successo della predicazione di Primož Trubar e la conseguente Restaurazione voluta dagli Asburgo, con la chiamata dei gesuiti e degli ordini religiosi per riportare al cattolicesimo le "pecorelle perdute". Le immagini barocche evidenziano il trionfo del Cristo sulla morte, la grandezza della Chiesa che porta in sé stessa la verità della fede. Sono esaltati i testimoni, soprattutto i martiri che hanno vinto con la loro passione la potenza dell'impero Romano. E si moltiplicano i ritratti dei "vip" del tempo, imperatrice e imperatori, principi e baroni, una danza del potere che stride significativamente con la sobrietà dei tempi precedenti. C'è anche chi si ricorda del dolore del popolo, anch'esso sublimato nella consapevolezza che le angustie dell'al di qua troveranno compimento nella gioia definitiva dell'al di là.

Insomma, è veramente interessante scoprire la relazione tra spiritualità e arte, soprattutto conoscere attraverso l'espressione della bellezza alcuni aspetti della storia e della vita del mondo sloveno. E' anche un'integrazione necessaria alle tante suggestioni offerte in quest'anno a Nova Gorica con Gorizia, capitale europea della cultura 2025.        

sabato 16 agosto 2025

Alla planina Preval, sopra il passo Ljubelj

 

In pieno agosto, fra i vari bagliori di un Mondo in crisi, una proposta di bellezza anche ci sta!

Il punto di partenza è poco prima della galleria del passo Ljubelj, qualche chilometro a nord dell'abitato di Tržič.

Ci si trova nella parte occidentale delle Alpi di Kamnik, un gruppo montuoso forse un po' trascurato dagli escursionisti italiani.

In questo caso, il percorso si svolge in un ambiente solenne, circondato da alte montagne culminanti nel bel massiccio della Begunjščica  (2050 metri). Le rocce sono fragili, come dimostrato dalla presenza di ampi ghiaioni, residui di frane antiche e più recenti.

La meta di una piacevole passeggiata è la planina Preval (1311), una malga trasformata nell'estate in rifugio. Il non eccessivo dislivello, poco più di 350 metri nell'insieme e la vastità dei panorami, fanno sì che il sentiero sia facilmente condiviso con numerosi altri viandanti, tanto più nel classico periodo di ferie di metà agosto. La malga-rifugio offre cibo genuino e bevande a piacere, come pure la possibilità di farsi immortalare nelle fotografie con le immancabili mucche al pascolo. Per chi ha tempo e passione, in un paio d'ore si raggiunge l'importante cima, punto di vista quasi onnicomprensivo sull'intera regione slovena della Gorejnska.

E' un simpatico cammino sì, ma richiede anche una certa prudenza e attenzione. Non tanto nella prima parte, dove a farla da padroni sono boschi di conifere che rinfrancano l'escursionista nelle calde e afose giornate estive. E neanche un po' più avanti, dove i resti di qualche bunker memoria della seconda guerra mondiale invitano gli amanti della storia a una breve e prudente sosta informativa.

Passato un costone erboso, il sentiero corre su una stretta cengia artificiale, scavata sopra lo strapiombo. Nei punti più esposti, una corda di ferro consente anche a chi soffre di vertigini di sentirsi al sicuro. La vera sorpresa è dopo l'attraversamento di un ripido ghiaione, dove il consiglio è quello di non guardare verso la strada statale che ospita i bikers rombanti laggiù, nella valle molto profonda. Un tunnel, anzi due, di circa duecento metri ciascuno, scavati nella roccia viva fanno sì che sia possibile attraversare due alte pareti strapiombanti, altrimenti inaccessibili. E' il Bornov predor, la galleria della famiglia Born, antichi proprietari dei boschi dei dintorni che avevano scavato questa meraviglia di ingegneria popolare per poter trasportare il legname da un versante all'altro della montagna. 

Con passo tranquillo, l'intero percorso di andata richiede circa un'ora e mezza, il ritorno, in costante e leggera discesa, un po' meno. Una volta rientrati alla base, carichi di bellezza e di spaziosi panorami, c'è la possibilità di visitare ciò che resta del campo di concentramento nazista di Loibl sud. Centinaia di prigionieri hanno scontato qua la loro detenzione, costretti a lavorare per la costruzione della galleria stradale. Decine di essi, di diverse provenienze, soprattutto francesi, hanno perso la vita per la fame, gli stenti, le malattie e le forme di persecuzione da parte dei carcerieri. C'era perfino un rudimentale forno crematorio, scavato in un anfratto naturale. Il campo di Loibl costituiva una succursale di quello più famoso di Mauthausen, presso Linz. Le rovine che sono state recuperate e trasformate in un grande museo all'aperto, ospitano diverse lapidi in memoria di chi in questo luogo ha sofferto ed è morto. Alcuni di queste memorie sono riferite ai campi di concentramento e di sterminio della Germania nazista e dell'Italia fascista. Non manca la menzione di Visco, Gonars, Rab, accanto ad Auschwitz, Buchenvald, Dachau e tutti gli altri nomi tristemente noti all'umanità del XX secolo.

In una simile giornata, è difficile non pensare al contrasto tra la straordinaria bellezza della Natura e l'abisso di orrore nel quale l'uomo può scendere quando dimentica di appartenere alla medesima famiglia e si adopera con tutte le sue forze per fare del male e sopprimere il proprio fratello. Ed è impossibile non pensare mestamente a quanto poco serva quell'"adesso basta!" che la visita di questi luoghi suscita. Quanti massacri, quante guerre, quante pulizie etniche e genocidi si sono ripetuti, dal tempo in cui funzionava il campo di Ljubelj fino ai difficili giorni attuali.

giovedì 14 agosto 2025

Una mostra da visitare... e da tradurre

 

Continua nel Museo di Santa Chiara a Gorizia la mostra dedicata al Tesoro dell'Arcidiocesi, un racconto che affonda le radici nella storia di Aquileia e del suo Patriarcato, evidenziando con reperti, pannelli illustrativi e interventi filmati le foglie e i frutti manifesti in particolare nella vicenda del cattolicesimo goriziano. Nei prossimi giorni gli orari di apertura saranno ampliati, prevedendo anche la possibilità di visite serali gratuite e di percorsi guidati dagli organizzatori. A differenza di quanto indicato nel manifesto programmatico a lato, mercoledì e giovedì si potrà accedere dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 20 con ingresso a pagamento; venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19, sempre acquistando il biglietto, ma dalle 20 alle 23 con ingresso libero. 

E' un'esposizione da vedere, ricca di contenuti e spunti di riflessione. Camminando lungo i percorsi allestiti nei tre piani del (sempre bellissimo) museo di santa Chiara, ci si può immergere in una storia estremamente affascinante e complessa. Ogni passo consente di scoprire la straordinaria bellezza e drammaticità di un territorio che ha visto incontri e scontri tra diverse culture, soprattutto nel cuore dell'Europa moderna. Cartine, quadri, reperti archeologici, mirabili codici miniati e suppellettili liturgiche introducono al racconto di tempi di certo passati, anche se nel contempo ancora attuali. Dal pluralismo spirituale e religioso dell'Aquileia precristiana si passa alle teocrazia medievale incarnata nella solenne figura dei patriarchi. La sostanziale unità garantita dal tetto patriarcale si stempera nella moderna ricerca di un nuovo modo di concepire il rapporto tra Stato e Chiesa che caratterizza la giovane Arcidiocesi. Non sono dimenticate le tensioni del XX secolo, con la sfida rivolta a un territorio chiamato a ritrovare la sua vocazione all'unità nella diversità.

Il livello di approfondimento è molto elevato e non è certo motivo di meraviglia: il direttore scientifico, prof. Alessio Persic, è una delle menti più brillanti del mondo accademico del Friuli Venezia Giulia, patrologo e storico di livello internazionale. 

Infine, ecco un paio di osservazioni intenzionalmente costruttive, in vista di una nuova edizione e del possibile allargamento della mostra secondo gli orientamenti "aquileiesi" e "goriziani" proposti negli ultimi anni... 

Sarebbe necessario, anzi indispensabile - e questo, se ancora in tempo, si potrebbe già realizzare - in una mostra presentata come uno degli elementi principali di Nova Gorica Gorizia Capitale europea della cultura, leggere le didascalie non solo in lingua italiana, ma anche e soprattutto in sloveno, inglese e possibilmente anche friulano. 

In un passo successivo, sarebbe interessante riempire i temi espositivi con altri settori fondamentali della "spiritualità" del territorio. Per esempio, un primo necessario riferimento potrebbe essere al protestantesimo, nei suoi due momenti chiave relativi alla predicazione di Primož Trubar nel XVI secolo e alla rinascita con i Ritter, a partire dalla metà del XIX. Un altro approfondimento dovrebbe essere dedicato sicuramente all'ebraismo, fattore determinante per ciò che concerne la cultura goriziana dal '600 alla tragica notte della deportazione nazista. Potrebbe infine essere alquanto opportuno un breve racconto della storia delle relazioni tra cristianesimo e popolazioni slovene, corollario delle relazioni tra le istituzioni ecclesiastiche di Aquileia e Salisburgo, senza dimenticare il ruolo di Cirillo e Metodio. E in fase di richiamo alle fondazioni antiche, sarebbe interessante anche cogliere il nesso fra spiritualità e arte nel mondo preromano e romano, grazie ai numerosi reperti presenti nei musei aquileiesi. 

Solo solo degli spunti, senza dimenticare la necessità di uno sguardo anche al presente e al futuro, perché la storia è maestra di vita, ma solo nella misura in cui si è capaci di riconoscerla e di ascoltarla come tale.

mercoledì 13 agosto 2025

Tra scienza, democrazia e verità

 

Sì, c'è qualcosa di "familiare" in questo post. Ma il riferimento è del tutto casuale, non ho alcun elemento per sostenere o denigrare gli orientamenti medici di chicchessia. In realtà il tema è molto delicato, perché tocca questioni che collegano strettamente la questione della verità a quella delle libertà. E' solo uno spunto di discussione, niente di più e niente di meno, sperando di non innervosire nessuno... (ab)

In relazione al dibattito in corso sul delicato tema dei vaccini, non ho alcuna competenza per sostenere una posizione piuttosto che l'altra. Mi interessa tuttavia il metodo, dal momento che investe sia la teoria della conoscenza che il concetto di "verità".

Chi stabilisce che cosa è vero rispetto a ciò che è falso?

Un tempo era semplice rispondere: l'autorità divina, riproposta e interpretata da esseri umani che si ritenevano scelti e consacrati come indiscutibili (infallibili!) interpreti. Si era nell'epoca dell'oggettivismo, dove logica, etica ed estetica si intersecavano fra loro. Chi non si adeguava, veniva estromesso dalla comunità civile e, nel migliore dei casi, emarginato dalla società.

Con l'avvento del soggettivismo moderno, cambiano tutti i paradigmi, la verità viene ridimensionata nella dimensione di un'inesauribile ricerca. Anche la scienza ridefinisce il proprio statuto e la ricerca della causa viene sostituita dall'esercizio della sperimentazione. E' una ricerca che non ha mai fine, in un continuo falsificare e verificare posizioni temporaneamente ritenute valide. Certo, è necessario accordarsi sul metodo da seguire, così come in democrazia è indispensabile la ricerca e l'individuazione dei punti sui quali potersi trovare maggiormente d'accordo. E, come ben si sa, non è affatto detto che chi detiene la maggioranza dei consensi popolari, possieda la "verità", ma riceve solo il compito di governare, in quel momento e in quell'ambito geografico, fino alla prossima modifica del dato maggioritario. Insomma, possesso della maggioranza non significa possesso della verità.

Ordunque (!), chi può stabilire che cosa è "scientifico" e cosa no? Dire che da una parte c'è la Scienza (rigorosamente con la S maiuscola) e dall'altra la ciarlataneria, è insostenibile quanto affermare che l'unico criterio di verità possa essere la parola del Papa quando parla ex cathedra Petri. Dire che la "comunità scientifica" ha il potere di stabilire chi è dentro e chi è fuori, significa ricostruire una Chiesa con i suoi dogmi che stabilisce in termini oggettivi chi può essere preso in considerazione e chi invece deve essere escluso.

Ora, costruire un "caso" quasi internazionale contro chi ha posizioni diverse e proporre di chiudere la porta a un possibile dialogo tra posizioni alternative, è fatto antidemocratico e anche antiscientifico. Non è vero infatti che chi ha espresso dubbi sulla validità ed efficacia dei vaccini sia un mago o uno stregone. A parte i personaggi finiti in questi giorni nell'occhio del ciclone mediatico e politico, ci sono con loro premi Nobel, scienziati accademici, migliaia di medici - cioè uomini di scienza - che hanno espresso e continuano a esprimere le stesse ipotesi.

Quindi, indipendentemente dalla valutazione del loro o altrui operato, occorre riconoscere con semplicità e umiltà che esistono diversi punti di vista e che solo un adeguato confronto dialettico può far crescere il percorso della conoscenza. Perché la Scienza, come ogni altra disciplina che abbia a che fare con l'essere umano, non si scrive con quella maiuscola come se fosse un'autorità trascendente, ma con quella operosa minuscola che implica disponibilità a mettersi in discussione, a cambiare le proprie idee di fronte all'evidenza sperimentale, a costruire insieme il grande mosaico della conoscenza.