In Slovenia si vota tutto - amministrazioni locali e parlamento nazionale - una volta ogni quattro anni. Fa eccezione il presidente della Repubblica che resta in carica per cinque anni. In questo modo la campagna elettorale si svolge solo negli ultimi mesi prima dell'apertura delle urne e il dibattito, nell'esercizio dei diversi mandati, resta nella dimensione dell'ordinario.
In Italia invece si vota sempre e ogni situazione è buona per celebrare con note trionfalistiche le vittorie e per irridere con toni grotteschi le sconfitte. E' il caso di questo autunno, nel quale, oltre alle già transitate Valle d'Aosta e Marche, saranno chiamate al voto - in domeniche/lunedì rigorosamente scaglionate così da tenere sempre desta l'attenzione - la Toscana, la Calabria, il Veneto e la Puglia, regioni piuttosto importanti dal punto di vista dei numeri.
Alla moltiplicazione degli elezioni non sembra corrispondere altrettanto entusiasmo negli elettori. Ormai è un successo se si supera il 50% delle presenze. La disaffezione è preoccupante e non solo come segnale di mancanza di fiducia nella democrazia. Sembra sempre più difficile convincere il cittadino a compiere delle scelte, quando gli eletti raramente corrispondono alle promesse e soprattutto non rappresentano quasi mai gli ideali etici e politici comunque presenti nella società italiana.
E così ogni elezione diventa una specie di rodeo, nel quale gli uni e gli altri preparano l'evento con roboanti "vinceremo" seguiti da altrettanto roboanti sguaiate urla di trionfo o da improbabili scuse per nascondere le delusioni.
In realtà, l'impressione è che tutto resti quasi invariato e che ogni tornata regionale non sia altro che un'occasione per rafforzare o indebolire l'azione del governo nazionale di turno. Nella fattispecie, non occorre essere immensi politologi per prevedere che Marche e Calabria restino al centro destra, Toscana, Campania e Puglia vadano al centro sinistra. L'unica Regione dove il dopo Zaia potrebbe riservare qualche sorpresa è il Veneto, grazie soprattutto alla confusione che regna nella coalizione da dieci anni.
Tutto ciò per dire che né i "Vinceremo!" né i "Nonostante tutto ci è andata bene", possono scaldare un elettorato sempre più maturo che vorrebbe invece un confronto serio e profondo sulla visione del mondo, sui problemi e sulla loro concreta possibile risoluzione a ogni livello. In altre parole, sulla capacità di coniugare gli assoluti dell'Etica con le inevitabili contingenze della Politica.
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