Il 6 agosto 1945 la storia dell'umanità è entrata nell'era atomica. E' un passaggio fondamentale, un passo gigantesco.
A chi dice che in fondo le guerre ci sono sempre state, così come i genocidi e i massacri, è da far presente che mai c'è stato in precedenza un momento nel quale ci sia la reale possibilità di cancellare l'esperienza stessa della vita sulla terra. L'essere umano - non una meteora, un raffreddamento del Sole, un grande sistema vulcanico - ha per la prima volta in mano la possibilità di far saltare in aria il Pianeta, con tutto ciò che in esso esiste.
L'esperienza di Hiroshima e Nagasaki avrebbe dovuto mettere in guardia, relativamente alla non remota possibilità di un'esplosione generale. Invece la corsa agli armamenti prima, la ripresa delle minacce oggi, hanno riportato in prima pagina il tema. Ci sono migliaia di ordigni, seminati nella terra degli Stati Uniti, della Russia, della Cina, di Israele, come pure dell'Italia (Aviano, Ghedi...). Ne basterebbe un decimo per uccidere tutto ciò che è vivo, esseri umani, altri animali e vegetali, per decretare la parola fine alla Natura e alla Storia.
Oggi si terranno tante manifestazioni, in ricordo degli ottanta anni trascorsi da quell'immane tragedia, in esse si prenderà purtroppo atto di come la tensione internazionale stia riproponendo schemi già tragicamente visti. Il genocidio di Gaza riporta alla memoria tante simili catastrofi del XX secolo, le accuse e possibili ritorsioni tra USA e Russia richiamano i momenti più drammatici della guerra fredda. La corsa insensata al riarmo, sostenuta anche dai vertici dell'Unione europea, porta a dimenticare gli sforzi portati avanti nell'ultima parte del secolo passato per procedere verso la riduzione degli ordigni di distruzione di massa.
Davvero la situazione preoccupa. Al di là delle formali dichiarazioni per la pace e degli un po' stucchevoli "ora basta!" che risuonano nelle piazze, si sa che la strada per invertire la rotta passa per alcune scelte programmatiche: la distruzione di tutti gli arsenali militari è una pura illusione, a meno che non si metta in discussione il sistema che genera la guerra. Il capitalismo, nella sua essenza, ha bisogno della guerra, anche attraverso quell'immane affare che è costituito dalla produzione e dalla vendita delle armi. E ha bisogno di fomentare il nazionalismo, per far credere alla gente che l'umanità sia divisa in compartimenti stagni e non sia invece un'unica grande famiglia, chiamata a custodire e a valorizzare l'ambiente che le viene donato. Lo squilibrio spaventoso tra poveri e ricchi, la morte di milioni di persone per fame, la presunta superiorità di alcuni nei confronti degli altri, il razzismo, i privilegi e la corruzione dilaganti, sono i tristi fondamenti su cui si edifica la società che innalza il Capitale e deprime l'Uomo.
L'"adesso basta!" di oggi deve essere accompagnato dalla visione globale di un nuovo mondo possibile, da un sostegno convinto a chi proclama l'internazionalismo, la giustizia sociale, l'accoglienza fraterna. Occorre una nuova visione politica ed economica, radicata in un nuovo umanesimo, nel quale la scienza e la tecnica siano poste sempre al servizio e mai contro la Persona nella sua essenza.
E' ancora possibile una svolta così radicale? La parola "Speranza" induce a un delicato, critico e pensoso "SI!".

 
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