sabato 25 maggio 2024

Hvala, grazie Pogi!

 

Foto Nevio Costanzo
Non è il Monte Grappa e la maglia non è rosa. Con il suo 8% comunque la salita ci mette del suo, senza contare il panorama, tra i monti goriziani, presso i binari che si proiettano orgogliosi verso il ponte di Solkan. E insomma, una pedalata dopo l'altra da qualche parte prima o poi si arriva...

No, non sono andato fuori di testa, ma non potendo inserire le foto del gran Tadej in quanto coperte da copyright, uno spunto dovevo pur trovarlo per scrivere due righe, un po' più leggere di quanto ordinariamente il periodo non consenta.

Andai a Komenda quattro anni fa, quando solo gli appassionati di ciclismo avevano fino a quel momento sentito nominare Tadej Pogačar, che proprio in quel giorno stava portandosi a casa le varie maglie del suo primo Tour de France. La gente era entusiasta, avevano creato un tendone per l'occasione, l'epica "battaglia" era stata contro il connazionale Primož Roglič e riproponeva le storiche rivalità fra Coppi e Bartali o, più tardi, tra Saronni e Moser o chi per loro. Si respirava un clima di grande riconoscenza, un paese sperduto nella Gorenjska diventava improvvisamente nominato ovunque. "Sarà vera gloria", dicevano tutti, raccontando gustosi aneddoti sul bambino che pochi anni prima si era iscritto al club del ciclismo e veniva compatito da tutti perché staccato dal gruppo, salvo poi accorgersi che era in testa, avendo percorso già un giro in più degli altri. Sì, da quella volta Pogačar ne ha fatta tanta di strada, anche nel senso letterale del termine, raggiungendo obiettivi straordinari: un altro Tour e due secondi posti determinati dalla troppa voglia di vincere tutto, un terzo posto alla Vuelta di Spagna, il giro di Slovenia del 2023 e un'infinità di corse classiche di un giorno. Fortissimo a cronometro, in montagna, non disdegna perfino le volate. Il tutto è condito dal vento della gioventù, non avendo ancora compiuto 26 anni!

Oggi sul Monte Grappa ha mantenuto la promessa e ha dato grande spettacolo, vincendo la sua sesta tappa e relegando il secondo in classifica generale a quasi dieci minuti di distanza, un abisso che non si riscontrava da decenni. Lasciando perdere le note troppo tecniche e rinviando al Tour de France la domanda fatidica sulla reale forza del vincitore e sulla presunta debolezza degli sconfitti, si deve dire che Pogi - come tutti ormai lo chiamano - come già del resto Roglič lo scorso anno con la "conquista" del Giro sul Monte Lussari, ha compiuto un'impresa forse perfino più importante del suo successo individuale.

Ha infatti riacceso la passione per il ciclismo, sempre stata presente negli italiani ma fortemente ridimensionata dagli scandali doping dei due decenni precedenti, come pure dalla noiosa routine del periodo successivo. La memoria del "pirata" Pantani era l'unica in grado di suscitare forti emozioni, ma il tran tran di Giri e Tour determinati dal controllo reciproco tra i protagonisti di turno aveva allontanato la gente dalle strade e dagli schermi televisivi. Il bravissimo Tadej ha ricostruito giorno dopo giorno l'entusiasmo, riportando "sulle strade del Giro" le masse, per qualche giorno alleggerite dalle preoccupazioni planetarie, dimentiche delle rivalità politiche, libere perfino dal tradizionale nazionalismo italico. E' ritornato il "campione", senza ulteriori connotazioni, come Sinner quasi perdonato perfino della "macchia" della comoda residenza a Montecarlo, talmente forte da essere superiore a qualsiasi catalogazione o critica, il "cannibale", come l'indimenticabile Eddy Merckx e pochi altri.

Per gli abitanti della/e Gorici ("le due Gorizia"), il trionfo di Pogačar ha un'ulteriore valore. Quod non fecerunt barbari fecerunt barberini, ma in senso contrario, del tutto positivo. Quello che non riuscirono a fare Schengen e la proclamazione della capitale europea della cultura, lo fece Pogačar. E vedere tanti goriziani che avevano giurato di "non mettere mai piede in Jugo", sventolare con gioia la bandiera slovena, non può che essere motivo di grande soddisfazione e di speranza. Chissà, forse ci voleva un fenomeno sportivo per risvegliare i dormienti e per comprendere quanto - al di là delle performance del giovanotto della Gorenjska - sia meraviglioso esser uniti nella diversità delle lingue, delle culture e delle concezioni della vita.

Grazie quindi a Tadej Pogačar per questo bellissimo Giro d'Italia, arrivederci al 2025, quando i ciclisti celebreranno la capitale europea della Cultura su Trg Evrope/Piazza della Transalpina. Nel frattempo domani a Komenda si festeggerà ben più solennemente che nel 2020, e non solo perché non ci saranno le mascherine! E l'individuo della foto, insieme al fotografo-ciclista potrà tentare di nuovo Sveta Gora o il Sabotin da Kojsko, per provare le stesse incommensurabili emozioni.

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