mercoledì 29 maggio 2024

Materani a Gorizia: incontri immaginari tra capitali europee della cultura (2: Santa Chiara, Castagnavizza, Transalpina)

 

La mattina dopo, dopo il bagno mattutino in mare, i tre lasciarono Grado per dirigersi verso Gorizia. Questa volta avevano affittato un auto, per essere più  liberi e avevano pensato di seguire un'altra strada, per fermarsi almeno una mezz'ora a san Canzian d'Isonzo, citato dalla guida come "secondo sito archeologico più importante della Regione". Nunziata aveva un po' protestato perché avrebbe voluto vedere i casoni della Laguna - "mi hanno detto che assomigliano ai trulli", aveva detto rivendicando ancora una volta le sue origini pugliesi distinte da quelle del marito e del figlio rigorosamente lucani. "Avremo tempo nei prossimi giorni, adesso non vediamo l'ora di essere a Gorizia!"

Conobbero la fulgida storia dei santi martiri canziani e proseguirono verso Sagrado e Gradisca, salirono sul san Michele e diedero uno sguardo, col cuore triste, alle innumerevoli trincee e ai segni della sanguinosa Grande Guerra. Scesero verso la città, adagiata fra i colli, sotto la collina del castello che - come recitava la guida alla mostra pluricentrica del 2025, "aveva dato il nome alla città, riportato in un documento con il quale l'imperatore Ottone III donava al Patriarca di Aquileia Giovanni villa quae sclavorum lingua vocatur Goriza", cioè piccola montagna, ovvero collina.

"Andiamo subito in centro, a vedere la mostra nel museo di Santa Chiara". Tutti tre una volta tanto erano d'accordo, parcheggiarono vicino al bel mercato coperto e tirarono fuori il biglietto cumulativo: dopo i musei di Aquileia, era la volta di quelli del Goriziano. Anche qua l'argomento era il rapporto tra popolo, religiosità e arte. Un piano permetteva di contemplare i bei reperti del tesoro della Cattedrale di Gorizia, dettagliati pannelli illustrativi ne raccontavano la storia, dal 1751, anno della soppressione del Patriarcato di Aquileia e dell'erezione della nuova Arcidiocesi. In un altro piano venivano presentati altri culti e opere d'arte presenti sul territorio. Si parlava della predicazione di Primož Trubar, della sua grande figura di fondamento della letteratura slovena, del primo  protestantesimo diffuso a macchia d'olio fino alla scelta per il cattolicesimo degli Asburgo. Si invitavano i visitatori a visitare le chiese della città, come pure a un passaggio presso quella evangelica metodista, costruita a metà dell'800 dalla famiglia degli industriali tedeschi Ritter, ai quali tanto si deve della sopravvivenza del territorio. All'ultimo piano si raccontava la storia dell'ebraismo, dei ghetti della Cocevia e dell'attuale via Ascoli, della costruzione della Sinagoga, di Graziadio Isaia Ascoli, dei Michelstaedter, di Carolina Luzzato, dei Morpurgo. "Qua c'è scritto che non si può andare via dalla zona senza aver visto il cimitero ebraico di Valdirose. Io ci andrei subito dopo la visita a questo interessantissimo museo" - propose Ninetto, aggiungendo che nella guida acquistata ancora a Matera c'era scritto che in Slovenia avrebbero trovato delle ottime "gostilne", cioè ristoranti. "In effetti, mi sta venendo su una fame indescrivibile" - chiosò Carmelo, invitando gli altri due ad affrettarsi.

E fu così. Attraversarono il confine alla Casa Rossa e andarono a vedere la suggestive tombe ebraiche, nomi importanti, simboli affascinanti, l'acqua versata sulla terra, Giona inghiottito dal pesce. Si rinfrancarono con un breve spuntino e notarono come il santuario della Castagnavizza, successiva meta del museo diffuso "dal preromano al postmoderno", fosse proprio sopra di loro. decisero di andarci a piedi, costeggiando lo spettacolare parco Rafut e la villa Laščak. Sotto il sole non  fu proprio una passeggiatina, ma appena arrivati furono ampiamente ripagati.  Il monastero era bellissimo, con una chiesa, ricostruita quasi interamente dopo la prima guerra mondiale, molto accogliente e riservata. Sotto il pavimento c'erano le tombe dell'ultimo re di Francia Carlo X e di diversi dignitari della sua corte, finiti a Goriyia seguendo il bizzarro scorrere degli eventi storici. Una gentilissima studiosa parlò loro del grande linguista Stanislav Škrabec, vissuto oltre 40 anni nel convento, responsabile dell'avvio dell'ormai quasi bicentenario meraviglioso giardino delle rose: "ma per capirne la bellezza dovete tornare in maggio,  potrete vedere i colori e sentire i profumi... Per ora accontentatevi della quarta parte della nostra mostra del 2025, sulla religiosità popolare. I  tre materani erano veramente colpiti, non si sarebbero mai aspettati tanti reperti, cassapanche, ex voto, semplici tavolette di legno, a ricordare la fede semplice  e nello stesso tempo solida dei contadini e dei montanari delle valli dell'Isonzo e del Vipacco. "E non è tutto - vedrete tantissime altre testimonianze, anche molto misteriose e originali, al Goriški Muzej di Solkan. E' la penultima tappa della mostra, dedicata agli eventi dell'ultimo secolo... Però prima godetevi gli incunaboli del Monastero e anche, in esclusiva per questo periodo, le incredibili miniature dei codici aquileiesi".

"Carmelo - disse Nunzia uscendo dal santuario e contemplando la città di Nova Gorica ai loro piedi - ma qua le mostre ci stanno raccontando una storia straordinaria, ma se non ci fermiamo di più rischiamo di non goderci le città". "Già - disse Ninetto - perché non cerchiamo da dormire da queste parti questa notte." Provo in qualche paese sul Collio, dicono che siano molto accoglienti e che abbiano un vino straordinario...". "Affare fatto" - dissero all'unisono Ninetto e Carmela.

Scesero così alla Transalpina, la stazione antica, meravigliosa. Notarono che la piazza in Slovenia si chiama Piazza dell'Europa, ricordando l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea. Videro il piccolo museo della stazione e chiesero notizie. Un gentilissimo custode disse. "Vi conviene finire la mostra principale, vi mancano il museo di Solkan e Sveta Gora (in italiano Monte Santo). Se poi vi fermate ancora qualche giorno, vi consiglio il museo diffuso sul confine: ci sono tanti piccoli luoghi di esposizione che raccontano come si viveva quando qua c'era il confine. Non certo una cortina di ferro, ma senz'altro uno sbarramento che oggi non esiste più."

E fu così che i tre, sempre più entusiasti di aver deciso di venire a Gorizia e a Nova Gorica, ordinarono una birra al bar della stazione e decisero di rinviare al giorno successivo la visita agli ultimi due luoghi di esposizione della grande mostra "dal preromano al postmoderno", anche perché sapevano che avrebbero dovuto affrontare il tema più complesso dell'intero lungo itinerario: il Novecento Goriziano. Prenotarono su internet le stanze di un bed and breakfast in un paese che si chiama Medana e si prepararono a un indimenticabile tramonto, condito dalla locale ribolla gialla e da uno strepitoso piatto di čevapčiči. (2. continua)

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