domenica 19 maggio 2024

Buona Pentecoste, fuoco, comprensione delle lingue, colomba

 

La festa di Pentecoste ricorda i "cinquanta giorni" trascorsi dalla Pasqua. Per i cristiani, è la memoria della "discesa" dello Spirito Santo su Maria, le altre donne che avevano amato Gesù e gli apostoli riuniti nel cenacolo.

Un gruppo di persone, ancora terrorizzate dalla possibilità di essere arrestate e di fare la stessa fine del Maestro, nonostante l'esperienza personale e intime della risurrezione, diventano all'improvviso annunciatrici del Vangelo e testimoni in tutto il mondo.

I simboli della Pentecoste sono numerosi, tra essi si richiamano in questo contesto il fuoco, il dono delle lingue e la colomba.

A pensarci bene, sono tutti elementi ambivalenti. Il fuoco, il cui dominio ha consentito passi da gigante al percorso di homo sapiens, può rendere migliore la vita o la può distruggere. Può forgiare gli strumenti attraverso i quali costruire meraviglie o può annientare la natura e tutti i viventi. Il fuoco è il prodotto della combustione che mantiene in essere le stelle, che trasmette il calore necessario a far germogliare il seme e a far crescere la pianta. E' la furia devastante che non teme ostacoli nella sua azione di bruciare, estirpare, devastare. C'è un fuoco di Pace che anima i costruttori di una civiltà nella quale le relazioni interumane siano determinate dalla scelta della nonviolenza attiva. E c'è il fuoco della guerra, fomentato dagli interessi disumani di chi specula sulla pelle dei poveri per arricchirsi e prolungare il tempo dell'ingiustizia e della viltà. E' il fuoco che spinge le discepole e i discepoli a uscire dal rifugio per affrontare con immenso coraggio il Potere, armati soltanto con la forza della Fede e la potenza dell'umana intelligenza. E' la chiesa nascente, quella della sequela del vangelo e non dei dogmi. E' la comunità che condivide ogni cosa, nella quale non ci sono poveri perché tutto è di tutti. E' la celebrazione di una Chiesa senza chiese, di un servizio senza gerarchie, di una religione senza sacerdozio, di un potere dei senza potere, di spazi e tempi sacralizzati dall'irruzione della profanità, del Verbo che si è fatto Carne. E' il fuoco della Pentecoste...

L'esito di tale annuncio è la ricomposizione delle lingue disperse dalla pretesa imperialistica dell'uomo che si vuole sostituire al Mistero fondante l'Essere di tutte le cose. In altre parole, si tratta dell'unità nella diversità, compito supremo e obiettivo di ogni economia di comunione e politica fondata sulla relazione. essi parlavano - raccontano gli Atti degli Apostoli - e tutti comprendevano. E' un po' come quello che a Gorizia e Nova Gorica viene chiamato il plurilinguismo passivo, ognuno parla la sua lingua e tutti sono in grado di capirlo. La ricostruzione dell'unità linguistica è il segno del rinnovamento delle relazioni. Non è l'unico segno, ci sono luoghi in cui ci si capisce benissimo ma ciò non impedisce l'insorgere di terribili guerre. Così come la non comprensione linguistica no impedisce di per sé il realizzarsi di laicissimi miracoli, come la nomina transfrontaliera della Capitale europea della Cultura 2025. Dove le differenze hanno provocato violenze, persecuzioni e privazioni di libertà, oggi si cerca di costruire un mondo migliore, le diversità sono considerate ricchezza e la regola del rapporto interpersonale e interculturale diventa il dono e non l'omologazione. E' il dono delle lingue della Pentecoste, la possibilità di sperare in un Pianeta finalmente pacificato, radicato sui principi della libertà, della giustizia sociale e dell'universale sororità e fraternità.

Infine la colomba, che secondo i vangeli scende su Gesù nel momento del battesimo al Giordano. Dopo il diluvio universale, la colomba torna da Noè portando nel becco un ramo d'ulivo. E' la manifestazione della fine del tempo dell'ira di Dio. Ma Dio non può essere arrabbiato, è il solito vizio di conferire all'inconoscibile le caratteristiche umane. Sono il mancato rispetto delle leggi della natura e l'odio nei confronti dell'altro le vere cause di ogni diluvio esistenziale, non di quello casuale che caratterizza ogni fase dell'evoluzione del cosmo, ma quello derivato dall'esplicita scelta dell'intelligenza e dell'umana volontà. Dall'arca di Noè che è la Terra di questi tempi, è tempo di lanciare una metaforica colomba - le parole del Papa all'Arena di Verona ieri, l'abbraccio dei giovani palestinese e israeliano colpiti nei loro affetti da tanta violenza omicida - che si innalzi sopra le acque della sofferenza ovunque diffuse. C'è da sperare che tale messaggio non finisca sotto i colpi delle mitragliatrici e delle bombe, ma entri nelle coscienze di ogni essere umano, soprattutto dei decisori insediati nei Palazzi del Mondo. E ritorni nel cuore di ogni uomo, portando il suo nuovo ramoscello d'ulivo. Ad annunciare una nuova stagione di bellezza e di pace. E' la colomba della Pentecoste.

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