Il pomeriggio del 30 dicembre ci si è trovati presso la sede dell'Università di Trieste a Gorizia. Con l'aula magna strapiena, una ventina di relatori si sono alternati, riflettendo su come costruire un'alternativa alla guerra attraverso il negoziato e sulla proposta dei corpi civili di pace. In sintesi, tutti si sono trovati d'accordo nell'indicare l'occasione della "Capitale della Cultura" come portatrice di un futuro anche per il "laboratorio internazionale di pace e giustizia". Nova Gorica con Gorizia potrebbero essere luoghi di negoziato tra popoli in guerra e sede appropriata della formazione dei giovani che desiderano prepararsi a portare un'alternativa sostenibile al conflitto armato in zone caratterizzate da forte sofferenza e violenza.
Presso l'Istituto dei Salesiani si è tenuta invece la seconda sessione, domenica mattina, con un approfondimento del tema della Giornata annuale della Pace, "Intelligenza artificiale e pace". Particolarmente toccante è stato l'intervento in diretta telefonica con operatori volontari e professionisti presenti in questi momento a Gaza e in altre zone coinvolte nei principali conflitti nel Mondo.
La camminata da Oslavia a Nova Gorica è stata particolarmente suggestiva, con un interminabile corteo che ha attraversato le città, fermandosi presso i salesiani, nella chiesa di sant'Ignazio, davanti alla Sinagoga, in piazza della Transalpina prima di arrivare alla Cattedrale di Nova Gorica. Ci sono stati molti interventi e si è parlato un po' di tutto ciò che preoccupa il mondo attuale. sono stati ricordati mons. Luigi Bettazzi e don Pierluigi Di Piazza, uomini che hanno contribuito fortemente a proporre la pace e la giustizia come soluzioni dei problemi che attanagliano popoli e nazioni.
Nel corso della solenne - fin troppo! - Messa finale, l'Arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli ha ripercorso le tappe del cammino, sottolineando che solo l'amore scelto e vissuto nella libertà è l'antidoto all'odio, espressione sistematica del peccato, dal quale si generano tutte le guerre.
E' stata una bella esperienza, potrà servire a qualcosa? Il messaggio di questi giorni può raggiungere i luoghi dove parlano le bombe e i cannoni? E' difficile dirlo, tuttavia è vero che se ognuno dei partecipanti cercasse nel proprio piccolo di costruire relazioni di autentica pace e nonviolenza, ci sarebbe una ventata di speranza che attraverserebbe tutti i nostri territori. Non è un compito semplice però, perché sia mobilitante, l'annuncio della pace deve essere scomodo, far saltare sulla sedia, toccare nervi scoperti, denunciare l'ingiustizia. Il rischio di un certo estetismo c'è, è stato bello essere in tanti, gli uni accanto agli altri... Ma è necessario che questa bellezza si trasformi in scelta etica individuale e scelta politica conseguente. Altrimenti si rischierebbe di lasciare spazio all'ipocrisia, approfondendo l'abisso esistente tra le rette intenzioni, le sagge opinioni e la concretezza delle scelte quotidiane.
In altre parole, l'efficacia della marcia della pace sarà evidente nei prossimi giorni, dalla traccia più o meno scomoda che avrà lasciato nel tessuto ordinario delle nostre vite.
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