La tradizione cristiana riconosce in questo vocabolo la "manifestazione" di Gesù come re e signore della storia. Nelle case il presepio si arricchisce con l'installazione dei Magi venuti dall'Oriente portando i doni dell'incenso, dell'oro e della mirra. Nelle chiese, con l'acqua benedetta, si aspergono in particolare i bambini, sottolineando il loro legame con l'innocenza del neonato di Beth-lehem ("Casa del Pane"). Si tracciano i bilanci dell'anno trascorso e si annunciano le date delle principali feste di quello appena iniziato.
Dal punto di vista teologico, il concetto di "epi-fania" richiama la "rivelazione", intesa come l'irruzione nell'essere di qualcosa che prima non c'era. In questo senso si afferma che tutto ciò che esiste è stato estratto dal nulla. Tutto procede dall'Essere partecipante del Creatore che dal non-ente trae l'ente. La festa dell'Epifania ricorda allora che nell'ordinario scorrere - più o meno drammatico - della storia, avviene qualcosa di assolutamente nuovo e imprevedibile. Per i cristiani si tratta dell'assolutamente gratuito e non necessario intervento di Dio nella vicenda umana, per ogni essere vivente della contemplazione del miracolo sorprendente di ogni nuova nascita.
Nell'ottica biblica c'è un'altra parola greca che presenta la "rivelazione" e deriva dal verbo "αποκαλυπτω" (apokalypto). In italiano si parla di "apocalisse". Prima di pensare a situazioni potenzialmente catastrofiche, è bene rilevare l'esatto significato del verbo che corrisponde a "trarre dall'oscurità ciò che è nascosto". Si tratta di una visione del tutto diversa dalla precedente. Tutto esiste da sempre e per sempre, l'esserci è infinito ed eterno come l'Essere, in una prospettiva che in qualche modo richiama il panteismo oppure lo spinoziano "Deus sive Natura". In questo contesto l'apocalisse corrisponde all'illuminazione dei recessi più oscuri, alla straordinaria scoperta di ciò che già c'era, ma risultava invisibile, inaccessibile all'umana comprensione.
Nel concetto di Rivelazione coesistono i due significati, praticamente opposti, proponendo un'apparentemente impossibile conciliazione tra la "creazione dal nulla" - maggiormente perseguita dalla cultura occidentale - e l'illuminazione di ciò che esiste da sempre - più vicina alle intuizioni e alla sensibilità dell'Oriente.
Questa scoperta del nuovo o illuminazione del permanente può dipendere dai misteriosi percorsi dell'umana conoscenza, come postulavano i movimenti gnostici dei primi secoli dell'era cristiana e propongono quelli post e ultramoderni. Oppure è resa possibile da un Maestro inviato dalla Fonte inesauribile dell'Essere, come proponevano e propongono gli assertori di un possibile intervento diretto del divino nella storia.
Chi ha ragione e chi ha torto? Nessuno, perché la risposta a questa domanda non si colloca nello spazio razionale della metafisica, bensì nei meandri imperscrutabili di una fede svincolata dalla ragione, anche dalle sue categorizzazioni storiche incarnate nelle diverse religioni.
Quindi, al di là di tutte queste riflessioni, non c'è nulla di sbagliato e meno che meno di offensivo nel contemplare con profonda emozione - nelle chiese o nell'intimo delle case, non certo nella laicità dei luoghi pubblici - quel bimbo adorato dai Magi, illuminato dallo splendore della Cometa di Natale. Ognuno può riconoscervi un simbolo del farsi Uomo di Dio oppure del semplice e quotidiano ripetersi del manifestarsi maestoso della Vita.
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