Non si tratta di gettare la croce addosso a chi fa il proprio mestiere, i giornalisti e in questo caso i cosiddetti influencer. La loro caccia a eventuali equivoci e ambiguità, nell'ambito delle azioni di beneficienza o supposta tale evidenzia questioni che travalicano i fatti di cronaca. In alcuni casi, come in quello dell'ormai celebre pandoro Ferragni, la loro denuncia smaschera giochi d'affari che confinano con la truffa. La caduta della stella suscita sentimenti di malcelata soddisfazione o di difesa d'ufficio, la dea è ritornata tra i mortali, agli estimatori un po' dispiace, gli invidiosi gioiscono, i più abboccano all'amo della distrazione di massa e cercano di esprimere un proprio, solitamente del tutto incompetente parere. Anche i pochi ai quali "non gliene frega un tubo", sbirciano sui social storcendo il naso con fare un po' snob.
C'è un punto che vale la pena di sottolineare, perché travalica i fatti di cronaca. I social trascinano costantemente personaggi famosi o sconosciuti dalla polvere agli altari, salvo rigettarli senza pietà nella polvere. I molti che non sono Napoleone tentano la via della relativamente facile notorietà inventandosi di tutto, ma successivamente non riescono a reggere le tremende pressioni dell'invasione mediatica. E' vero che "chi è causa del suo mal pianga se stesso", ma è altrettanto evidente che la stragrande maggioranza degli utenti non è in alcun modo preparata ai viaggi nel mondo virtuale. Se ovunque uno non ha in mano un telefonino che lo isola totalmente dall'ambiente circostante o se addirittura osa tirare fuori un libro e comincia a leggere, viene guardato con un interesse pari a quello che i primi Sapiens avevano nei confronti dei Neanderthal.
Ma non è questo il punto. Ciò che viene messo in discussione è il concetto di generosità. Chi fa qualcosa a favore degli altri, soprattutto se sente l'esigenza di comunicarlo ai quattro venti, viene considerato molto in gamba. Quando si vuole evidenziare il valore di una persona, spesso si dice che "fa volontariato" oppure che "pensa prima agli altri che a se stesso". Ma è tutto oro quello che luccica? Oppure chi utilizza il pensiero politicamente corretto, compie gesti ammirati e apprezzati dai più, dedica il suo tempo ad azioni sociali e si schiera dalla parte dei più deboli, è sempre disinteressato oppure si attende un ritorno sul piano economico, politico o semplicemente del prestigio personale?
E' un tema da affrontare. Non è che il volontariato "ufficiale", altro non sia che un mezzo utilizzato dalle amministrazioni per evitare di assumere persone competenti e creare efficaci posti di lavoro? Non è che dietro ai buoni principi si nascondano altri inconfessati obiettivi, quali per esempio sfruttare il disagio altrui per attirare l'attenzione su di sé? Non è che le collette, le raccolte spontanee e quelle organizzate, siano un mezzo per sostituire le responsabilità di uno Stato, al quale con le tasse i cittadini offrono mezzi che dovrebbero essere sufficienti a curare un giovane con la gamba amputata da un pescecane, a sopperire ai danni provocati da un terremoto o a permettere anche ai più poveri una sopravvivenza dignitosa?
Attenzione, la questione è delicata. Non si vuole mettere in discussione la gratuità del servizio che il vicino di casa può offrire, facendo silenziosamente la spesa per l'anziana inquilina del piano di sopra. Ci si domanda piuttosto se le continue richieste private di contributi per le più svariate motivazioni, contribuiscano effettivamente a migliorare un situazione generale che il "pubblico", in tutte le sue dimensioni, dovrebbe prendere in considerazione. In altre parole, c'è bisogno di molto più Stato, senza per questo mortificare del tutto l'iniziativa della società civile, nella misura in cui questa non sia autoreferenziale, ma veramente per il bene comune. La proprietà privata ha un senso, solo nel caso in cui sia condivisa e utilizzata per il bene di tutti.
Analisi e conclusione perfetta.
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