Quando il tunnel esplose, un centinaio di metri dietro, Mark non se ne accorse. Stava colpendo la roccia con tutta le forza che aveva e si preoccupava soltanto che la volta appoggiata a fragili tronchi non gli crollasse sulla testa. Fu travolto e spinto contro la parete da una decina di colleghi, i cui volti anneriti e sconvolti emergevano dal buio grazie alle lampade a carburo che tenevano in mano. Qualcuno urlava di essere ferito, qualcun altro imprecava contro i gas che si erano sprigionati dal terreno, altri ancora piangevano chiamando i compagni e prendendo coscienza di quanti non rispondevano all’appello.
La situazione era drammatica. A circa 80 metri sotto il
suolo, c’era stato uno scoppio, molti minatori erano rimasti sotto le pietre e
dodici erano rimasti imprigionati in uno spazio talmente angusto da far temere
che le riserve d’aria non fossero sufficienti per tutti.
Dopo essersi calmati, cercarono di comprendere la
situazione. Mattan disse che non ci sarebbe stata altra via di uscita che quella
di aspettare i soccorritori. Avrebbero potuto condividere e razionare il poco
cibo che ciascuno si era portato da casa e tirare avanti più possibile. Luke
suggerì invece di continuare a scavare, nella speranza di abbattere qualche
diaframma e raggiungere qualche altra galleria già utilizzata in precedenza. Janez
suggerì di rassegnarsi al peggio, cercando di prepararsi con dignità, pregando
e consolandosi reciprocamente, a morire dopo essere già stati seppelliti.
Pierre notò che solo prendendo delle decisioni comuni
avrebbero potuto affrontare il destino che li accomunava e si propose come Capo
e Coordinatore. Era del resto uno dei capisquadra e certamente quello che da
più anni spaccava le pietre nel cuore della terra. Andrea accettò la sua
proposta, ricordando di aver già vissuto una simile situazione qualche anno
prima. Aveva 35 anni, un’età ragguardevole per chi manteneva a stento la
propria famiglia grazie a un lavoro che normalmente riempiva di polvere velenosa
i polmoni e consentiva assai raramente di raggiungere il terzo decennio.
“Che cosa proponi allora?”, disse James, poco convinto. “Secondo
me, non sei adatto a dirigere nulla, tanto più in una situazione come questa!”,
affermò Barto scuotendo la testa. Toma, che tutti conoscevano come un
piantagrane scettico e antipatico, osservò che “non ne possiamo uscire vivi,
forse dovremmo anche preoccuparci di come nutrirci e l’unico modo, già tra
qualche ora, sarà quello…”. Jacum lo interruppe chiedendogli di non pronunciare
neppure le parole che aveva sulla bocca. Simone taceva, era stato colpito da
una pietra alla gamba e cercava di trattenere le urla di dolore, per non
provare ulteriormente i compagni di prigionia. Rimanevano gli ultimi due che
confabulavano fra loro e non sembravano prestare attenzione alle discussioni
degli altri.
Pierre decise di riprendere a scavare, prendendo il piccone
dalle mani di Mark e invitò tutti a fare immediatamente altrettanto. Nessuno considerò
neanche per un istante di obbedirgli, neppure Andrea che sulle prime sembrava
essere stato l’unico a riconoscergli un minimo di autorità e Luke che lo aveva
all’inizio proposto. Dopo qualche colpo di piccone, sentendosi svenire per la
fatica e la mancanza d’aria, Pierre si sedette, non senza aver maledetto la
pusillanimità dei compagni di sventura. Janez cominciò un vero e proprio
sermone, cercando di sottolineare il senso della vita e della morte. Per
qualche minuto lo lasciarono parlare, poi tutti cominciarono a urlargli di
finirla, che “nessuno ha bisogno delle tue chiacchiere astratte!” Toma affermò
che, anche se non lo volevano accettare, bisognava tirare la sorte per decidere
chi sacrificare. Ogni cadavere avrebbe garantito qualche giorno in più di
sopravvivenza. Con le lampade razionate – da subito avevano deciso di
consumarne solo una alla volta, anche se in realtà i due confabulanti senza
nome si erano tenute accese le loro e non avevano alcuna intenzione di
consegnarle alla comunità – avrebbero potuto resistere almeno altri quindici o
venti giorni. “Cominciamo da te – disse Simone sarcasticamente – continuando a
tenere la gamba stretta tra le mani.” Nell’oscurità vide i lampi negli occhi
degli altri, comprese che nella loro mente si era accesa una lucetta, la sua
ferita lo rendeva il primo della lista e rientrò immediatamente nel suo
doloroso silenzio.
Anche gli altri, uno dopo l’altro, si rinchiusero nei propri
pensieri. Qualcuno pensava alla moglie e ai figli ancora bambini, ancora
qualche anno e sarebbero finiti anche loro sottoterra, senza poter vedere mai
più la luce. Qualcun altro bestemmiava tra sé e sé contro il Dio dei potenti
che regalava una vita di lussi sfrenati a pochi e un inferno sulla terra ai
più. E questo i preti lo chiamavano un onnipotente “padre”! Altri, ormai
rassegnati, pensavano a come sarebbe sopraggiunta la fine. “Prima o poi, in
qualche modo, doveva succedere…” Accomunati dallo stesso supplizio, non
provavano alcuna compassione, ciascuno si era rinserrato nel proprio mondo
interiore. La rabbia e l’odio si diffondevano tacitamente fra loro come i gas
della miniera, la paura della morte si mescolava alla ribellione per quell’ingiusto
e terribile destino. Il cuore era diventato una piccola prigione, nella grande prigione del tunnel. Non c’era altro da fare che attendere la fine.
All’improvviso un oscuro torpore li assalì, tutti insieme,
come una specie di pietosa anestesia collettiva.
Quando si risvegliarono, ciascuno in un’altra parte del
mondo e in un tempo diverso dal precedente, raccontarono in lingue diverse più
o meno la medesima storia. C’era stato un fragore e tutto tremava, come se il
mondo intero stesse per crollare con le sue fondamenta. Una specie di folgore aveva
attraversato le rocce come se fossero di burro e il lampo si era conficcato
nelle profondità della terra, scavando dietro a sé un abisso. Alzando la testa,
non avevano più visto i loro compagni, ma oltre al grande foro provocato dal
fulmine era possibile vedere le stelle. Ognuno si incamminò lungo le balze, sorpreso
dallo scoprire sentieri comodi, anche se affacciati sull’abisso. Finalmente sul
bordo, la gioia immensa della salvezza insperata si era trasformata in sonno
profondo.
“Amore mio, sei tornato… Eravamo tanto in pensiero per te,
dove eri sparito? Dobbiamo prepararci, tra un paio d’ore comincia la Veglia Pasquale!”
Aprendo gli occhi, Mark vide le sue labbra, sentì la voce dei bimbi che
ridevano nella stanza accanto e finalmente sorrise.
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