È morto Hans Kung. E’ stato un grande studioso, dotato di un’intelligenza straordinaria e depositario di una cultura teologica e filosofica enciclopedica.
Con il monumentale “Dio esiste?”, aveva introdotto un dialogo intenso, appassionato e rispettoso, con la Cultura contemporanea, procedendo dalla svolta antropocentrica della filosofia e guardando con critica simpatia alle potenzialità e alle sofferenze della modernità. In quel tempo era un procedimento antitetico a quello portato avanti a livello magisteriale da Giovanni Paolo II e dalla Congregazione per la Dottrina della fede – di lì a poco guidata dall’allora cardinale Josef Ratzinger – incentrato sulla riproposizione, in chiave personalista, dell’aristotelismo tomista.
In “Infallibile? Una domanda”, Kung aveva richiamato la necessità di superare il dogma del Concilio Vaticano I (1870), riproponendo un’ecclesiologia più fedele alla parola della Scrittura e all’esempio del Maestro. Su questa indispensabile via di autoriforma si pone anche “Essere cristiani”, un vero e proprio manifesto dell’ecumenismo, basato certamente sul dettato conciliare, ma anche proiettato molto più in là, verso una “confederazione di chiese”, unite nella fedeltà al Fondatore e rispettose delle loro diversità storiche e culturali.
La sua riflessione si è ampliata ulteriormente con “Cristianesimo e Religioni universali”, testo a causa del quale fu ingiustamente accusato di sincretismo, uno dei tanti rilievi a lui mossi dall’ex Sant’Uffizio, accompagnati da dolorose e persecutorie sanzioni, giunte fino al ritiro della qualifica di teologo “cattolico”. In realtà in quel libro non faceva altro che sviluppare i temi contenuti nella Dichiarazione del Vaticano II “Nostra aetate”, dove è richiamato il riferimento divino come unica origine e unico destino di ogni essere vivente, in un’ottica di condivisione e collaborazione nella costruzione della pace.
Lo stesso tema, in tempi più recenti, lo si trova in “Perché un’etica mondiale. Religione ed etica in tempi di globalizzazione”. E’ una vera e propria sintesi, una specie di testamento intellettuale e spirituale. In un momento decisivo per le sorti del Mondo, con le potenzialità di sopravvivenza o distruzione nelle mani dell’essere umano, diventa indispensabile e decisivo trovare una nuova sintesi morale per quanto possibile condivisa, sulla quale innalzare nuove relazioni tra persone e popoli nell’epoca della globalizzazione delle relazioni.
Oltre a un indomito coraggio e alla permanente dignità nel percorrere senza esitazioni la strada indicata dalla coscienza, anche a costo di grandi sacrifici, Hans Kung ha sempre testimoniato un forte fascino per la bellezza dell’arte e della natura. In questo senso è davvero imperdibile “Maestri di umanità. Teologia e letteratura”, uno straordinario saggio sulla figura e l’opera di Thomas Mann, Hermann Hesse e Heinrich Boll.
Forse nei giorni della cattolicità guidata da Francesco, i temi proposti possono sembrare un po’ datati, al massimo profetici rispetto a una sensibilità ormai consolidata. Non è così, anzi. Forse i circoli teologici e filosofici che fanno riferimento a papa Bergoglio dovrebbero imp0arare da Hans Kung una grande lezione. Non esiste una vera pastorale senza una profonda radice teologica, la visione della Chiesa non si modifica (soltanto) attraverso gesti simpatici e coinvolgenti, bensì grazie alla radicalità di un pensiero sistematico e critico, incurante del consenso momentaneo e capace di guardare al futuro, al di là di sé.
Hans Kung mancherà molto, alle chiese e alle religioni, ma soprattutto all’intera umanità.
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