Come non essere d'accordo? Importante però è che il percorso verso una simile prospettiva sia costruito insieme, fin dalla sua ideazione. C'è in effetti il rischio - come nei commenti finora riportati dai quotidiani sembra in effetti accadere - che la questione venga affrontata soltanto da una parte, senza il coinvolgimento dell'altra. Se non si partisse da subito da una precisa volontà di ragionare insieme, al di là delle proposte dell'uno o dell'altro, non si arriverebbe sicuramente da nessuna parte. Anzi, potrebbe essere suscitata l'impressione di un insopportabile paternalismo da parte di chi "già sa" quale dovrebbe essere il bene per l'altro, paralizzando così ogni tentativo di oltrepassare il livello minimo delle formalistiche relazioni reciproche.
Ovviamente la prospettiva in sé è condivisibile ed entusiasmante. Più volte, anche i 2,5 lettori di questo blog, hanno potuto leggere la proposta di forzare la grammatica, con l'articolo al plurale e il nome della città al singolare: "le" unica Gorizia. Non è solo una formalità linguistica, ma il segno di una precisa scelta. Non si tratta infatti di omologazione o assimilazione, bensì di rispetto della specificità dell'una e dell'altra parte. L'unità presuppone la diversità, l'unicità la pluralità.
E' vero che l'ormai famoso "sguardo dal Sabotino" abbraccia un territorio evidentemente unitario, ma quello stesso punto di vista rileva immediatamente anche le differenze urbanistiche, architettoniche e paesaggistiche che caratterizzano "le" unica realtà. Il richiamo allora acquista un senso compiuto e del tutto condivisibile, se si tengono presenti alcuni aspetti che dovrebbero essere al centro dell'attenzione anche per ciò che concerne il percorso verso "le" capitale europea della cultura.
Anzitutto è necessario che si studino seriamente le lingue. Si è ancora molto lontani, soprattutto per ciò che concerne le persone in età adulta, da un autentico bi o tri-linguismo. E' molto difficile immaginare le città unita, là dove non viene considerata una priorità la possibilità di comprendersi reciprocamente, senza costringere l'interlocutore a parlare sempre una lingua diversa dalla propria.
Occorre poi moltiplicare le occasioni per una conoscenza di base. La percezione di una realtà con caratteristiche comuni non può nascere (solo) da decisioni prese nei sacri palazzi e nelle sedi istituzionali. A questi livelli "alti", Gorizia e Nova Gorica hanno avviato contatti da moltissimo tempo, basti pensare alle frequenti relazioni tra esponenti politici ancora ai tempi della Jugoslavia, ai contati culturali fra gli istituti accademici, agli sforzi comuni nell'abbattimento delle reti confinarie, alle costanti relazioni di buon vicinato tra le comunità cattoliche delle diocesi di Gorizia e Koper, ai progetti condivisi nell'ambito degli incontri Culturali Mitteleuropei, alle ormai già antiche "marce dell'amicizia" di qua e di là dei vecchi confini, solo per portare qualche esempio.
Ciò che ancora manca è la proposta di costruire occasioni che favoriscano il nascere di un'autentica amicizia tra le persone. Già si è constatato come gli straordinari "concerti sul confine", promossi soprattutto dai due Kulturni dom, abbiano portato nella Trg Evropa/Piazza Transalpina migliaia di persone, soprattutto giovani, unite dalla passione per la bellezza e per la musica. Importanti sono stati gli scambi della luce della pace di Betlemme ogni vigilia natalizia, gli annuali pellegrinaggi condivisi a Sveta Gora, come pure le belle iniziative promosse in anni recenti da Forum per Gorizia in accordo con alcune realtà slovene, tra esse l'abbattimento simbolico del muro di cartone e il grande pranzo collettivo sul confine. Tuttavia si è ancora lontani dalla "normalità" dei rapporti affettivi, vero fondamento di qualsiasi progetto autenticamente innovativo. Ne è prova lo stesso dibattito aperto in questo periodo, di fatto finora "a senso unico", con interventi di ogni tipo ma quasi nella totalità provenienti da esponenti residenti nella parte italiana. E ne è prova l'assenza quasi totale di strumenti di comunicazione bilingui, quotidiani o riviste, in grado di raccontare il territorio. E' difficile pensare al"le" città unita, quando nessuno a Nova Gorica legge Il Piccolo e ben pochi lo stesso Primorski dnevnik o a Gorizia il Primorske novice, solo per citare i tre principali quotidiani locali.
Sono le relazioni interpersonali, le interazioni ordinarie, la vera forza che reclama attenzione alla Cultura (con la C maiuscola) e alla Politica (anche con la P maiuscola). Le istituzioni funzionano se esprimono - in termini democratici e rappresentativi - proprio la vivacità di un territorio che "si pensa" insieme, che "dialoga" insieme e che "progetta" insieme.
In conclusione, una volta accolto il principio della priorità della relazione interpersonale sulla struttura che ne dovrebbe essere espressione, non è tanto importante che le città si dotino di uno strumento amministrativo unitario, sarebbe molto più interessante la presenza di formazioni politiche trans-nazionali, in grado di lavorare ordinariamente insieme sui temi condivisi e anche, se possibile, di presentarsi con un programma complementare alle elezioni in Slovenia e in Italia. In altre parole, l'appello all'unità del territorio deve radicarsi in una visione filosofica antropologica, internazionalista e solidaristica, fondata sul riconoscimento e sul rispetto reciproci. Ciò implica anche una visione del futuro ambientale, imprenditoriale e turistico, con una serie di opportunità straordinarie, offerte dal paesaggio, dalla storia (soprattutto del Novecento) e dalla creatività dei "goriziani". Per questi motivi, senza trascurare il resto, le priorità dovrebbero essere: l'attenzione all'ambiente naturale con la denuncia dei loschi interessi di chi guarda più al proprio arricchimento che alla salute delle persone; la scelta storica decisiva e ineludibile per il pacifismo e l'antifascismo su un ex confine storicamente devastato dalle due guerre mondiali e dai crimini del nazifascismo con tutte le loro conseguenze; la scelta della Cultura della valorizzazione della ricchezza di tutte le diversità e l'apertura all'accoglienza illimitata di chi proviene dai mondi della fame e della guerra come fondamento di ogni successiva azione e conseguente scelta politica.
In questi termini, il dibattito può e deve continuare, ma senza trascurare neppure per un istante, la parola "skupaj, insieme".
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