E' il mercato coperto, un tempo crocevia di persone alla ricerca di frutta, verdura e fiori. Chi ha i capelli bianchi ricorderà la signora che insieme al figlio vendeva il pesce fritto, le donne che venivano dalla foresta di Tarnova portando intere cassette di jurčki (porcini) e marele (mazze da tamburo), perfino l'ufficiale sanitario che controllava i funghi raccolti dai cittadini, distinguendo quelli buoni da quelli velenosi o avariati...
Delle decine di postazioni, ne sono sopravvissute solo poche, ma tutte e tutti gli operatori fanno a gara per offrire al visitatore non soltanto prodotti di ottima qualità, ma anche un'accoglienza carica di simpatia e di amichevole cordialità. Ancora adesso, nessuno protesta nella fila che si crea per avvicinarsi al banco. Ci si saluta, ci si raccontano gli ultimi avvenimenti, si scambiano informazioni e battute con venditrici e venditori. Ci sono i clienti affezionati e quelli che frequentano di meno, ci sono acquirenti occasionali e - molto spesso - turisti che restano a bocca aperta davanti alla bella architettura e alla modalità di un commercio che pensavano ormai dimenticato in altre epoche. I sorrisi si moltiplicano e c'è una parola per ciascuno, dall'indaffarato professionista all'impaziente pensionato, dalla giovane coppia alla ricerca del prodotto km 0 alla persona un po' più avanti con l'età che trova un po' di sollievo dalla quotidiana solitudine. Il colore e il profumo delle confezioni floreali rallegrano i sensi, mentre anche chi non deve comprare nulla rimane incantato davanti a tanti gusti mescolati tra loro.
E che dire dei locali che punteggiano la parte esterna della struttura? Basta solo passare un sabato mattina per vedere il letterale "assalto" ad alimentari di alta qualità, dolciumi che non si trovano da nessuna altra parte, pane e pasticceria, la rosa di Gorizia, la macelleria, la rosticceria, le confezioni floreali e le sementi. Da una vetrina campeggia la scritta "vino sfuso". Quando si alza la saracinesca, non si incontrano solo ottimi prodotti della vite, ma anche qua, frutta, verdura, perfino a volte il salame, oltre a miele di casa e mille altre leccornie. Soprattutto, accanto a ogni porta, si trova un sorriso, una stretta di mano, una simpatica diceria raccolta da questo e da quello, perché in questo tipo di ambienti ci si va, anche perché si sa un po' tutto di tutti. Non può mancare il venditore di giornali, con il quale è sempre piacevole raccontarsi del passato e del presente, commentando le notizie che campeggiano sulle prime pagine dei quotidiani.
Ebbene, tra i vari "si dice", c'è anche che tutto questo angolo di varia umanità goriziana potrebbe essere chiuso. Ciò potrebbe accadere non soltanto per una necessaria opera di risistemazione e restauro, della quale peraltro per il momento nessuno ha sentito parlare di date e di tipologia di interventi. Si sa che non vengono rinnovate le licenze, là dove qualche venditore o venditrice va in pensione. Si vocifera che siano già arrivate alcune ingiunzioni di sfratto ai negozi che si affacciano su Corso Verdi e via Boccaccio. Si sa e si vede chiaramente che la maggior parte delle bancarelle sono state lasciate vuote. Si sa tutto questo, ma il destino di un luogo così importante sembra che nessuno sappia realmente quale sia. C'è chi parla di un centro commerciale, chi dell'acquisto da parte di società straniere, chi di tante altre ipotesi più o meno fantasiose e suggestive. Insomma, tutto questo per dire che un po' di chiarezza non farebbe male.
Se davvero venisse meno il mercato, Gorizia perderebbe un altro pezzo molto importante della sua storia passata, ma soprattutto del suo presente. Verrebbe meno uno di quei presidi sociali che rendono caratteristica e autenticamente umana una città. Sarebbe un grande peccato, un ennesimo cedimento alla progressivamente vincente cultura dell'isolamento e dell'esclusivo profitto. Con un grazie di cuore a chi ancora eroicamente resiste sul fronte di un'economia basata sui rapporti amichevoli e sul sorriso sincero, si auspica che chi deve decidere decida. Per migliorare, per adeguare, per riscaldare, per favorire, ma mai per cancellare o per soggiacere alla logica dell'arricchimento e della spersonalizzazione.

Sono assolutamente d'accordo! Sono anni che aleggia questa "spada di Damocle" della chiusura ma la colpa non è dei centri commerciali o dei grandi supermercati.. non c'è concorrenza! Quando visito una città faccio sempre un giro al mercato perché mi piace "spiare" la vita quotidiana delle persone, conoscere i prodotti locali direttamente dai venditori o dai clienti in fila davanti a me..(così ho scoperto dal macellaio cos'era la matrice!). Ho visto mercati, molto più "anonimi" del nostro, rinnovati benissimo e dove si può magari anche mangiare o sostare solo per un caffè/aperitivo. In tutti ho respirato il clima vivace, accogliente e che ricordo di quando ero bambina e "la signora farina" mi regalava un bulbo di tulipano.. facciamo in modo che anche il nostro mercato rifiorisca! Simonetta
RispondiEliminaTutto vero (a parte il vergognoso “accampamento del giornalaio” con invasione del marciapiede all’esterno), e vanno ringraziati gli esercenti per aver resistito anche a tante difficoltà nel corso degli anni. Il mercato e’ il cuore della città ed e’ il primo posto che quindi va preservato se non si vuole prendere la patente di chi ha sepolto per sempre le ambizioni di ricrescita goriziane.
RispondiEliminaÉ caratteristico anche quello e fa parte della vecchio Gorizia non penso crei grande fastidio
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