"E' giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori." (Gv.4,16)
Il Vangelo di Giovanni, raccontando l'incontro di Gesù con una donna di Samaria presso il pozzo di Sichar, afferma che "in quel momento" è finito il tempo dei luoghi sacri naturali sulla cima dei monti o del solenne santo dei santi di Gerusalemme. Per essere credenti non occorre una religione caratterizzata da gerarchie, spazi e tempi distinti da quelli profani, sommi sacerdoti, basiliche e Stati confessionali. Perché chi vuole "adorare" lo fa "in spirito e verità", ovvero nel profondo della sua coscienza.
Questa sorprendente e rivoluzionaria affermazione sembra in aperto contrasto con tutto ciò che è accaduto nella Chiesa cattolica, dall'editto di Milano (313) e ancor più da quello di Tessalonica (380), da quando cioè essa ha iniziato un processo di identificazione e sostituzione dell'ormai declinante Impero Romano.
Le notizie di questo periodo non sono molto dissimili da quelle che si è imparato fin da bambini a studiare, riguardanti il nepotismo, l'immoralità, la corruzione, la violenza di coloro che si presentavano come i custodi estremamente autorevoli della Divina Rivelazione. Ora, non si capisce bene se il fenomeno dipenda dalla straordinaria volontà riformatrice o dall'incapacità di gestione da parte dell'attuale Capo della cattolicità, l'elenco delle gravi criticità è più lungo che mai. Sul piano finanziario, si assiste a un valzer di cardinali che fanno a gara per avventurarsi in speculazioni immobiliari degne dei più spregiudicati gangster, prima di essere scaricati e sostituiti in tempi assai rapidi. Lo scandalo della pedofilia dei preti e dei vescovi si è talmente diffuso da andare a intaccare perfino la memoria del "santo subito", troppo credulone nella nomina dell'Arcivescovo di Washington e il cui segretario Glemp rischia di doversi districare tra la giustizia canonica e quella civile. Per quanto concerne la trasparenza amministrativa e giudiziaria, nonostante le grandi speranze riposte nel successore di Ratzinger, l'omertà sembra regnare intorno a casi di cronaca nera eclatanti, quali per esempio quelli relativi al misterioso rapimento di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori nel lontano 1983. Era passato meno di un anno dal ritrovamento del cadavere di Roberto Calvi sotto un ponte di Londra, ultimo passo di una serie di catastrofi con le quali erano interconnesse alcune delle più oscure vicende del periodo precedente l'elezione di Giovanni Paolo II, non ultima - ma qui si sconfina nel puro terreno delle ipotesi - la morte dopo solo un mese di "regno" di papa Luciani, in precedenza molto critico depositario - in quanto vescovo delegato della Conferenza Episcopale Italiana - di molti segreti relativi ai rapporti con il mondo economico e finanziario del tempo.
Insomma, il momento è propizio per un passo indietro, un ritorno al vagheggiato periodo delle origini, come proposto da tanti nel corso della Storia della Chiesa, dai millenaristi alla lezione di Pietro Valdo, da Francesco d'Assisi allo stesso Lutero. L'ideale di un ritorno al Vangelo "sine glossa" va di pari passo con la rinuncia a tutto ciò che ha a che fare con il potere, sia esso politico che culturale o finanziario. Cosa rimarrebbe alla Chiesa Cattolica se rinunciasse allo Stato della Città del Vaticano e al potere temporale che esso porta con sé? Se smantellasse la rete di nunziature apostoliche che la rende capace di servizi segreti invidiati dalle più grandi potenze? Se venisse meno il "prestigio" sociale che permette a migliaia di prelati di pontificare dai media planetari, chi approfittandone per celebrare un neobarocco trionfo, chi per contestare facendosi forza sui vantaggi garantiti dallo "stare mezzo dentro e mezzo fuori"?
Cosa rimarrebbe se il papa cancellasse il dogma dell'infallibilità e rinunciasse alla pretesa della Chiesa Cattolica di essere la custode della "verità piena", a differenza delle altre chiese o delle altre religioni che invece attingerebbero soltanto a "una parte" della verità (così la peraltro molto innovativa Costituzione Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, che ha superato - nel 1964!!! - la quasi bimillenaria formula dell'"extra ecclesiam nulla salus")?
Cosa rimarrebbe se la "Mater et Magistra" rinviasse alla coscienza delle persone le scelte su come affrontare l'inizio e la fine della vita, i legami tra le persone e le relazioni affettive, senza pretendere di prescrivere pesi insopportabili sulle spalle delle persone?
Cosa rimarrebbe? Rimarrebbe Gesù di Nazareth, con la sua testimonianza e la sua parola. Con Lui resterebbe la forza e la consapevolezza di poter dare un senso alla vita delle persone e dei popoli. In Lui si genererebbe un modello capace di consentire a chi lo segue la strada dell'annuncio e del martirio, della responsabilità individuale e sociale, dell'autentica costruzione della giustizia e della pace. Si potrebbe riprodurre la situazione nella quale un manipolo di esseri umani, donne e uomini che credevano nella bellezza della comunità di esseri liberi, sono stati capaci, con pochi mezzi e molte idee, di far conoscere al mondo di allora il miracolo della Vita che vince la morte, del perdono che vince la vendetta, dell'amore al nemico che vince l'odio devastante.
Sarebbe bello se Francesco, capace di distinguersi con parole e gesti che suscitano interesse e attesa, sappia avviare questo processo di smantellamento della Chiesa Vaticana e di riavvicinamento alla Chiesa del Vangelo, appunto senza gerarchie inamovibili, senza basiliche fiammeggianti, senza Stati soggetti alla corruzione e all'immoralità.
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