Nell'effimero mondo delle news a effetto, questo sabato ha visto sparire dall'orizzonte il genocidio di Gaza e le pulizie etniche perpetuate da Israele in Cisgiordania, la paura dei dazi astronomici, le manifestazioni di piazza promosse dai giovani in Serbia, in Grecia e altrove (peraltro in generale già quasi del tutto oscurate dai media italici), la salute di papa Francesco...
Di cosa tutti parliamo, schierandoci radicalmente divisi, con posizioni dirompenti che attraversano gli schieramenti di destra e di sinistra?
Di una rude chiacchierata che ha visto confrontarsi due guitti, Zelensky da una parte e Trump dall'altra. Premetto tutta la possibile profonda preoccupazione e antipatia nei confronti del neopresidente americano e l'orrore per le sue posizioni relative al futuro del Medio Oriente e più in generale del mondo. Tuttavia, in questo specifico contesto, nel quale i signori del mondo discutono fra loro come se si trovassero in un reality show, c'è anche da sottolineare qualche nuovo elemento, non si sa bene se foriero di speranza o di angoscia.
Lo scontro è avvenuto intorno alla guerra in Ucraina. Una parte dello stupore deriva dalla trasparenza con la quale Trump ha fatto capire all'interlocutore che la questione è basata esclusivamente sulla tutela degli interessi economici e strategici delle parti. Non c'è più bisogno di mascherare il tutto con richiami all'autodeterminazione delle nazioni o al (purtroppo mai esistito) diritto internazionale. Qui si tratta di vedere, parafrasando il passaggio più impressionante dello scontro, chi ha le carte e chi non le ha. E chi non le ha, non può fare altro che prenderne atto e cercare un cessate il fuoco, prodromo di un accordo che sia il meno penalizzante possibile. Per di più deve tenere conto di tutti gli europei, interessati a fare affari quanto gli americani. Anche essi, dopo aver dilapidato le proprie sostanze per il superstar ucraino, passeranno alla cassa pretendendo anch'essi la restituzione.
Si capisce la rabbia di coloro che hanno voluto sostenere Zelensky in tutti questi ultimi tre anni, di chi ha voluto che fossero investiti miliardi di dollari e di euro per rendere cronica una guerra che più inutile strage e orrenda carneficina di così non avrebbe potuto essere. Ora arrivano l'emblema del male planetario, il rozzo tycoon e il suo vice a suggerire niente di più e niente di meno di ciò che hanno detto - essi sì per motivi prioritariamente etici - papa Francesco e gli assertori di un percorso alternativo, fin dal giorno successivo all'intervento russo in Ucraina: l'unica strada possibile per la risoluzione del conflitto erano e continuano a essere la diplomazia e il negoziato.
Il problema è lo stesso di tre anni fa. Si vuole che questa guerra prosegua all'infinito, senza un'apparente possibilità di conclusione, una voragine che inghiotte ogni giorno centinaia di poveri ragazzi inviati al fronte senza sapere bene perché? Oppure si spera che questa carneficina possa finire, magari grazie all'intervento di un Trump qualsiasi - in altri ambiti iperguerrafondaio - in grado di convincere Zelensky, con la chiusura del rubinetto dei dollari e delle armi, a concordare un immediato cessate il fuoco e a sedersi sul tavolo della diplomazia? Ma in grado di convincere anche il cinico, altrettanto macellaio zar Putin, a sedersi intorno allo stesso tavolo per ridiscutere le proprie mire sulle regioni orientali dell'Ucraina?
Ci si stracci le vesti quanto si vuole, ma le posizioni degli uni e degli altri, stanno tutte nella risposta a questa drammatica domanda.
Come si convince Putin? Come si convince Zerenski? Con quali argomenti concreti e accettabili?
RispondiEliminaRimane il problema, alla base di tutto, che c'è un paese aggredito e un paese aggressore..non metterei assolutamente sullo stesso piano " i due guitti" troppo semplice..
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