Sì, perché ogni guerra porta con sé delle motivazioni. Naturalmente ogni belligerante ritiene che le proprie siano le uniche e che quelle dell'altro debbano essere necessariamente talmente sbagliate da rendere necessario un intervento armato.
In altre parole, una delle cause dello scoppiare di una guerra è ritenere che da una parte ci sia la "Ragione" (con la R maiuscola) e dall'altra il "Torto" (con la T maiuscola). Soltanto approfondendo - senza condividere - i due (o più) punti di vista, si svela l'assurdità di voler risolvere le questioni con l'uso delle armi e si comprende come le vere questioni che stanno alla base di uno scontro non solo quelle dichiarate per creare consenso, bensì i traffici occulti che devono essere smascherati.
Ciò vale anche per il dibattito in corso in Italia e in Europa sul possibile riarmo (o difesa, che dir si voglia, anche se effettivamente non si è capito del tutto da chi o da che cosa). La semplificazione sta nel dividere i buoni dai cattivi: da una parte ci sarebbero i guerrafondai che non vedono l'ora di scatenare l'inferno, dall'altra i pacifisti che ingenuamente credono di fermare i carrarmati e i bombardieri mettendo dei fiori nei loro cannoni.
La questione non è così semplice. E' vero che tanta gente, imbevuta di pseudoverità ampiamente diffuse dai media di potere, sta pericolosamente progredendo nell'accettazione della guerra come unica possibilità di risolvere le varie controversie attualmente in atto. Ed è vero anche che un pacifismo "senza se e senza ma" è contraddetto dall'analisi di alcune situazioni limite che in passato - e forse nel presente - hanno giustificato il doloroso uso della violenza, senza la quale difficilmente sarebbero stati estirpati il fascismo e il nazismo.
E quindi? Quindi, in un momento così difficile è con urgenza necessario dare spazio al dialogo e alla riflessione. Occorre uscire dalla logica radicalmente bipolare che crea lo schema europeista = guerrafondaio contro pacifista = putiniano. Proprio facendo lo sforzo di uscire per un istante dalle proprie "ragioni" per capire quelle dell'altro, si può forse iniziare ad attuare nella per ora comoda realtà di non belligeranza lo stesso metodo che si vorrebbe in quella dove la terra brucia. Tale sforzo non significa rinunciare al proprio punto di vista, al contrario rafforzarlo attraverso l'ascolto e la discussione con quello apparentemente opposto.
La manifestazione pro Europa del 15 marzo rischia per questo di essere un divisivo inno alla "sia pur triste" (così si dice) necessità del riarmo, così come le incertezze all'interno del pd sembrano più un'incapacità di definire una posizione rispetto a un tema fondamentale per il futuro stesso del Pianeta che l'espressione di un autentico pluralismo di opinioni.
Che fare allora? Da una parte occorre ribadire, con sempre più approfondite argomentazioni, la propria visione, dall'altra è indispensabile creare luoghi di confronto democratico tra le diverse "ragioni". Perché non proporre, in ambito EPK, un dibattito del genere? Nova Gorica e Gorizia, giustamente decantate come un nuovo modo di condividere le diversità, non potrebbero essere la sede di un confronto serrato su questi temi. Si è su un importante palco internazionale: perché non approfittarne per chiamare filosofi, storici, politici di livello planetario che possano aiutare a realizzare un messaggio decisivo? In altre parole, perché non organizzare proprio nelle due Gorica un'assemblea, una sorta di convegno internazionale sulla pace in Europa e nel Mondo che, procedendo dalla conoscenza della ragione dell'altro, possa portare un decisivo contributo al superamento del pericoloso stallo attuale? Stallo di chi vuole in diversi modi la pace, mentre i veri guerrafondai, quelli sì, sono purtroppo in rapidissimo movimento...
Post interessante,Olgica
RispondiEliminaOttima riflessione e sposo l'invito che Gorizia possa diventare un laboratorio di dialogo e analisi delle ragioni di conflitto per trovare i punti di incontro per trovare la pace.
RispondiEliminaSono d'accordo. Gorizia e Nova Gorica sedi di trattative di pace per tutte le guerre del mondo. La facoltà di Relazioni internazionali può essere il seme piantato per dare frutti di pace.
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