Le notizie provenienti dall'Afghanistan sono sempre più preoccupanti. Lo sono già da venti anni, da quando cioè il martoriato Paese è stato il primo obiettivo della "guerra infinita" scatenata dall'allora presidente Bush, all'indomani dello sciagurato attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001.
Era uno degli stati più poveri del mondo, con un tasso di analfabetismo impressionante. La presunta collaborazione con l'ancora misterioso Bin Laden aveva provocato un intervento militare internazionale, giustificato con l'assurda pretesa di "imporre la democrazia" con le armi.
Migliaia di soldati, provenienti da tutti i Continenti, avevano messo a ferro e fuoco il deserto e le famigerate montagne ai confini con il Pakistan. Il primo capitolo della vicenda si era concluso con l'arresto della guida religiosa più vicina a Bin Laden e la proclamata vittoria sui Talebani. Con essa, si diceva prima della nuova discesa della cortina del silenzio, la gente poteva finalmente di nuovo respirare, le donne erano per sempre liberate dall'incubo del burka, le centrali del terrorismo di matrice islamica erano state smantellate.
Si sa tutti come è andata a finire. Centinaia di migliaia di morti in tutto il Medio Oriente totalmente destabilizzato a tutto vantaggio delle grandi potenze che ne hanno assunto il controllo, devastazioni di ogni sorta, milioni di profughi in cammino verso l'Europa e bloccati nei lager della Bosnia, della Grecia, della Turchia e della Libia.
E adesso? Adesso che si sono garantiti gli accessi alle fonti energetiche e la prosecuzione del dominio economico e finanziario, gli eserciti "occidentali", uno dopo l'altro, lasciano l'Afghanistan. Dicevano di essere lì per difendere la popolazione, compresi gli "italiani brava gente" a Kabul. Era un'altra delle mille menzogne di questo tragico primo ventennio del XXI secolo. Ora che ce ne sarebbe bisogno, tutti se ne vanno e i Talebani, estromessi dalla finestra, rientrano trionfanti dalla porta principale, riconquistando una città dopo l'altra, liberando i loro "fratelli" imprigionati, riportando l'antico ordine là dove per un breve periodo sembrava esserne stato imposto uno diverso.
E' dagli anni '80, da oltre quarant'anni che la guerra è il mondo "normale" nel quale nascono, crescono e muoiono gli afghani, una guerra continua combattuta con e tra diversi eserciti e diversi interessi, dai tempi dell'invasione sovietica fino all'odierno ritorno dei Talebani.
Mentre altri baratri non meno preoccupanti si stanno aprendo intorno al Pianeta - dalla minaccia della pandemia globale al ben più serio e inarrestabile cambiamento climatico - quello della guerra ricomincia ad ampliarsi. L'inizio della grande tragedia è stato in Afghanistan. E l'Afghanistan rischia di essere il crocevia da cui si potrebbe dipartire un nuovo, più minaccioso e oscuro capitolo.
Nessun commento:
Posta un commento