lunedì 16 agosto 2021

Frammenti estivi di Francigena toscana

Tramonto a San Gimignano
San Gimignano, la città delle torri, brulica di turisti, è una delle mete più gettonate di un turismo internazionale che sembra in fase di leggera ripresa, dopo le batoste della pandemia. Non si vede l'ora di partire, di mettersi in cammino. La prima, bellissima tappa, introduce nella Val d'Elsa e consente di attraversare la bellezza mozzafiato delle dolci colline che annunciano la vicinanza della nobile Siena.

Si cammina molto poco sull'asfalto, a differenza di ciò che avevo sperimentato sette anni fa, la maggior parte dei chilometri si macinano su strade sterrate, accompagnati dai saluti di qualche abitante dei piccoli paesi sperduti, di frequenti colleghi viandanti verso Roma, di numerosi ciclisti che arrancano sui saliscendi che mettono a dura prova le loro gambe. La prima meta, venticinque chilometri e sei-sette ore dopo, è la bellissima Abbadia a Isola, una sorta di rifugio costruito nel medioevo su un isolotto in

Campi riarsi presso Abbadia
mezzo a un'ormai bonificata palude. Capitelli romanici e pitture parietali trecentesche si alternano al vociare allegro delle compagnie di studenti che affrontano il percorso, orgogliosi di mostrare le loro timbrate credenziali. L'accoglienza è sobria, come si conviene all'ambiente, la cena "pellegrina" è sontuosa, servita dall'ottimo custode tra racconti di vita, di strade diverse, perfino di filosofia agostiniana e di Ermete Trismegisto e delle straordinarie sibille della Cattedrale di Siena. Si parla in italiano, inglese, sloveno, francese e spagnolo, ma tutti comprendono tutto, nel linguaggio universale di chi, per breve tempo, ha come proprio armadio lo zaino sulle spalle.

Ci si sveglia presto per affrontare i viottoli che conducono a Siena. Prima si attraversa la rocca di


La rocca di Monteriggioni
Monteriggioni, imponente e bella fuori quanto un po' deludente dentro. Poi riprendono il loro protagonismo i colli, tra boschi di querce particolarmente preziosi in un'estate rovente, maneggi con una moltitudine di cavalli - siamo vicini alla città del Palio! - castelli sospesi tra i campi dorati, semplici case trasformate in accoglienti punti di ristoro. Rigorosamente panzanella e ribollita, naturalmente di casa, perché i piatti dei poveri di un tempo, oggi in ristorante te li rifilano a prezzi astronomici.

Come astronomici sono i costi dei biglietti per visitare Siena, indubbiamente uno dei più belli e straordinari capoluoghi d'Italia. Si capisce tutto, la necessità di custodire e di preservare, di spiegare e di controllare, tuttavia 18 euro per vedere esclusivamente la chiesa sono veramente troppi, soprattutto se a desiderare di vedere le meraviglie dell'arte sono famiglie numerose. Se l'espressione artistica appartiene a ogni essere umano, come l'acqua e l'aria che si respira,

Siena ed Ermete
è giusto privare chi non se lo può permettere di un qualcosa che comunque gli appartiene? Non sarebbe forse meglio immaginare una proporzionalità, in rapporto a quanto ciascuno guadagna, qualcosa tipo l'ISEE che consenta di far pagare di più chi ha di più e di meno chi ha di meno? E questo discorso non potrebbe valere anche per un certo tipo di ristorazione? Perché il cibo "non democratico" - l'espressione è di un esercente nel corso di u  interessante recente dibattito a Topolove - dovrebbe essere riservato ai "ricchi" e non invece agli "intenditori", chiunque essi siano a condizione che dimostrino di "conoscere"? 

Il discorso va per le lunghe, ma sarà sicuramente da riprendere: è lecita l'esistenza di spazi, pur privati, aperti solo a un pubblico che se lo può economicamente permettere? non si rischia di incrementare l'abisso tra chi può e chi non può, già drammaticamente evidente nelle disuguaglianze spaventose presenti sul Pianeta?

Ma si torni al cammino, questo sì, possibile a molti di più, anche se non certo a tutti - i veri viandanti oggi sono coloro che affrontano la rotta verso la Vita, perdendola spesso nel Mediterraneo o nei boschi dei Balcani oppure sotto i colpi e le incredibili torture di polizie appartenenti alla "civile" Unione Europea.

Dopo Siena ci attendono due valli, formate da due piccoli fiumi e caratterizzate da un'estrema bellezza. Prima c'è la Val d'Arbia, coi suoi paesi in fondovalle e il lungo crestone che consente frequenti istanti di profonda contemplazione. E poi c'è la Val d'Orcia, con i suoi sterrati in mezzo agli ordinati filari di viti dai quali vengono ricavati vini di pregio, con i casolari sparsi nei quali prevale l'inconfondibile accento toscano, con i cipressi sperduti tra le dune riarse che fanno sognare, l'ombra di qualche fronda sopravvissuta all'intensa e sublime aridità dominante. Ecco Torrenieri, ecco la bella San Quirico con il suo spartano rifugio della Collegiata e con il bar libreria che offre cultura e vino dai molti colori.

Verso San Quirico

Il cammino, quattro giorni sotto un Sole che si fa sempre più cocente, termina per ora con uno sguardo alla rocca di Radicofani, ancora lontana, al Monte Amiata ovunque dominante e con una lunga sosta a Bagno Vignoni, tanto apprezzato addirittura da Santa Caterina, ma anche - più recentemente - dal grande regista Andrej Tarkovskij che ne ha fatto il quadro nel quale nel 1983 ha incorniciato Nostalghia, uno dei film più belli della seconda metà del XX secolo.

Insomma, Roma è ancora lontana, Canterbury, dietro le spalle, lo è ben di più. Eppure anche questo breve saggio estivo di Via Francigena, con i suoi classici 4 km/h, la fatica e il dolore dei piedi, gli sguardi rapiti dalla Bellezza e il sudore suscitato da un caldo implacabile, riesce nel proprio intento. Si tratta di recuperare, almeno per qualche istante, la verità di una Vita che non è sempre di corsa, ma che sa vedere e riconoscere, la Natura, gli altri esseri viventi e umani, anche sé stessi, con i propri pregi e i propri limiti. E si tratta anche di saper dire grazie, perché si hanno delle gambe che funzionano e una salute che consente gli sforzi, perché si ha qualche soldo in tasca che consente di non dipendere da nessuno, perché si può andare nel fascino della solitudine o nella bellezza della compagnia delle persone più care. E si tratta di comprendere che la giustizia sta nel camminare anche per chi non può camminare, di mettere a disposizione la propria salute di chi non l'ha, di partecipare affetto e amore a chi ne è stato privato, di lottare perché in questo mondo ogni essere umano possa un giorno viaggiare, a piedi o con qualsiasi altro mezzo, non per triste necessità, ma per scelta. Incontrando persone, intrecciando culture, condividendo idee, costruendo insieme un mondo più equo, umano e solidale... 

Buon cammino allora, con le gambe e/o con il cuore!

La rocca di Radicofani, da Vignoni Alto


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