mercoledì 1 aprile 2020

Cosa ci sta insegnando il coronavirus? Domande di Michele Tofful

Questo post di Michele Tofful è lungo, ma vale la pena leggerlo nel suo insieme dal momento che propone alcune analisi molto interessanti e avvia una discussione importante che la politica prima o poi dovrà affrontare. Buona lettura e grazie all'autore per la disponibilità alla pubblicazione. Andrea Bellavite


"Questo ti voglio dire

ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti


ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.

Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora farla fruttare.

Ci dovevamo fermare

e non ci riuscivamo.

Andava fatto insieme.

Rallentare la corsa.

Ma non ci riuscivamo.


Non c’era sforzo umano

che ci potesse bloccare".
(https://www.doppiozero.com/materiali/nove-marzo-duemilaventi?fbclid=IwAR23f8ykJfsEpQ1vAET5mPmfyaRyzxCEjaI5Sl9qrtK4nqxXJ61uQyrJchE)

Forse siamo ad un bivio della storia. Da più parti si sente dire che dopo lepidemia la nostra società non sarà più la stessa. E da più parti si sente dire che è necessario guidare il cambiamento verso la giusta direzione. Mi permetto di dare il mio piccolo contributo.

Innanzitutto, cosa ci sta insegnando il covid-19 (e non solo)?


- Le nostre vite sono (o erano?) troppo frenetiche, la nostra società ci costringe a non fermarci mai, a produrre e consumare a dismisura senza preoccuparci troppo di quanto inquiniamo. Allimprovviso ci accorgiamo che si può vivere senza percorrere centinaia di chilometri, senza effettuare acquisti compulsivi, senza consumare quantità enormi di combustibili fossili 1.

- Lamministrazione pubblica è capace di far rispettare le regole e noi siamo capaci di rispettarle.

- Allo stesso tempo ci si rende conto che è reale il pericolo di una dittatura. Di fatto stiamo subendo uno stato di polizia senza battere ciglio. Temo sia sufficiente che qualcuno ci convinca che è per il nostro bene.

- La nostra popolazione è eccessivamente vecchia e dipendente dai farmaci e vive in un ambiente eccessivamente inquinato.


- La nostra economia non può espandersi allinfinito, ha dei limiti dati dallinquinamento, dalla fine di alcune risorse naturali e da una eccessiva dipendenza dalla tecnologia. La fine di una risorsa ci impone di trovarne unaltra simile, ma alla quale è più difficile accedere e quindi necessita di una maggiore complessità; ciò implica un maggior consumo energetico e un maggiore inquinamento ambientale. Si innesta così un circolo vizioso 2.

- Il liberismo è una gabbia dalla quale è difficile uscire; sembra che il nostro benessere dipenda unicamente dal prodotto interno lordo, ovvero dalla velocità con cui vengono consumate, trasformate e vendute risorse naturali. Inoltre il dogma della crescita infinita ci impone di indebitarci a dismisura. Ora che il flusso si è fermato, ci ritroviamo a chiedere lelemosina alle banche centrali, come un drogato in crisi di astinenza 3.

- Lo Stato ci fornisce servizi essenziali: cure mediche quasi gratuite, assistenza alle fasce più deboli della società, acqua potabile, la protezione da eventi estremi, ecc. E altri servizi che lo sono meno: una rete di infrastrutture per i trasporti molto sviluppata e ridondante in molti aspetti, un esteso consumo di suolo, una burocrazia elefantiaca e sprecona, ecc.



- Leconomia moderna è legata a tecnologie molto complesse, a un enorme consumo di risorse e energia, e a servizi non sempre essenziali.

Cè una via di uscita o siamo condannati a rimanere incatenati alla logica capitalistica, che potrebbe anche portare a una riduzione continuativa della libertà 4?

Saremo in grado di indirizzare la spesa pubblica verso ciò che è indispensabile e non superfluo (si intende per superfluo un servizio che serve solo a incrementare il PIL, quindi un maggior consumo di risorse, maggior consumo di CO2, maggiore inquinamento e, in definitiva, più costi per la società)?


Riusciremo a non essere così vincolati allaccumulo di grossi capitali che provoca danni ambientali, riduce la nostra salute e toglie valore al lavoro?

Lamministrazione pubblica riuscirà a guidare il cambiamento? Lo potrà fare, ad esempio, spostando il carico fiscale dal lavoro ai grossi capitali?

Nel mio piccolo posso solo dare alcuni piccoli spunti, che riguardano i temi che conosco meglio, ovvero lambiente e lagricoltura:

- Dobbiamo rallentare i nostri stili di vita, consumare meno risorse, meno energia e tornare a vivere in armonia con la natura 5.

- In questo periodo storico lagricoltura fornisce un grosso contributo alle emissioni di CO2 e al consumo di combustibili fossili, al consumo di suolo, alla riduzione di biodiversità, allaccumulazione di grossi capitali a discapito del lavoro; il numero di addetti per ettaro si è ridotto di molto, contemporaneamente sta aumentando lutilizzo di grossi mezzi che consumano grandi quantità di combustibili fossili 6; è necessario valorizzare le piccole aziende che fanno produzioni di qualità e ad alto valore aggiunto, creano lavoro e conservano la biodiversità; contemporaneamente va abolito ogni sussidio (es. l’acquisto di gasolio a prezzi agevolati) alle grandi aziende che inquinano, coltivano monocolture e distruggono le aree naturali.

- Lamministrazione pubblica potrà diventare il motore del cambiamento solamente se riuscirà a diventare più efficiente; ciò potrà avvenire soprattutto attraverso un profondo rinnovamento della classe dirigente.

Eevidente che la sfida è quasi impossibile, forse solo unutopia, ma non possiamo fare a meno di accettare la sfida, ne va del nostro futuro. Di una cosa però sono sicuro: il cambiamento avverrà se tutti noi metteremo da parte il nostro innato egoismo e sapremo diventare più altruisti.
 
NOTE
1) "Il modo in cui viviamo su questo pianeta ha delle conseguenze, delle conseguenze negative. Noi dominiamo questo pianeta come nessun’altra specie ha mai fatto. Ma ci sono conseguenze e alcune prendono la forma di una pandemia da coronavirus. Non è una cosa che ci è capitata. È il risultato delle cose che facciamo, delle scelte che prendiamo. Tutti ne siamo responsabili". (https://ilmanifesto.it/david-quammen-questo-virus-e-piu-pericoloso-di-ebola-e-sars/?fbclid=IwAR3WrSuS_bWj7lAwRwTInLUGxeNNLr5gwQgrBb778xBS9tjNO7yLpLiCc7Y#disqus_thread)


2) "Quanto più la tecnologia è estesa e complessa, tanto maggiore è la quantità di energia che consuma. (…) Continuiamo ad aggrapparci all’illusione di essere al sicuro, vestiti e protetti, anche se siamo sempre esposti e compromessi dai frammenti di un mondo costruito da noi". (Rifkin J., 1982. Entropia. Mondadori ed.)
 

3) "Viviamo una crisi che non è soltanto finanziaria o economica (o sanitaria). E’ climatica ed ecologica, riguarda l’energia e l’alimentazione, ma dico di più: è una crisi strutturale, di sistema. (…) Ci toccherà ripartire da qualcosa che non sia il consumismo, il libero mercato globalizzato, il denaro sempre più strumento di potere. Dovremmo ripartire da qualcosa che è esterno al sistema stesso, altrimenti sarebbe come cercare di curare un malato di diabete portandolo in pasticceria". (Petrini C., 2010. Prefazione de "Lettera ai contadini sulla povertà e sulla pace" di J. Giono. Ponte delle Grazie ed.

4) "Potrebbe essere che inizieremo a ridurre il nostro impatto in termini di clima, di tutti i combustibili fossili che bruciamo, in termini di distruzione della diversità biologica, di invasione dei diversi ecosistemi. Forse cominceremo ad avere un passo più attento e più leggero su questo pianeta. Questo è quello che spero, ed è l’unico bene che può venire da questa esperienza". (https://ilmanifesto.it/david-quammen-questo-virus-e-piu-pericoloso-di-ebola-e-sars/?fbclid=IwAR3WrSuS_bWj7lAwRwTInLUGxeNNLr5gwQgrBb778xBS9tjNO7yLpLiCc7Y#disqus_thread)

5) "L’uso del tempo (che sia benedetta la lentezza delle cose della natura), il significato del lavoro, il valore del cibo, il senso della misura, il non idolatrare il denaro, recuperare un rapporto con l’ambiente e la terra diventano motore di rinascita umana. Tutte cose che possono salvare il mondo". (Petrini C., 2010. Prefazione de "Lettera ai contadini sulla povertà e sulla pace" di J. Giono. Ponte delle Grazie ed.

6) "Un semplice contadino produce 10 calorie di energia per ogni caloria spesa. Un agricoltore statunitense può produrre fino a 6000 calorie per ogni caloria di lavoro spesa dalluomo. Ma se si introduce tutta l’energia spesa nel processo, si scopre che per ogni caloria prodotta l’agricoltore americano consuma fino 10 calorie" (Rifkin J., 1982. Entropia. Mondadori ed.)

Michele Tofful

Nessun commento:

Posta un commento