martedì 22 agosto 2023

Dall'attuale desolazione a una nuova Filosofia della Politica

 

Cosa c'entra la pragmatica della comunicazione umana, proposta negli anni '60 da Paul Watzlawick e dalla scuola di Palo Alto con l'attuale momento della politica nazionale italiana?

Non c'entra molto, se non come spunto per richiamare la necessità di riscoprire alcune minime forme di funzionamento della comunicazione umana, nel marasma di informazioni inviate e recepite in un contesto del tutto deregolamentato.

Ci sono tante domande da porsi, cominciando da un dato abbastanza evidente. Il cosiddetto "centro sinistra" ha avuto la possibilità di governare l'Italia negli ultimi oltre dieci anni. Soltanto oggi, non essendo più in maggioranza, sembra accorgersi di mille necessità di intervento sul sociale, dal salario minimo all'accoglienza dei profughi, dai diritti dei lavoratori a quelli civili. Anche sul tema della pace, a differenza del periodo "draghiano", si sentono voci dissonanti rispetto al tema dell'invio delle armi in Ucraina, accuratamente evitato nel periodo precedente. Il cosiddetto "centro destra", raggiunto il potere presentandosi con una politica decisamente di destra, dopo aver promesso blocchi navali, riduzioni di accise, elevazione del tenore della vita di tutti, si rivela incapace di realizzare anche l'uno per cento di ciò che aveva pronosticato. L'incoerenza tra ciò che si dice quando si è all'opposizione e ciò che si fa quando si raggiunge il governo è assolutamente evidente, al punto che le scelte politiche fondamentali non differiscono granché.

Se le cose stanno così, non è tanto per la comunque esistente divaricazione fra la sete del potere e la realtà con la quale chi lo raggiunge si trova a misurarsi, quanto per la necessità di obbedire a imposizioni che provengono dai centri internazionali di gestione della politica e dell'economia. Bisogna riconoscere che il capitalismo liberista ha realizzato l'ideale dell'internazionalismo che era stato propugnato, ma non realizzato, dagli imperialismi di ogni tempo, ma anche dalle visioni umanitarie cristiana e marxista. Oggi in tutto il mondo - o quasi - si parla la stessa lingua del capitale e gli scontri che si svolgono in troppe parti del pianeta non sono determinati da diversità di visioni ideologiche, ma dalla volontà o necessità di garantire la realizzazione degli interessi individuali. Per questo la sinistra oggi appare molto debole e riesce a farsi sentire soltanto quando utilizza lo stesso linguaggio, perdendo in questo modo ogni riferimento con la propria tradizione storica. E per questo la destra si deve autolimitare per non essere emarginata e collocata nei posti di rincalzo del gran pranzo del Potere, per usare un'immagine potente utilizzata da Ermanno Olmi nel suo indimenticabile "Lunga vita alla Signora".  

Questa situazione rende quanto mai complessa la gestione del concetto stesso di "demo-crazia". Quanto si è veramente liberi nel votare i propri rappresentanti? Che cosa esprimono, l'ideale o l'ideologia sulla quale costruisco la mia visione del mondo oppure soltanto forme fluttuanti e flessibili di esercizio del potere? In un tempo in cui lo strapotere economico determina l'esercizio del consenso, quale spazio ha il cittadino per informarsi, studiare e cercare delle soluzioni ai problemi? In che senso "la sovranità appartiene al popolo", come recita l'ouverture della nostra Costituzione?

Sono domande - e solo poche tra le infinite possibili - che ci si deve porre, se si vuole che la comunicazione politica sia efficace. Cercare di convincere sempre di più coloro che sono già abbondantemente convinti è opera meritoria, in quanto l'aggiornamento sugli argomenti è sempre molto utile. Ma quando ci si accorge di non muovere neppure una minuscola percentuale, convincendo qualcuno dell'altra parte a venire dalla propria, occorre cercare nuove forme di trasmissione dei messaggi, più utili a raggiungere l'obiettivo. Se ciò è già difficile quando si parla della situazione di un singolo Stato, dove ogni cambiamento sembra realizzabile soltanto mettendo in gioco altre forze diverse rispetto a quelle espresse dal voto popolare, lo è molto di più quando ci si confronta con il livello planetario.

Si può mettere in discussione il sistema capitalista? Si può ipotizzare "un altro mondo possibile", a partire da una visione incentrata sul primato della persona sul lavoro e del lavoro sul capitale? Si può raggiungere questo obiettivo senza ricorrere a interventi violenti finalizzati a interrompere l'apparentemente immutabile tram tram del quotidiano? Non sono domande alle quali si possa offrire una facile risposta, se non quella di cercare in tutti i modi di alleviare il dolore di chi più di ogni altro resta stritolato nel meccanismo. Occorre una profonda riflessione ed è forse proprio questo ciò che manca, una convinta rivalutazione della Filosofia. Non soltanto la boeziana "consolazione della Filosofia", quanto piuttosto la platonica costruzione della "Repubblica".

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