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| Il Triglav, da Sveta Gora |
C’è stata un’evidente e inevitabile politicizzazione della campagna, tenuto conto dell’ormai prossima scadenza elettorale che determinerà il rinnovo delle cariche governative, parlamentari e degli enti amministrativi. Il centro destra e la destra hanno approfittato dell’occasione, per infliggere alla presidenza Golob – ovviamente favorevole alla legge da essa stessa caldeggiata – un’oggettiva sconfitta e per realizzare una specie di censimento numerico relativo all’attuale consenso. Tuttavia lo schieramento partitico mai avrebbe potuto raggiungere il successo, senza il sostegno capillare della Chiesa cattolica che in ogni circostanza ha invitato praticanti e non praticanti a porre la crocetta sul NO stampato sulla scheda elettorale. C'è da aggiungere come la tornata referendaria sia stata sostanzialmente sottovalutata da parte del centro sinistra e della sinistra, in parte assenti durante l'intera campagna.
I commenti dei “vincitori” - tra essi molti vescovi, sacerdoti e fedeli cattolici – hanno sottolineato cha la vita è un dono che deve essere tutelato in qualsiasi momento e in ogni contesto, rinviando essenzialmente alle cure palliative l’accompagnamento del malato – in situazione di dolore irreversibile e insostenibile - verso l’ultima fase dell’esistenza.
Di parere opposto i sostenitori della legge, secondo i quali
ogni essere umano – libero e senziente – ha il diritto di decidere di porre
fine alla sua esistenza in modo dignitoso e medicalmente assistito, nel momento
in cui risulti intollerabile il proseguimento del suo cammino di sofferenza.
E' un tema delicato e difficile. Tuttavia, tra le tante possibili, due osservazioni si propongono alla discussione. La prima: non esistono leggi che considerino un reato il suicidio, tanto che i tentativi non riusciti non portano nessuna incriminazione e neppure di conseguenza una pena. Impedire il suicidio medicalmente assistito non significa forse rendere impossibile per legge (a chi non lo può oggettivamente fare), lo stesso atto che in ogni caso la medesima legge non vieta? La seconda: l'affermazione secondo la quale la vita è un dono di Dio e soltanto Dio sarebbe autorizzato a disporne, oltre a generare molte perplessità di ordine teologico, non giustifica l'obbligo ad accogliere tale "dono", nel momento in cui esso non sia bene accetto, tanto più quando l'interessato non si riconosca in una prospettiva di fede cattolica.
Non sarebbe più semplice lasciare la libertà di scelta al soggetto, nel quadro di determinate condizioni, senza obbligare nessuno a portare avanti a oltranza una vita da egli stesso ritenuta intollerabile?

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