Il filo che unisce tanto fascino è, come evidente dal titolo della mostra, il "confine", trattato sotto diversi punti di vista, ben introdotti dalle delicate didascalie e - per chi preferisce l'audioguida - dalle parole del curatore Marco Goldin.
Da Gauguin a Van Gogh, da Turner a Rothko, da Cezanne a Monet, dal goriziano Dugo al cervignanese Zigaina fino a tanti, tanti altri, è un progressivo immergersi nel mistero del limite. E' il confine paesaggistico, quasi si potrebbe dire biblico, tra le separazioni della Genesi, la luce dalle tenebre, la terra dal cielo, le acque dalla terraferma... E' il confine tra gli esseri viventi - animali e vegetali - e il regno minerale, la vita che spunta ovunque e che sfida le rocce apparentemente invincibili. E' il confine tra l'essere umano e la Natura che lo circonda, tra la donna e l'uomo, tra gli umani sottilmente divisi dalla linea della pace e della guerra. Ed è il confine tra la propria interiorità e il mondo esterno, dialogo a volte fecondo, altre volte impossibile, l'io come amico o nemico di tutto ciò che lo circonda. C'è spazio per la filosofia, per la teologia, per la storia, per la psicologia e la psicoanalisi, per l'etica, l'estetica e la logica, in un turbinio di linee, forme e colori. Nell'opportuno rifiuto della tradzionale esposizione cronologica, gli spazi e i tempi si intrecciano e trascinano il visitatore in un turbine di sensazioni ed emozioni che lo proiettano ora al di fuori di sé, nella contemplazione estatica o inquieta dell'arte, ora dentro di sé alla ricerca di corrispondenze e suggestive connessioni.
Non può mancare, anzi è forse dominante in ogni rappresentazione, il confine dei confini, la madre di tutte le frontiere, quello fra la Vita e la Morte. L'unico modo di rappresentare questo passaggio misterioso nella dimensione del non-spazio e del non-tempo è l'esperienza artistica che proietta chi la realizza, ma anche chi ne è entusiasta spettatore, in una nuova realtà, che travalica clamorosamente la fragile frammentarietà di ogni essere vivente. Una simile immersione nella Bellezza non può che suscitare una profonda nostalgia dell'infinito e percepire un sottile e malinconico presagio di eternità.
Davvero, da non perdere!

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