sabato 27 settembre 2025

Illegale è il blocco navale di Israele, non la missione pacifica e umanitaria della Flotilla

 

Invocazioni alla pace nelle trincee del Brestovec
La Flotilla continua la sua navigazione, rispondendo con ragionata convinzione agli appelli, anche molto autorevoli, a sbarcare a Cipro o altrove.

Gli equipaggi hanno ragione. E sono anche molto coraggiosi, dal momento che hanno piena consapevolezza del rischio che corrono.

Hanno ragione, perché fin dal primo giorno hanno dichiarato il loro principale obiettivo, quello di dimostrare al mondo l'illegalità e la violazione del diritto internazionale costituite dal blocco navale imposto da Israele davanti alla Striscia di Gaza.

Certo, c'è anche l'altra finalità, quella di consegnare in mani sicure gli aiuti alla popolazione stremata dalla guerra. Tuttavia quello che più conta, per gli organizzatori che mettono a repentaglio la propria vita e per i milioni di persone che li sostengono "da casa", è l'apertura di un varco permanente nella barriera militare che impedisce a chiunque di giungere a Gaza.  

E' un po' come la marcia del sale promossa da Gandhi o come altre manifestazioni pacifiste e disarmate che hanno messo in ginocchio grandi imperi. 

La Flotilla è abitata da persone inermi che portano avanti la loro missione senza alcuno strumento di difesa. E questa è la loro forza, molto più efficace dell'inesistente pressione da parte degli Stati sedicenti democratici del Pianeta, pronti a seminare sanzioni ovunque, ma incapaci perfino di autoimporsi l'immediata e ovvia interruzione delle forniture militari a Israele.

Il presidente Mattarella e tutti coloro che con apparente buon senso chiedono di approdare in porti sicuri, non si rendono conto di colpire con le loro parole l'obiettivo sbagliato. Chi naviga in acque inique non è la flotta dei senza armi e senza potere che procede verso la Striscia per portare un grande messaggio di pace. E' invece Israele, al quale tutti gli stati del Mondo dovrebbero imporre, senza indugio, la rimozione del disumano blocco navale, il riconoscimento dei diritti dei Palestinesi e più in generale di tutti i diritti dell'uomo.

Grazie, compagne e compagni, amiche e amici della Flotilla! Vi accompagniamo da lontano, ma con il desiderio di essere con voi. Comunque andrà a finire, la vostra sarà la vittoria dell'umanità sulla barbarie. Speriamo che le vostre mani alzate possano illuminare le menti e consentire l'apertura di quel varco che, dopo di voi, potrebbe essere approdo per molti altri soccorritori delle martoriate terre palestinesi. 

Ma se anche così non fosse - Dio non voglia! - qualuque vostro sacrificio, dal più piccolo al più grande, otterrebbe maggiori risultati rispetto a ogni azione politica ufficiale di livello internazionale portata avanti da oltre 80 anni. Con apprensione, ma anche con ammirazione, "buona navigazione" fino a Gaza e buon ritorno!

lunedì 22 settembre 2025

Pensieri dell'equinozio, nel giorno della mobilitazione per Gaza

 

Questa sera, alle 20.20, ci sarà l'equinozio, ci si troverà esattamente a metà strada tra il solstizio estivo e quello invernale. La notte e il giorno avranno la stessa durata.

Questo significativo momento astronomico si inserisce nella giornata italiana di mobilitazione contro il genocidio e a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina. E' una sensibilizzazione quanto meno necessaria, di fronte alla Striscia di Gaza rasa al suolo, a decine di migliaia di vittime, tra le quali un numero spaventoso di bambini, all'evidente volontà genocida del governo di Israele. La persecuzione sistematica dei civili è un qualcosa di terrificante che ricorda le pagine più oscure della seconda guerra mondiale.

Tanti oggi non manifestano, sostenendo che "ci sono tanti altri luoghi in cui avvengono massacri e catastrofi umanitarie". In realtà chi oggi scende in piazza o "ferma tutto" lo sa benissimo, probabilmente di più e meglio dei "benaltristi" che richiamando le sciagure del mondo trovano una specie di desolante scusa alla propria inerzia. Solo una forte pressione mondiale può in qualche modo bucare il muro di silenzio e forse influenzare l'opinione pubblica del mondo e di Israele in particolare.

Molto importante ricordare che il sionismo è, come ogni altra posizione nazionalista e razzista, un'ideologia imperialista e genocida, sostenuta oggi dagli interessi statunitensi. La maggioranza elettorale di Israele sembra oggi condividere questa violenta impostazione, per cui la colpa del disastro di Gaza non può ricadere solo sul presidente, ma anche su chi lo ha votato e probabilmente lo voterebbe ancora. Non c'entra nulla l'ebraismo, inteso come forma religiosa o culturale. C'entra un'incredibile volontà di potenza e di sopraffazione, contestata anche da una minoranza (per ora) di autentici israeliani democratici e da tantissimi ebrei che vivono in ogni parte del mondo. Netanyahu e coloro che lo sostengono sono una sciagura per l'umanità, uccidono la speranza in un mondo migliore. La loro barbarie non intacca in nessun modo l'orrore assoluto per la Shoah, per l'immensa sofferenza degli ebrei prima e durante la seconda guerra mondiale e per i campi di sterminio nazisti, è invece la riproposizione della forma genocida in un'altra delle purtroppo tante versioni possibili. In ogni caso il sionismo è una potente forma di antisemitismo, sia nella volontà di attuare una "soluzione finale" per il (peraltro anch'esso semita) popolo palestinese, sia nell'alimentazione della perniciosa confusione esistente in "occidente" tra chi non sa o non vuole distinguere lo Stato di Israele dalla cittadinanza israeliana e più in generale dall'appartenenza alla cultura e religione ebraica.   

Per questo essere conto il sionismo significa oggi proprio combattere ogni forma di antisemitismo. La denuncia di ogni forma di violenza genocida perpetuata in nome di una pretesa razzista è l'unico atteggiamento coerente di chi da sempre ha manifestato e continua a esprimere orrore per lo sterminio nazista e profonda solidarietà con la terribile sorte degli ebrei nel cupo tempo del nazifascismo.

Buon autunno dunque, nella pallida speranza di un soprassalto di umanità. Nella Terra Santa come in Russia e in Ucraina, nello Yemen e nel Sudan, nel Tigray e in troppi Paesi nei quali ancora la terra brucia.

domenica 21 settembre 2025

Che bellezza è, se non è per tutti?

 

Ci sono dei momenti in cui il sublime irrompe nell'intimo, accompagnato dalla percezione di una profonda inquietudine e cosmica malinconia.

E' l'esperienza della bellezza, quella che ha coinvolto e letteralmente rapito centinaia di persone l'altra sera, nella cornice incredibile della Basilica di Aquileia. I mosaici teodoriani del IV secolo,  l'abside romanica, il colonnato gotico, i pulpiti rinascimentali trovavano un'inattesa vivacità, sottolineando con la loro solennità le note che si diffondevano pluriformi e multicolori nelle navate e nei transetti.

L'orchestra filarmonici friulani e il coro kairos vox hanno creato un'atmosfera trascendente, introducendo tutti nella dinamica di una preghiera, laica e sacrale nel contempo. Il vespero e la messa, guidati rispettivamente dalla scrittura musicale di giganti quali Mozart e Beethoven, hanno portato una tensione emotiva palpabile, in un clima di travolgente silenzio e attesa.

E la malinconia, riflesso del sacro "tremendum et  fascinans"? Deriva dalla consapevolezza di una distanza e di  un'assenza. La distanza è quella che intercorre tra la memoria e il desiderio, tra la coscienza di essere meravigliosamente umani congiunta all'abissale fragilità dell'essere. L'assenza deriva dalla solitudine e dalla constatazione dell'ingiustizia. Mentre la musica che si espande tra le architetture aquileiesi innalza mente e cuore, intelletto e volontà verso l'eterno e l'infinito, incombe la certezza del limite, della temporalità e spazialità dell'istante esistenziale. Mentre si gode il privilegio di stare nell'armonia dell'assoluto, non si può evitare l'ascolto del grido del povero, la realtà del terrore della guerra, il frangersi della carne dell'uomo dilaniato, la disarmonia contingente della cancellazione dell'umana o anche semplicemente vitale fraternità.

Come poter essere felici da soli? Come godere le vette della bellezza se non sono per tutti? Come rendere inclusivo e accessibile il bello, anche a chi è schiacciato dall'orrore? Come disinnescare il nazionalismo, il razzismo, la violenza, la crudeltà? Come rendere universale l'elementare diritto alla bellezza, alla bontà, alla verità? Come vivere un'estetica, un'etica e una logica nell'epoca democratica del pluralismo delle concezioni della vita e della società? Come, come, come...? Forse Mozart e Beethoven avevano intuito la risposta o forse, più prosaicamente, avevano trovato il modo di comunicare, drammaticamente, l'urgenza spasmodica della domanda.

giovedì 18 settembre 2025

Un orrore senza fine. Prevost vada a Gaza!

 

Sulla realtà di Gaza non si ha più neppure la forza di esprimersi, eppure non si può e non si deve tacere. La situazione è precipitata negli ultimi giorni. Dalle immagini, ma anche dalle stesse dichiarazioni dell'esercito occupante, sembra che non sia rimasta in piedi neppure una casa. I morti si contano ormai a centinaia di migliaia e le infinite colonne di profughi che fuggono, verso non si sa dove, riempiono il cuore di un'amarezza sconfinata. I ministri israeliani dichiarano l'estremo cinismo, invitando le agenzie immobiliari nella "miniera d'oro" della futura ricostruzione. Le reazioni di fronte a tanto gigantesco orrore non mancano, ma non riescono a trovare lo spazio per incidere realmente. Anche manifestazioni significative come il blocco delle tappe alla Vuelta di Spagna, i cortei e i sit-in di solidarietà e la stessa "flotilla" in navigazione verso il blocco navale di Gaza, sembrano interessare i più per qualche frammento di tempo, poi tutto viene risucchiato nelle armi di distrazione di massa che copiosamente vengono riversate su cittadine e cittadini del cosiddetto occidente. Gli scenari più cupi si stanno realizzando e la parola genocidio è stata ormai smarcata anche dagli organismi internazionali. Da tutti? No, a sorpresa esprime perplessità una delle più influenti agenzie planetarie, la Santa Sede che, abbandonate ormai le suggestioni di Francesco, sembra aver ritrovato l'arte della prudenza "democristiana": invece di preparare le valigie e di imporre, costi quel che costi, la sua presenza pacificante sul terreno, Prevost si trincera dietro al vocabolario, nel più classico colpo al cerchio e colpo alla botte. Ecco qualche spunto da una delle sue prime interviste (la citazione è tratta da Il Sole 24 ore online del 18.09.2025):

 «La parola genocidio viene usata sempre più spesso. Ufficialmente, la Santa Sede non ritiene che si possa fare alcuna dichiarazione in merito in questo momento». Lo dice il Papa nel libro-intervista che esce oggi in Perù (Penguin), a firma di Elise Ann Allen. «Esiste una definizione molto tecnica di cosa potrebbe essere il genocidio, ma sempre più persone sollevano la questione, tra cui due gruppi per i diritti umani in Israele che hanno rilasciato questa dichiarazione», ha aggiunto Papa Leone. Sulla situazione a Gaza, Israele non risponde neanche agli appelli degli Stati Uniti, dice il Papa nel libro. «Anche con una certa pressione, non so quanto grande sia stata dietro le quinte, ma anche dagli Stati Uniti, che sono ovviamente la terza parte più importante che può esercitare pressioni su Israele. Nonostante alcune dichiarazioni molto chiare del governo degli Stati Uniti, recentemente del presidente Trump, non c’è stata una risposta chiara in termini di ricerca di modi efficaci per alleviare le sofferenze della popolazione, degli innocenti di Gaza», dice il Papa, «e questo è ovviamente motivo di grande preoccupazione». 

mercoledì 10 settembre 2025

La bellezza inquietante dei capitelli romanici

 

Passeggiare in una chiesa romanica è come entrare nel cuore dell'umanità. Lo stesso probabilmente si può dire di un'antica moschea o di una sinagoga o di un tempio buddhista. E' come se l'essenza stessa di ciò che esiste nel più profondo dell'uomo trovi una sua impressionante manifestazione nella forma religiosa dominante.

Dai recessi dell'essere scaturiscono incontrollate le paure, non tanto legate all'oggettività di un difficile presente, quanto alla consapevolezza del fragile camino della vita, un passo dopo l'altro su un sottile filo teso sull'abisso, procedente dal mistero che ci precede e proiettato verso il mistero che ci attende.

Mostri di ogni tipo lottano contro altre figure arcane, in una lotta senza vinti e vincitori, non ci sono happy end, solo l'intrinseca intuizione secondo la quale il bene e il male, la luce e le tenebre, il tutto e il nulla si alternano sulla bilancia universale e nella loro danza generano tutto ciò che esiste.

Forse gli scultori, i pittori o gli architetti del romanico, della maggior parte dei quali non si conosce neppure il nome, sapevano di interpretare il senso religioso. In un certo senso, sopperivano al tentativo di razionalizzare il divino nell'elemento dogmatico, rivalutando la dimensione dell'inconscio, ignari pionieri della psicoanalisi. Chi non ritrova i suoi meandri interiori, rispecchiandosi nei corpi stravolti trasformati in grondaie apotropaiche? E chi non prova un brivido di sacro timore prima di varcare una soglia difesa dal ruggito silenzioso di chimere e leoni pietrificati nell'assalto?

Non si può sfuggire al tremendo fascino del sacro, non perché lo si voglia riportare dentro un'artificiale distinzione dalla temporalità profana. Tale operazione è stata una volta per sempre denunciata e cancellata dall'incarnazione del Logos: "è venuto il tempo nel quale non si adorerà più Dio sulle montagne o nei templi fatti da mano d'uomo, perché i veri adoratori adorano in spirito e verità".

Al contrario, si tratta di una necessaria de-razionalizzazione della fede, là dove si percepisce, nella sfera dell'emozione, l'esperienza della trascendenza, non catalogata o inquadrata in uno specifico "nomen" (impronunciabile per ogni autentica spiritualità), ma vissuta con gli occhi grandi (ecco di nuovo la pittura romanica, per non parlare degli incredibili volti del Fajun) di chi è travolto dall'ammirazione irresistibile per una bellezza senza forma o dal terrore per l'irrompere della sensazione di una presenza senza volto.

Se il paleocristiano condivide l'entusiasmo per il simbolo, irrisolvibile senza un'"immersione" nelle acque che liberano dalle pastoie dello spazio e del tempo (un'altra via filosofica per ricomprendere il battesimo, in epoca di pluri e multiculturalismo?), il romanico accoglie l'iniziato ma lo reimmerge nel fango mistico della sua irriducibile solitudine. C'è anche un invito alla Speranza, dentro questo crogiuolo fiammeggiante, sopra questa bilancia che misura la potenza degli opposti. ed è che lo spazio, l'aura del divino che tutto permea di sé unisce inestricabilmente tutto ciò che si riconosce vivo, sia esso vegetale o animale, forse anche addirittura minerale. 

Ed è anche che dalla solennità delle cupole irrompe nella "visio" il Pantocrator che non annulla ma valorizza l'immensa piccolezza dell'essere umano. E dai catini delle absidi circondate dagli archi a tutto sesto si è invitati a riconoscersi nel Bambino, cullato dalla Madre in trono: una minuscola scintilla dell'essere abbracciata dall'irresistibile potenza della maternità.

domenica 7 settembre 2025

Appunti materani

 

Matera è una bellissima città. 

I suoi famosi "Sassi" sono una testimonianza impressionante della vita di persone economicamente molto povere, ma umanamente piene di ingegno e di percezione della bellezza. Fino alla metà del XX secolo nelle abitazioni scavate nella roccia abitavano migliaia di famiglie. Con un complesso sistema di scavo, garantivano il minimo indispensabile alla sopravvivenza, escogitando sistemi di raccolta delle acque particolarmente efficaci, sia per prevenire danni nel periodo più piovoso che per conservarle per i lunghi tempi di siccità. Attraverso elaborati filtri, le acque venivano usate per bere e per tutti gli usi necessari. Insomma, vite ai limiti delle possibilità, mondi emarginati dai grandi giri delle varie società del benessere, ma talmente carichi di umanità da aver convinto Pier Paolo Pasolini a girare proprio qua il suo meraviglioso Vangelo secondo Matteo. Ha investito tutta la sua creatività, coinvolgendo gli (straordinari) attori non professionisti provenienti proprio dai Sassi. Ci provò parecchi anni dopo anche Mel Gibson, con la sua "Passione", con risultati molto meno convincenti. A Matera attendono il suo ritorno per la continuazione del cruento ma non certo appassionante colossal.

Negli anni tra il 1952 e il 1968 le condizioni di igiene sono risultate essere sempre più precarie, in rapporto ai mutati standard dell'epoca. Le rudimentali case nella roccia sono state evacuate. Le persone sono state ricollocate in case popolari, con maggiori confort, ma anche senza la capacità o possibilità di mantenere il tessuto di relazioni che si erano intrecciate nel corso di diversi secoli di convivenza. Nella seconda metà dell'800, ai materani si erano aggiunti migliaia di sfollati provenienti dal vicino paese di Montemurro, devastato da un rovinoso terremoto. Si era creata una sorta di interculturalità sui generis e sicuramente i poveri erano stati capaci di accogliere dignitosamente coloro che erano ancora più poveri di loro.

Tra il '68 e il 1990 la zona si è andata rapidamente degradando. La mancanza di manutenzione degli scarichi delle acque piovane ha portato gravi danni, non ultime piccole e grandi frane che hanno reso infido il terreno. A quell'epoca Matera non interessava a quasi nessuno, nonostante la straordinaria bellezza delle chiese rupestri, delle opere d'arte, della cappelle scavate nella roccia, a testimonianza di una presenza assai intensa di una fede popolare, legata in superficie al cristianesimo, ma con caratteristiche che affondano nella notte dei tempi dell'umana spiritualità. Nelle grotte adattate sotto la cima delle Murge Materane, dalle quali si gode un panorama incredibile, si possono ancora vedere i resti di affreschi antichissimi, datati all'epoca del paleocristianesimo, tra il IV e il VI secolo. 

La rivalutazione del territorio ha prodotto risultati superiori a qualsiasi immaginazione. I Sassi di Matera sono diventati in breve tempo un'attrazione turistica di primo livello. Le strade sono state ripristinate, le case rafforzate e trasformate in piccoli musei, le chiese centri di visita di interi complessi rupestri. Tanto si è fatto che Matera è stata nominata Capitale europea della Cultura 2019. Se ne è parlato in tutto il mondo e la città è diventata meta obbligata di ogni viaggio nel Sud dell'Italia. Dopo una breve pausa dovuta al covid, i turisti hanno ripreso a invadere le strette scalinate e ad affollare le piazze, soprattutto in estate, ma anche d'inverno. Le necessità del turismo globale hanno preso il sopravvento e chi viene oggi nella città dei Sassi entra nella dimensione del cosiddetto overturism. Le case private sono state trasformate in bed and breakfast, sono stati aperti locali di ristorazione e ospitalità ovunque, sono rimaste poche le tracce di un'umanità apparentemente misera ma fortemente solidale. Fuori dall'ambito del turismo, non ci sono molte altre possibilità di impiego e i giovani vanno a studiare al nord e non rientrano più. Nelle campagne vige la regola dello sfruttamento, migliaia di persone provenienti da ogni parte del sud del mondo lavorano tutto il giorno con stipendi letteralmente da fame.

Insomma, la Capitale europea della Cultura 2019 pare aver portato con sé i frutti del capitalismo imperante. Tanta ricchezza si è riversata su un territorio fino a pochi anni prima molto lontano dai "giri" che contano. Ma il superamento della ricerca "di nicchia" di pochi amanti delle profondità culturali e spirituali, rischia di creare una disneyland nella quale accorrono, senza capirci granché, frotte indistinte di ricchi croceristi sbarcati a Bari dalle grandi navi, viaggiatori scesi all'aeroporto e immediatamente raccolti da sontuose corriere.

L'insegnamento che le persone più sensibili richiamano è che la Capitale europea della Cultura non può essere solo una serie ininterrotta di Luci e Suoni. Se al centro non c'è la valorizzazione del tessuto umano costituito dagli abitanti, antichi e nuovi, autoctoni e immigrati della città, tutto si riduce a una giostra acchiappasoldi che imbianca la facciata ma lascia nel disordine tutto ciò che si trova all'interno.

E' l'augurio che da qui rivolgono a Nova Gorica e a Gorizia: "non preoccupatevi dei grandi numeri, presenti o futuri, cercate invece di cogliere l'occasione per percepire in nuovo modo la vostra umanità, il segno stupendo che siete nel donarvi reciprocamente la lingua, la cultura, la storia delle vostre vite". Il sindaco di Nova Gorica Samo Turel, l'altra sera, nel corso della serata di festeggiamenti legati al compleanno della città, ha detto più o meno le stesse parole, sottolineando come un seme è stato gettato e da esso potrà nascere la pianta della convivenza fraterna e costruttiva intorno all'antico confine. Insomma, ascoltando lui e molti altri responsabili della "nostra" capitale culturale, si ha la sensazione di essere sulla buona strada...

venerdì 5 settembre 2025

Večer ob občinskem prazniku, misli polne hvaležnosti. La festa del Comune di Nova Gorica, pensieri pieni di gratitudine

 

Il post di oggi è personale, lo scrivo per condividere con voi la gratitudine e l'impegno che scaturiscono dal riconoscimento che oggi ricevo dal Comune di Nova Gorica.

La sera di questo venerdì, petek, si tiene presso il Teatro Nazionale Sloveno, la tradizionale festa del Comune di Nova Gorica.

Nel corso dell'evento saranno ricordati i quasi ottanta anni trascorsi dalla fondazione della città e verranno anche consegnati alcuni riconoscimenti: una cittadinanza onoraria, alcuni premi e segni simbolici a persone che si sono segnalate nel campo culturale, artistico e sociale, nel corso degli ultimi anni.

Tra questi personaggi segnalati, con mia grande e grata sorpresa, ci sono anch'io. Ricevo infatti dalle mani del sindaco Samo Turel una targa, accompagnata da una motivazione che mi ha emozionato. La giustificazione è la sottolineatura di un'azione costante di costruzione di relazioni tra persone e realtà associative e culturali di Nova Gorica e Gorizia, legame realizzato attraverso l'immersione nella realtà territoriale e l'impegno a indicare un nuovo modo di rapportarsi fra le persone che vivono da una parte e dall'altra del vecchio confine.

Sono convinto che sono centinaia - a Gorizia e Nova Gorica - coloro che in questi ultimi 80 anni si sono adoperati per trasformare una terra insanguinata dal nazionalismo, dal fascismo, dal razzismo e da due guerre mondiali, in un faro di speranza per l'Europa e per il Mondo. E' possibile vivere insieme, abbattendo ogni barriera e valorizzandosi l'un l'altro, donandosi reciprocamente la bellezza della propria storia, arte, letteratura, natura. Appartengono all'umanità e sono frutto dell'espressione specifica di ogni persona.

Per questo sento che questa "plaketa" non è consegnata solo a me, ma a tutte e tutti coloro che hanno creduto e continuano ad adoperarsi per sostenere in modo nonviolento la pace e la giustizia ovunque. Nello stesso tempo, mi ritrovo confermato e incoraggiato nel continuare a camminare sulla strada intrapresa, almeno da cinquanta anni a questa parte: sentirmi essere umano, fraternamente legato a ogni altro componente della società civile e per questo desideroso di donare e di accogliere reciprocamente i valori culturali che caratterizzano la vita di ciascuno di noi.

Invito a comprare, il prossimo martedì 9 settembre, il giornale di Nova Gorica Primorske Novice. In un ampio inserto dedicato alla festa odierna, c'è anche il resoconto di una bella chiacchierata con il giornalista amico Nace Novak. Si parla un po' di tutto, credo davvero valga la pena di leggerlo!

Dedico questo significativo momento di pace a coloro che soffrono a causa dei troppi conflitti che ancora insanguinano il Pianeta, auspicando che l'esempio della Capitale europea della Cultura possa contribuire a fermare il genocidio di Gaza, sostenere il coraggioso tentativo della Global Sumud Flottilla, portare al negoziato tutti i popoli attualmente in guerra.

mercoledì 3 settembre 2025

Quanto è bella la mostra sul pittore Zoran Mušič in Palazzo Attems!

 

In tempo di genocidio, l'arte può essere veramente una denuncia universale, al di là del tempo e dello spazio, della violenza e della crudeltà che coinvolgono l'essere umano. Ma può essere anche il fondamento di una speranza profonda, derivata dall'immersione nella dimensione affascinante e coinvolgente della Bellezza.

Per questo non si può tralasciare una visita alla stupenda mostra allestita nel Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia, aperta ancora fino al 31 ottobre 2025.

Si tratta di un percorso interiore, nel cuore e nella mente del grande pittore sloveno Zoran Mušič, attraverso la contemplazione delle sue opere, ma anche guidati dalla chiave di lettura delle sue parole, riportate rigorosamente in italiano, sloveno e con la possibilità di audioguida in inglese (messaggio subliminale a un'altra interessante mostra contemporaneamente allestita a Gorizia).

L'artista attraversa tutti gli stili del XX secolo, ma l'originalità dell'esposizione sta nel farci vedere, al centro dell'itinerario, la "stanza di Zurigo" e il suo "Atelier". Sono due strutture completamente affrescate, che rendono possibile al visitatore un'immersione completa, tridimensionale, nel tratto artistico del pittore sloveno. In tali opere, espressione delle relazioni e delle amicizie umane e culturali, emerge una certa serenità nel modo di affrontare la vita. Prevalgono scene tratte dalla natura, delicatissimi nudi femminili e maschili, paesaggi carsici e dalmati, caratteristici animali proiettati in una dimensione metafisica. Le stanze successive tolgono ogni patina di serenità e contestano perfino la riduzione dell'essere alinea e forma caratteristica delle meravigliose imprese dell'astrattismo.

C'è una rottura profonda ed evidente, determinata dall'internamento di Zoran nel campo di sterminio di Dachau. Da quell'esperienza, relativamente breve, durata dall'autunno 1944 all'aprile 1945, nasce un nuovo modo di concepire la realtà e l'arte che la esprime. Se nell'immediato dopoguerra la rappresentazione dell'orrore derivato dal genocidio nazista degli ebrei e di tante altre categorie di inermi, è caratterizzata da un realismo sconvolgente, negli anni successivi il tema si trasforma in una speculazione "oltre la natura", una trasfigurazione della tragedia assoluta in un germe di speranza.

La ricerca si incentra sulla realtà e sul mistero del corpo umano, esaltato e vilipeso non solo dalla violenza dell'uomo contro l'uomo, ma anche dallo scorrere del tempo che tutti ci trasforma, costringendoci ogni giorno a un nuovo compromesso con l'immagine che abbiamo di noi stessi e della nostra abitazione sulla Terra. La percezione della relatività e della fragilità, lungi dall'annichilire la visione dell'umano, la riempiono di una meravigliosa compassione che penetra nelle fibre dell'essere e si manifesta in un inno alla bellezza, alla verità e alla paradossale bontà di tutti ciò che esiste.

Beh insomma, al di là delle mie chiacchiere, una mostra assolutamente da andare a vedere.

martedì 2 settembre 2025

Con la Flotilla che naviga verso Gaza, giovedì 4 settembre alle 19 in Travnik. A Trieste, manifestazione regionale il 6 settembre, dalle 10 alle 12 sul molo Audace.

Immagine da collezione personale dell'autore

Giovedì 4 settembre, incontriamoci alle ore 19 accanto alla fontana del Nettuno in piazza Travnik (Vittoria) a Gorizia.

Mentre prosegue il viaggio della Flotilla verso Gaza e tutti incrociamo le dita perché tutto si possa risolvere con successo e senza incidenti, in tutte le città d'Italia e d'Europa ci si incontra per esprimere vicinanza prima di tutto agli abitanti di gaza e della Palestina e poi anche ai coraggiosi naviganti.

Anche a Gorizia si è pensato di ritrovarsi, con un  gesto semplice ma forte, introno alla fontana del Nettuno nell'antico Travnik, detto anche piazza Grande e oggi Piazza della Vittoria.

Riempiremo il bordo della fontana con barchette di carta che portano i colori della bandiera palestinese, per condividere l'orrore per il genocidio in corso a Gaza e per esprimere il desiderio che in tutto il mondo cessino le violenze e trionfino la libertà e la giustizia. E' un minimo gesto, ma permette almeno di comunicare pubblicamente l'adesione all'iniziativa e, per chi lo vuole, di firmare il documento degli organizzatori.

Si è formato nel frattempo anche un gruppo internazionale di lavoro per la Palestina, con un primo efficace incontro presso la Libreria Caffetteria Maks di Nova Gorica. Persone provenienti da Ljubljana, Nova Gorica, Koper, Gorizia, Udine, trieste e Pordenone hanno preparato un documento in sloveno e italiano che sarà inviato i presidenti del Consiglio di Ljubljana e di Roma. Appena uscita la versione definitiva, sarà pubblicato anche su questo blog e in ogni caso presentato in conferenza stampa alle 11 di mattina e al pubblico alle 19, l'11 settembre, presso la Libreria Caffetteria Maks di Nova Gorica.