Non c'è molto altro da dire che non sia già stato comunicato, per la 104ma volta nell'anno in corso una donna in Italia è vittima della violenza estrema dell'uomo che si sente umiliato dall'abbandono, dalla libera scelta di una persona che egli sente assurdamente come sua "proprietà". E' vero, Giulia è l'ennesima vittima di una cultura maschilista e patriarcale ancora molto, troppo radicata nella nostra società. La magistratura indagherà, non si sa che cosa è o sarà del ragazzo per ora "presunto" omicida, in questa fase non resta altro che chinare la testa di fronte all'ennesima, giovane vittima di questa crescente follia ed esprimere tutto il cordoglio possibile ai familiari, così duramente provati da questa tragedia.
Molti commentatori, nei giorni scorsi, hanno sottolineato la "normalità" delle famiglie nelle quali sono cresciuti Giulia e Filippo, la vita da "bravi ragazzi" che mai avrebbe potuto far immaginare ciò che poi è accaduto. Ecco, pur sottolineando come questa notazione non possa e non debba sminuire nemmeno di un millimetro la gravità dell'accaduto, questa conclamata "normalità" fa veramente pensare. Cosa c'è nel profondo del cuore di ogni uomo? Quali terribili mostri abitano dentro di noi, rinchiusi nei meandri del nostro inconscio, pronti a scardinare i lucchetti e a travolgere le fragili difese della nostra pretesa ragionevolezza? Quanto si è imbevuti di una pseudocultura velenosa che ci impedisce di riconoscere la sottile linea di demarcazione tra la libertà infinita dell'amore e la schiavitù opprimente dell'istinto di possesso? L'ideale del "maschio", capo della famiglia (così nel Codice Civile in Italia fino addirittura al 1975), al quale la donna deve essere "sottomessa" (così nel citatissimo, anche nei matrimoni attuali, passo della lettera di Paolo agli Efesini 5,22-33), nonostante gli aggiornamenti dello Stato e delle visioni religiose, non riesce a tramontare nell'epoca della modernità e della postmodernità, con le conseguenze drammatiche che sono sotto i nostri occhi.
E' importante che non si dia nulla per scontato, che la meditazione su questi fatti non si riduca a una mera compartecipazione al dolore delle vittime e a un'ovvia condanna dell'assassino. Occorre una grande vigilanza, esteriore, ma soprattutto interiore. E' necessario saper cogliere la misura delle proprie debolezze, ammettere la propria fragilità. Bisogna liberarsi dall'assurdo desiderio di corrispondere sempre all'immagine che gli altri si sono fatti di noi, dalla prigione del perbenismo nella quale spesso ci si rinchiude per sfuggire alla bellezza e alla responsabilità del vivere. Sì, occorre il coraggio di essere veramente liberi, anche nell'affrontare le inevitabili sconfitte quotidiane. E' giusto che cambino le leggi, che si impostino efficaci cammini educativi a cominciare dalle scuole, che le filosofie e le religioni adeguino i loro insegnamenti alla situazione attuale. Ma è tanto e altrettanto importante che ogni persona, in particolare ogni maschio, si assuma la responsabilità della sua vita, faccia lo sforzo di conoscersi a fondo, anche lasciandosi aiutare, non lasci che i mostri continuino ad abitare il suo inconscio e non abbia come fine la rispettabilità, bensì l'autentica umanità. Altrimenti, quanti "bravi ragazzi" diventeranno ancora, da un giorno all'altro, dei terribili criminali?
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