Ci sono tanti conflitti nel mondo che, al di fuori della povera gente che li subisce, per dirla poco elegantemente, non fregano niente a nessuno. Donne, uomini, bambini massacrati nel Sudan "contano" nulla rispetto agli stessi che subiscono la stessa sorte in altre zone del Pianeta dove gli scontri tra le grandi potenze sono portati sotto la lente di ingrandimento mediatica.
Anche in questi casi, è difficile non essere almeno vagamente complottisti. Come pensare che una guerra come quella tra Russia e Ucraina possa continuare, con centinaia di migliaia di vittime e devastazioni di ogni tipo, quando la situazione, dopo oltre un anno e mezzo, è esattamente quella dell'inizio? Come pensare che non ci siano interessi macroscopici che spingono gli USA e l'Unione Europea a inviare ancora sostegni e armi, trascurando qualsiasi sforzo diplomatico sostenibile per raggiungere un accordo che avrebbe dovuto essere siglato all'indomani dell'inizio dei combattimenti?
E come non restare profondamente feriti dall'invasione di Gaza da parte dell'esercito israeliano, passata come reazione agli sconvolgenti atti terroristici di Hamas, in realtà vero e proprio tentativo di risolvere la questione palestinese una volta per tutte? Come non pensare alle conseguenze di una generale destabilizzazione del Medio Oriente, della diffusione dell'insicurezza in un'Europa che non trova di meglio che trincerarsi nelle sue frontiere, della crescita di un totalmente ingiustificabile e molto pericoloso antisemitismo che fa di ogni erba un fascio identificando ebraismo e politiche di Israele (cioè, tra l'altro, esattamente gli obiettivi di Hamas)?
In tutto questo, che cosa si può fare? Sì, cosa può fare il singolo individuo, ma anche la comunità alla quale appartiene?
Sembra che l'unica parola in grado di suscitare qualche riflessione etica sia quella di Papa Francesco. E' encomiabile la sua costante presenza, con la parola e con l'azione diplomatica, relativa ai luoghi dove maggiore è la sofferenza provocata dalla guerra. Ma l'esortazione etica non è sufficiente, forse può scuotere gli animi e suscitare significative testimonianze di costruzione di giustizia e pace nei piccoli ambiti.
Ma è necessario un soprassalto della vera Politica, anche quella italiana. Invece di riempire la testa dei teledipendenti con interminabili discussioni nelle quali si discute di decine di migliaia di morti come se si commentasse il risultato del derby calcistico di Milano (e viceversa!), non sarebbe fondamentale che i partiti e i loro rappresentanti elaborassero serie proposte alternative all'odio e alla violenza? Pensassero cioè a un sistema alternativo a quello che produce un costante e grave innalzamento della tensione, che potrebbe portare con sé esisti catastrofici?
La fine delle ideologie ha comportato la riduzione dello spazio politico a semplice ricerca e gestione del Potere, spesso svincolate da qualsiasi riferimento etico e valoriale. Ciò vale per tutti i partiti, in particolare oggi per il Partito Democratico. E' un pachiderma che porta dentro di sé una miriade di istanze molto spesso contradditorie, dove il tentativo di Elly Schlein e compagni rischia di naufragare proprio per la difficoltà di riportare al centro le idee in una realtà da almeno un decennio impantanata nella necessità di salvare capra e cavoli, perdendo oggi sia questa che quelli.
Forse la strada per portare una ventata di novità in Italia non era quella di immaginare la rivitalizzazione di un organismo ormai appesantito dalla sua stessa breve storia, ma quella di fondare un partito di sinistra, transnazionale, con uno sguardo europeo e planetario, radicato nella tradizione filosofica e strategica avviata dal pensiero comunitario del cristianesimo delle origini, come anche dalla riflessione marxista originaria, corretta e riformata alla luce dei tragici avvenimenti del XX secolo. Un'impresa del genere implica tempo ed energie, grande convinzione e creatività, capacità di dialogo e di relazione a tutti i livelli. Tuttavia darebbe l'impressione di non restare ancorati al triste "salvare il salvabile", ma di poter ancora contare qualcosa nelle decisioni che determinano il futuro del mondo e dei suoi abitanti.
Non è facile, tanti ci hanno provato senza riuscirci. Ci sono stati molte prove di riunificazione della Sinistra, c'è stato il movimento di Varoufakis Diem25, ci sono state azioni di base incentrate sul pacifismo e sui cambiamenti climatici. Ma nulla ha dato l'impressione di decollare veramente. Siamo in tempo per provarci ancora?
Credo che destra e sinistra siano finite da tempo, sono due facce della stessa medaglia. Questa politica non ha più nulla da dire o da dare perché è morta. È distante anni luce dalla gente. La sinistra è più attenta agli interessi dei ricchi piuttosto che dei più deboli.
RispondiEliminaViviamo in un mondo al contrario. Per forza dobbiamo essere complottisti. Soluzioni? Non ne vedo. Almeno per ora.
Patrizia