giovedì 8 giugno 2023

La salita (o la discesa) verso Kostanjevica

 

Fino a "ieri" (foto Nevio Costanzo)
Gorizia/Gorica. E' proprio il caso di scrivere il nome della stessa città nelle due lingue, dal momento che questa immagine rappresenta uno dei più suggestivi "valichi". In realtà, la linea di demarcazione passa qualche decina di metri più in là, verso il santuario della Kostanjevica (Castagnavizza) che si raggiunge proprio percorrendo questo sentiero.

Si arriva in questo punto salendo dalla Via della Cappella, passando davanti alla casa dove i fratelli Rusjan iniziarono la loro avventura di pionieri dell'aviazione, alla scuola elementare Fumagalli e incrociando la via del Molino, toponimo che racconta di acque e di mugnai che hanno lavorato da queste parti prima che l'asfalto prendesse possesso dell'intero territorio. Continuando a salire sul più bel selciato di pietre della zona, ci si lascia sulla destra una casa "datata" 1922, con i simboli stellati del Regno d'Italia e, sull'incrocio con la bella via del Poligono che conduce fino al bosco del Panovec, si trova una splendida edicola mariana, forse opera di Giovanni Pacassi, padre del più noto Niccolò, datata 1705. Prega, adora, affinché Dio "ti liberi", esorta la scritta che l'accompagna.

E si arriva alla siepe interrotta dal sentiero. Ai tempi della Jugoslavia c'era anche un filo spinato. Quando si arrivava in questo punto ci si doveva fermare e, come davanti a una specie di barriere leopardiana, ci si immaginava, al di là, misteriose nazioni e sovrumani silenzi. Qualcuno cercava di sfidare le guardie di confine, finendo a volte tra le braccia delle polizia, i ragazzi se la cavavano con un rimprovero arcigno e con una sberla dei genitori imbarazzati, ma anche con un'avventura da raccontare agli amici nelle lunghe serate invernali.

Il sentiero continua tra gli ulivi, con sguardi sempre più aperti sull'intera conca Goriziana. E dopo un po' si raggiunge la vetta, con la candida chiesa e l'austero monastero. E' un luogo talmente affascinante da aver sollecitato nel re Carlo X e negli ultimi dei Borboni il desiderio di riposare per sempre tra quelle mura.

"Oggi" (archivio personale)
Il sentiero come tale continua... ma è meglio dire continuava, perché tutto procede, anche quello che ordinariamente si chiama progresso. Può piacere o meno, spesso ciò che ad alcuni pare evoluzione ad altri sembra regresso, ciò che viene concepito come abbellimento per alcuni è soltanto inutile spreco. Fatto sta che anche il viottolo verso Kostanjevica è diventato una strada, una colata di cemento che supera la frontiera e si protende verso il basso. Ora è più facile salire con le bici e, ahimé, anche con i motorini. La siepe di separazione non esiste più da qualche giorno e, oltre, non ci sono più il fascino dell'ignoto e il sovrumano silenzio, ma la bellezza di una storia nella quale i cuori hanno ricominciato a battere all'unisono, congiungendo diversità di lingue e culture.

Insomma, così procede la storia, tra le tenebre della violenza e dell'ignoranza e la luce della pace e della solidarietà. Tutto si mescola in una fascinosa alternanza, il gallo e la tartaruga non combattono, ma si confrontano sui piatti di un'immensa bilancia, prevalendo or l'uno or l'altra in un eterno pendolo che non sempre è facile contemplare. E' bello o è brutto? E' giusto o è ingiusto? E' buono o cattivo? Chi lo sa... Anche il breve cammino dalla via Cappella al santuario di Kostanjevica induce alla questione decisiva, l'urgenza filosofica di riunire le apparentemente inconciliabili esigenze dell'assolutismo medievale con quelle del relativismo moderno e postmoderno.

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