Cimitero acattolico di Roma (archivio personale) |
E' l'istante in cui il respiro svanisce, il cuore cessa di battere, la coscienza sprofonda nell'abisso.
Per quanto ci si sforzi di dimenticarlo, per quanto sia peraltro necessario rimuovere il pensiero perché altrimenti sarebbe impossibile lavorare, amare, costruire, per quanto ciò sia paradossale, alla fine del percorso c'è per tutti e per ciascuno un'immensa, altissima muraglia.
Al di là del dolore che ogni distacco comporta, al di là del pensiero che cerca di condividere o assegnarsi risposte, al di là della speranza con la quale l'attende o la cerca il più povero, la Morte rimane la questione insoluta della Vita. La filosofia dell'essere ha riempito di sé ogni anfratto dell'esistere, la tecnica ha soppiantato l'emozione e ogni angolo del reale è stato indagato, analizzato, sezionato. Tutto trova una sua spiegazione, dal mistero del concepimento in un grembo materno all'istante originario del Tutto - almeno di questo Universo - fino allo scoccare improvviso di un sentimento d'amore.
Il riempimento del vuoto cosmico e la ragione ormai spalancata fino ai confini dell'infinito eterno come pure la religione che è stata progressivamente confinata nelle riserve dell'incomprensibile, non sono riusciti a superare la barriera apparentemente più semplice, derivante dalla ovvia constatazione che ogni vivente va incontro alla morte. Che cosa c'è al di là della siepe? Ci attende l'"essere" oppure il "nulla"? Come non angosciarsi davanti alla Totalità o al "Ni-ente" che sfuggono alle categorie spazio temporali del nostro intelletto?
Eppure questa è la domanda radicale, la più interessante in ogni istante del nostro percorrere le vie del mondo. Ed è l'ansia più profonda, il "sublime" Kantiano che ci afferra la gola quando contempliamo il cielo stellato e le sue immense profondità e ci sentiamo piccoli e fragili. Possiamo conquistare i Pianeti lontani, ma non sappiamo alcunché del destino di chi ci ha preceduto, di Eschilo e Aristotele, di Buddha e di Cristo, di Ildegarda di Bingen o della primigenia Lucy, di Oetzi ritrovato intatto sul ghiacciaio Similaun o del Neanderthal che ha forato un osso d'orso per trarne le prime affascinanti melodie della storia, di nostro padre o di nostra sorella, con i quali abbiamo condiviso tanto nel breve frammento della nostra effimera storia.
No, non c'è una risposta soddisfacente alla domanda delle domande e forse è giusto che sia così. Nella sapienza universale che sembra ormai essere patrimonio di ogni sapiens, resta una finestra ancora aperta sul Mistero. Ciò che è "oltre" è l'unica sorpresa possibile che ci può ancora interessare e la tensione verso questa inesplicabile potenziale "non-sapienza" riempie di valore ogni istante, anche il più minimo frammento che l'attende.
In fondo, al di là delle spiegazioni chimiche e psichiche, non l'hanno intuito i teologi, gli scienziati o i più insigni pensatori, bensì gli artisti e i poeti. Oltre la morte non c'è assolutamente nulla di comprensibile con la ragione, si può sperimentare la sua incontrollabile potenza, anche nella scorrere della Vita, soltanto nell'inspiegabile e istantanea emozione dell'Amore, tremenda fragile limitata finitezza, clamorosa dimenticanza della consapevolezza di essere rinchiusi nell'angusta e dorata prigione della spazio temporalità.
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