sabato 31 ottobre 2020

E chi il lockdown lo vive ogni giorno?

Una delle conseguenze delle  normative contro la diffusione del coronavirus è la privazione di alcuni ordinari spazi di libertà. Per molti è stata esperienza molto difficile quella di rimanere chiusi in casa, nel periodo più drammatico di marzo e aprile. Per altri è stato traumatico veder nascere dal nulla nuove barriere - virtuali o reali - tra comuni, regioni, interi stati. Per alcuni è risultata inaccettabile la privazione del rapporto con le persone più care, la compagna o il compagno di vita, i genitori anziani, gli amici.
Forse queste situazioni potrebbero aiutare a pensare - con un sentimento di comprensione e solidarietà - a coloro che vivono ordinariamente tali restrizioni, che sono in lockdown non per brevi periodi ma per mesi, anni e decenni.
Chi è condannato a trascorrere una parte della propria vita in prigione, sa che cosa significa non poter uscire dalle mura tra le quali si è rinchiusi. E' un'esperienza disumanizzante, spesso vissuta in un sovraffollamento e in un degrado strutturale che rendono molto teoriche le splendide intuizioni di
Mario Gozzini, confluite negli anni '70 del XX secolo nelle leggi che portano il suo nome e che proponevano la pena riabilitativa e non punitiva.
I confini chiusi creano angoscia. Anche in questi giorni, camminando sulla linea di demarcazione tra Italia e Slovenia, pur non essendoci per ora alcuna barriera materiale, ci si sente respinti come da un filo invisibile. Lo sbarramento previsto dalle normative è vissuto come una violenza, da qualunque parte esso venga stabilito, si prova umiliazione a non poter passare, non si osa neppure mettere un piede oltre la linea. Il blocco è dentro di noi, crea ansia e timore, un senso misterioso e inesprimibile di respingimento e di distacco, ci si sente "stranieri" là dove fino al giorno prima non ci si poneva neppure lontanamente il problema. Come non pensare ai migranti della rotta balcanica o del Mediterraneo, quando giungono stremati alle frontiere della nuova Europa. Come guardano queste linee immaginarie ma fin troppo reali, che dividono il mondo tra privilegiati e penalizzati? Come possono vincere il senso di umiliazione e di rifiuto, di fronte all'indifferenza e all'evidente ostilità di chi dovrebbe riceverli? Cosa significa sentirsi costantemente additati come "stranieri", "diversi", indegni di essere trattati come esseri umani? I centri per il respingimento sono molto simili ai campi di concentramento, le urla che provengono dal cpr di Gradisca o da quello di Postojna, non indicano soltanto un disagio materiale, ma proclamano una verità inquietante, il fallimento del progetto di un'Europa autenticamente democratica, aperta alla libera circolazione delle persone e delle loro idee.
E che dire della sofferenza del non poter incontrare i propri congiunti? Di averli abbandonati in paesi lontani e di essere guardati con disprezzo perché un telefonino consente l'ultimo legame, almeno attraverso le parole? O di poterli incontrare - l'amore della propria vita o i figli tanto amati - in una squallida stanza di carcere, sotto gli occhi indagatori di guardie pronte a intervenire per reprimere - più o meno delicatamente - qualsiasi gesto d'affetto ritenuto eccessivo?
Come sempre, tante domande e poche risposte. Eppure quest'anno così delicato e difficile, questo 2020 che più bisesto di così non si può, potrebbe essere quello della svolta, anche sotto questo punto di vista. Potrebbe essere il momento per raggiungere gli obiettivi dell'eliminazione delle carceri come strumento di pena e l'invenzione di nuove forme di ricostruzione e riabilitazione della vita, della cancellazione di tutti i Centri di detenzione per immigrati pro cedendo verso la libera circolazione degli esseri umani, del riconoscimento dei diritti civili per ogni creatura che vive sulla faccia della Terra.
Sogni? Utopie? Mah, forse una meravigliosa umanità che riesce a scavare buche e a raccogliere frammenti di un asteroide che ruota a 350 milioni di chilometri di distanza, potrebbe fare molto di più per costruire sul Pianeta un civiltà fondata sulla giustizia sociale, sulla pace, sulla salvaguardia dell'ambiente vitale, per tutte e per tutti... 

mercoledì 28 ottobre 2020

La Spagna ha recepito la lezione, imboccando la strada della patrimoniale

"Non si deve tornare alla normalità, occorre uscire dalla crisi in modo che il mondo sia migliore di quello precedente la diffusione della pandemia". Molte volte si è sentito questo giusto ritornello, accompagnato dalla spiegazione, "sì, perché il disagio attuale è più una conseguenza che una causa di un modo di gestire le relazioni planetarie profondamente ingiusto". L'estate, con la forte flessione di casi di contagio soprattutto in Europa e in Cina, ha consentito una troppo incosciente pausa di sollievo ma anche la sensazione che la "lezione" non sia stata assolutamente recepita. Il mondo sembra ruotare come sempre, degli affari legati alla gestione della situazione sanitaria hanno approfittato mafie e criminalità organizzate, i politici hanno cercato ciascuno di trovare la pole position per i futuri assetti istituzionali, i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri molto più poveri.
Ripiombati nel prevedibile incubo, travolti dalla girandola di numeri, quanti tamponi contagiati ospedalizzati terapie intensive morti guariti dpcm ristoranti chiusi ristori aperti ecc., non ci si è forse accorti di un percorso del tutto nuovo, avviato negli ultimi due giorni in Spagna.
Il Governo socialista/podemos ha infatti scelto la strada della patrimoniale o qualcosa di simile. Partendo dall'asserto secondo il quale la ricchezza è consentita per essere condivisa - principio recentemente ribadito a livello etico dalla Fratres Omnes di papa Bergoglio - si è deciso di tassare i redditi più alti per finanziare interventi a favore di coloro che sono stati penalizzati dalla pandemia o, più in generale, si trovano ad affrontare situazioni di difficoltà economica.  
Non si sa ancora come la prenderanno coloro che dovranno rinunciare a qualche spicciolo del loro grande patrimonio ma, se funzionasse, sarebbe l'uovo di Colombo (per citare uno che di Spagna se ne intendeva). Riequilibrando le ricchezze, diventa irrilevante la discussione sui comunque necessari interventi degli organismi internazionali, cominciando, per ciò che concerne l'Italia dai titoli e dai prestiti legati al Recovery fund o al Mes. L'entità dei finanziamenti è talmente cospicua da vincolare per molti anni gli Stati, che non potranno fare altro che approfittarne, agli attuali "padroni del vapore" - non tanto politico quanto economico - europeo. La tassa patrimoniale, improntata ai principi filosofici di solidarietà e sussidiarietà, al contrario, fonda la possibilità di un'azione senza vincoli determinati soprattutto dalle lobby bancarie, da parte dei Parlamenti e dei Governi democraticamente eletti. In altre parole e per dirla semplicemente, una equa e solidale redistribuzione dei beni risulterebbe non soltanto il frutto di una sana politica, ma potrebbe anche essere efficace per avviare nuove relazioni costruttive tra le diverse componenti della società. La Spagna è stata lodevole apripista, perché non seguire il suo esempio, immediatamente?

martedì 27 ottobre 2020

No alla violenza, sì all'ascolto

No, non dovrebbe essere questo un tempo di tifoserie. E' giusto condannare ogni forma di violenza, ma non si può con questo chiudere gli occhi davanti al disagio sociale sempre più evidente, in Italia e in Europa. 
Ascoltando alcuni esponenti del Partito Democratico, ieri sera, si sono materializzati ricordi abbastanza lontani, dei quali peraltro chi scrive è stato testimone diretto. A Genova, nel 2001, Berlusconi e Fini pronunciavano simili parole, mentre scorrevano le immagini di pochi scalmanati che avevano messo a ferro e fuoco la città. Li chiamavano black blok, ma in realtà nessuno ha mai capito bene chi fossero. Di certo, con le loro incredibili violenze, avevano screditato una delle più interessanti settimane di laboratorio per la costruzione di un mondo postcapitalista e solidale. Chi ci aveva rimesso? I manifestanti pacifici, contro i quali la polizia si era accanita con una forza d'urto mai vista nell'Italia repubblicana, culminata nell'uccisione di Carlo Giuliani. Il G8 aveva vinto, da quel momento il movimento per la pace e la giustizia tra i popoli ha iniziato a scivolare su un piano inclinato che - dopo l'immensa e ultima manifestazione pacifista planetaria del 15 febbraio 2003 - lo ha portato di fatto all'insignificanza, almeno sul piano numerico.
In questi giorni sembra che il copione si ripeta, anche se la presenza di un Governo teoricamente di segno diverso da quello della destra berlusconiana sembra impedire di riconoscerlo. Le istanze della protesta generalizzata contro i dpcm governativi hanno ragioni profonde, derivano dalla contraddittorietà delle scelte, dalla penalizzazione solo di alcune categorie incautamente definite "sacrificabili", dal mantenimento di attività redditizie come le fabbriche d'armi a scapito di quelle che dovrebbero fornire presidi medici, dal sistema ospedaliero azzerato dai tagli alla sanità pubblica, dalle carenze progettuali spaventose, dalle famiglie messe in ginocchio dalla Didattica a Distanza, dagli operai costretti a pericolosi viaggi su mezzi pubblici sovraffollati e al lavoro in fabbriche insicure, dagli imprenditori paralizzati dallo smart working nella Pubblica Amministrazione, dalla dimenticanza degli emarginati, senza casa, in carcere o migranti costretti a sopravvivere in campi di concentramento dove il virus è sempre in agguato. Eccetera eccetera... 
Non basta certo più il presunto equilibrio dell'"avvocato del popolo", ormai prigioniero di un'immagine di sé sempre meno convincente. Ridurre tutte le manifestazioni, da Sud a Nord, a una peraltro esistente strumentalizzazione da parte dell'estrema destra e della mafia è talmente troppo semplicistico da far venire in mente i manipoli di sconosciuti black blok che, del tutto indisturbati, hanno incatenato Genova, hanno innalzato la tensione sociale e hanno portato alla repressione poliziesca e alla tortura, da regime militare, contro gli inermi bivacchi della caserma Diaz.
Le televisioni ieri hanno fatto vedere attacchi di pochi mascherati a ricche vetrine o a camionette della polizia, mentre i social hanno diffuso cariche delle forze dell'ordine in tenuta antisommossa contro i manifestanti nonviolenti. Particolarmente preoccupante ciò che è accaduto a Trieste lo scorso sabato, dove è stata autorizzata una manifestazione esplicitamente fascista e razzista , mentre sono stati manganellati a sangue coloro che vogliono portare aiuto ai migranti, colpevoli di aver voluto rimanere a presidiare, seduti sulle panchine, la "loro" piazza.
Attenzione dunque, il momento è difficilissimo. Non si può essere d'accordo o contrari, "a prescindere", con il Governo di turno, anche chi è iscritto a una formazione politica deve più che mai pensare con la propria testa ed evitare supini allineamenti acritici, pericolosi per chi li propone ma anche per gli stessi partiti di appartenenza. Occorre che chi governa ascolti il grido dei sempre più numerosi poveri, anche quando essi trovano conforto solo in speculatori senza scrupoli che perseguono i propri interessi economici e politici. E' necessario che si diano istruzioni precise a chi dovrebbe tutelare l'ordine pubblico, per evitare che il pensiero - sbagliando? - corra troppo rapidamente alle provocazioni che i regimi costruiscono "ad hoc", per coprire le proprie volontarie o involontarie mancanze.

lunedì 26 ottobre 2020

Scontri in piazza Libertà a Trieste: una gestione fallimentare e pericolosa dell'ordine pubblico

Oggi, in piena condivisione, si propone il comunicato stampa di ICS Trieste, relativo agli scontri accaduti a Trieste, in piazza della Libertà, sabato 24 ottobre.

Gli scontri avvenuti in piazza della Libertà sabato 24 ottobre erano prevedibili ed evidenziano il grave fallimento nella gestione dell'ordine pubblico in tutta la vicenda.

Così come molti altri enti ed associazioni, anche ICS aveva inutilmente ribadito che la manifestazione, in quella piazza, non andava autorizzata. Sotto la regia di “Son Giusto” – mera sigla che appare sempre più solo un prestanome e un collettore di vari gruppi neofascisiti e neonazisti, anche estranei al territorio – era infatti evidente la presenza di un disegno finalizzato a creare disordini.

ICS ricorda che il diritto, costituzionalmente garantito, a manifestare liberamente le proprie posizioni politiche non può legittimare eventi pubblici che dichiaratamente inneggiano al fascismo, al nazismo e alla violenza razziale. Anche sotto tale profilo, essendo note le posizioni estremiste dei gruppi aderenti, e trattandosi della terza manifestazione d'odio avvenuta in pochi mesi, la stessa avrebbe potuto essere vietata in ogni luogo della città.

Anche la nervosa gestione della piazza da parte della pubblica sicurezza suscita seri dubbi, alla luce delle prime ricostruzioni video e testimonianze nelle quali si vede la polizia effettuare una carica – indubbiamente non necessaria – nei confronti di quei cittadini che, pur non autorizzati, ma comprensibilmente sdegnati dall'intera vicenda, si sono comunque presentati in piazza.

La gestione dell'ordine pubblico a Trieste non può continuare in questo modo, segnata da un'incapacità di gestione e, soprattutto, da una larga acquiescenza nei confronti di movimenti di estrema destra che agiscono fomentando odio e violenza, in disprezzo dei valori costituzionali.

sabato 24 ottobre 2020

Conte al bivio, l'indispensabile urgenza di una scelta

Certo, non si può dire che la posizione del Presidente del Consiglio in questo momento sia comoda. Da una parte deve rispondere alla necessità di fermare o almeno rallentare la diffusione del contagio che sembra essere fuori controllo, dall'altra si rende conto che una chiusura generalizzata delle attività già penalizzate in marzo/aprile porterebbe un disastro sociale, con conseguenze sull'ordine pubblico già preannunciate dall'ultima notte napoletana. Da una parte deve accontentare gli esponenti del Partito Democratico, più portati verso soluzioni radicali, dall'altra non può trascurare quelli del Movimento 5 Stelle, inclini a preferire più miti consigli. Da una parte deve mostrarsi rassicurante, dall'altra non può nascondere le sue preoccupazioni, tanto più dopo aver incautamente minimizzato la previsione sulle misure da adottare, personalizzando fino ai limiti dell'insopportabilità le scelte, le decisioni e i percorsi.

In realtà tutti si naviga in un'incertezza profonda che contribuisce a seminare il panico. I cittadini sono impotenti, di fronte a scienziati che si dedicano ai talk show, persone dello spettacolo che si attribuiscono ruoli scientifici, politici che si schierano sulla base dei quotidiani sondaggi elettorali, a favore o contro "a prescindere". Chi ha ragione? Chi ha torto? E' vero quello che ci viene detto o sono tutte fake news? Le risposte a queste domande non sono facili, anzi allo stato attuale delle cose sono impossibili e chi deve decidere per tutta una Nazione - pur guardando alle esperienze degli altri - ha un compito gravoso, dal quale non si può permettere di derogare.

Conte deve decidere qualcosa e quanto prima. Sa bene che andrà incontro a molte critiche e ad altrettante lodi. Ma deve decidere da che parte andare, pena l'esplosione delle sempre meno nascoste sacche di disagio che è fin troppo facile attribuire ai circoli della destra estrema e della malavita organizzata. La strumentalizzazione c'è, chi può negarlo? Ma senza un'adeguata e sicura presa di posizione governativa, rafforzata dal consenso delle parti politiche che la dovrebbero sostenere, davvero si avvicinerebbe il rischio di uno scontro sociale dalle proporzioni non immaginabili.

In tutto ciò sarebbe importante anche un fondamento teorico, un aiuto a comprendere ciò che sta accadendo e a cercare soluzioni innovative e coraggiose. Due forze potrebbero portare un contributo importante in questo senso. Si tratta di una Sinistra culturale in grado di richiamare l'equa distribuzione delle risorse, la centralità del lavoro e la tutela della salute e dell'ambiente. E si tratta di tutti coloro che - procedendo da una visione religiosa o filosofica identificabile - possono richiamare la dignità della Persona, in tutte le sue dimensioni, anche in quella misteriosa e densa di interrogativi legata alla sofferenza, alla malattia e alla morte. 

giovedì 22 ottobre 2020

Il silenzio su tanti tamponi positivi è pericoloso per la diffusione del contagio

L'impressione è che la situazione sia fuori controllo. Il numero dei contagiati sale di giorno in giorno raggiungendo numeri inimmaginabili. Mentre Conte comunica in Parlamento che "siamo ben più preparati rispetto a marzo", le persone ricoverate in terapia intensiva raddoppiano ogni settimana e la cifra si avvicina di nuovo pericolosamente al livello dell'emergenza precedente.

Ma c'è un altro elemento alquanto inquietante, anzi due.

Molte volte le Aziende sanitarie competenti non riescono a stare dietro alle comunicazioni dei laboratori scientifici e a volte (a quanto si sente molto spesso) non trasmettono i dati ai Sindaci - il che sarebbe già grave essendo questi la prima autorità sanitaria del Comune - ma soprattutto a coloro che hanno effettuato il tampone. La conseguenza è che questi, passati tre o quattro giorni senza ricevere notizie e ritenendo ragionevolmente che il non essere stati avvisati corrisponda a un risultato "negativo", se stanno bene escono, vanno al lavoro, incontrano familiari ed amici, diffondendo senza volerlo il virus ovunque. La frequenza con la quale vengono segnalati tali casi fa pensare che il numero dei contagiati sia in realtà molto più alto di quello dichiarato ogni giorno dai bollettini e che il pericolo di diffusione inconsapevole del covid-19 sia molto più alto di quanto non si creda.

L'altra questione è quella del rintracciamento, con l'evidente fallimento del sistema Immuni. Non funziona certamente perché la percentuale di coloro che lo hanno scaricato è minima, ma anche e soprattutto perché, come detto, non tutti sono "riconosciuti" dalle aziende di riferimento e quasi a nessuno vengono identificati i codici, senza i quali la app è - come è! - totalmente inutile.

Invece di fare tante commedie con lo "spettacolo" delle conferenze stampa e dei dpcm del Presidente del Consiglio, converrebbe offrire poche norme, più comprensibili e meno interpretabili, invitando poi alla responsabilità personale le cittadine e i cittadini, con parole forti, chiare e proprio per questo rassicuranti, come quelle comunicate da Angela Merkel agli abitanti della Germania.

E ora, Francesco proceda con il sacramento del matrimonio omosessuale...

Papa Francesco propone il riconoscimento delle unioni civili per coppie omosessuali. Le sue parole sono molto importanti, dal punto di vista politico ma soprattutto da quello filosofico.

Infatti, se è vero che in Italia la legge sulle unioni civili già c'è, è altrettanto vero che l'autorevole suggerimento va nella direzione di altri Paesi nel mondo, in molti dei quali l'omofobia è ragione di Stato e viene perseguita anche con la violenza e con la tortura, spesso proprio "in nomine Dei".

Inoltre, il richiamo del pontefice va ben oltre il suo già celebre "chi sono io per giudicare?". Ammettendo di fatto ciò che è ovvio ma finora negato dalla Chiesa cattolica, cioè che due persone omosessuali che si amano sono soggetti di diritto civile, Francesco demolisce il fondamento stesso su cui si basavano finora i "divieti" e i "principi non negoziabili" dei suoi predecessori. Viene cioè contestato e in pratica demolito il concetto di "legge morale naturale", radicata nella Creazione e nella Rivelazione. In altre parole, non esiste un'etica assoluta, garantita da Dio e dal magistero della Chiesa, ma le indicazioni e le prescrizioni morali sono da adattare alle diverse situazioni, nel tempo e nello spazio. Il passaggio filosofico è enorme e foriero di grandissime conseguenze, riguardanti per esempio l'inizio e la fine della vita, la vita sessuale e il controllo delle nascite, l'insegnamento sociale della Chiesa. Dal punto di vista teologico, si è all'anticamera del definitivo superamento o almeno del radicale ridimensionamento del dogma del Vaticano I relativo all'infallibilità del Papa, come minimo da riferire esclusivamente alle questioni riguardanti la fede e non a quelle morali.

Ottimo dunque, questo è un passo concreto verso un "novum" meno legato alla personalità del Vescovo di Roma e più vincolante per l'intera cattolicità. Qualche ma... Ma sì, qualche pelo nell'uovo lo si può anche cercare...

A prescindere dal fatto che nel suo ruolo di Capo di Stato potrebbe inserire immediatamente nell'ordinamento Vaticano l'istituto dell'unione civile tra coppie omosessuali, l'eliminazione dell'assurda e anacronistica pregiudiziale "naturale" dovrebbe portare come conseguenza il riconoscimento del matrimonio omosessuale come sacramento. Intendendo con tale termine teologico la manifestazione visibile dell'amore di Dio per ogni essere umano e di Gesù Cristo per la Chiesa (intesa come comunità universale), sarebbe cosa buona e giusta, da subito, immaginare una ritualità ufficiale che consenta alla coppia omosessuale di essere "sacramento" dell'amore divino quanto qualunque altra. Una simile scelta, legata alla visione teologica, liturgica e canonica della cattolicità, rafforzerebbe e darebbe uno spessore ben più radicato e credibile alle già importanti "aperture" presenti nelle parole e nelle azioni individuali di Papa Francesco.