E' stata una grande festa quella celebrata questa mattina a Opatje selo. Almeno 3000 persone, provenienti da tutta la Primorska, la regione del litorale sloveno, si sono date appuntamento per ricordare il 76mo anniversario dell'aggregazione del territorio alla confederazione jugoslava. Il 15 settembre 1947 ha segnato per le popolazioni delle valli dell'Isonzo/Soča e del Vipacco/Vipava, del Carso e dei Comuni sul mare Koper, Izola, Piran e Portorož, la fine definitiva di un incubo. Con il Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, infatti, questa ampia zona inopinatamente assegnata all'Italia dal Trattato di Rapallo nel 1920, viene assegnata alla Slovenija ed entra a far parte della Jugoslavija. Due decenni di fascismo, con la persecuzione sistematica della popolazione, l'impedimento a parlare la propria lingua, l'italianizzazione dei nomi dei paesi e delle persone, i processi e le esecuzioni sommarie non hanno piegato la fierezza di un popolo consapevole delle proprie radici e della propria cultura. Le tragedie della seconda guerra mondiale, con l'occupazione nazi fascista e la lotta di Liberazione hanno temprato la consapevolezza della gente, che si è unita nella grande lotta per la giustizia e la libertà.
Si comprende l'entusiasmo di tutti i presenti, che hanno applaudito con commozione i brani dei principali poeti sloveni, hanno contato le canzoni delle Resistenza all'oppressore, hanno ascoltato le sapienti parole del primo presidente della Repubblica di Slovenija Milan Kučan. Quest'ultimo, offrendo uno sguardo ampio sulla situazione europea e mondiale, ha ricordato con soddisfazione i passi compiuti che hanno consentito un forte avvicinamento fra le varie realtà che vivono da una parte e dall'altra del vecchio confine. Ma ha anche messo in guardia dalle nostalgie postfasciste e dai tentativi di revisionismo storico a senso unico, che vorrebbero far dimenticare la grave oppressione esercitata dall'Italia fascista nei confronti degli sloveni della Primorska. Dopo l'inno, l'avvincente Vstala Primorska che celebra la "nuova vita" realizzata nell'affrancamento dalla schiavitù e nel recupero della possibilità di valorizzare la propria cultura e parlare la propria lingua, la festa è gioiosamente continuata, nell'amicizia e nella condivisione fraterna. Come sempre, in queste occasioni, è evidente un senso di profonda gratitudine nei confronti di chi ha rischiato e perso la vita per sconfiggere il mostro del nazi fascismo. Il caro amico e appassionato sacerdote pater Bogdan Knavs lo ha scritto sulle magliette rosse (nella foto): "Attraverso di voi abbiamo mantenuto la lingua slovena e la nostra Primorska. Grazie a voi, cari partigiani".
Con molta meno partecipazione - anzi nella quasi totale indifferenza - le autorità hanno ricordato a Gorizia lo stesso Trattato di Parigi e la conseguente assegnazione della città all'Italia. Certo, è molto diverso celebrare il ritorno alla libertà di una Nazione oppressa dalla dittatura e dalla guerra, rispetto alla presa d'atto di una sconfitta militare e di un trattato che ha di fatto chiuso le ferite aperte con la prima guerra mondiale. Anzi, ci si può legittimamente chiedere se abbia senso mantenere in vita una cerimonia di questo tipo che pochissimi cittadini sembrano oggi comprendere. Invece di sottolineare con la presenza dei classici quattro gatti un evento ormai confinato nella storia, non sarebbe meglio ricordare insieme al mondo sloveno - come è accaduto nella solenne e grandiosa manifestazione odierna di Opatje selo - il cammino che si è percorso tra il 1947 e il 2023, dall'inizio alla fine, lungo, intenso e non privo di difficoltà? Ma la direzione è stata quella della ricostruzione delle relazioni interrotte e del superamento del nazionalismo, del razzismo e della violenza che avevano caratterizzato le epoche precedenti. Il riconoscimento della Capitale europea della Cultura è indubbiamente una tappa, non certo l'obiettivo finale di questo percorso. Sarebbe bello che tutti ci si sentisse "Goriziani" e "Primorski" e che ci si riconoscesse nell'invito ad alzarsi e a rinascere a una nuova alba di vita e di libertà. Sarebbe bello, nei prossimi anni, che si celebrasse insieme la fine dell'oppressione, in una riconciliazione che non dimentica i misfatti, ma trasforma l'odio in nuova amicizia, la cancellazione dei diritti in nuova collaborazione, l'assolutizzazione della propria Nazione nel gioioso riconoscimento di essere tutti coinvolti in una profonda unità caratterizzata dal gioioso riconoscimento reciproco e dalla valorizzazione di ogni specificità.
Nessun commento:
Posta un commento