lunedì 11 settembre 2023

Un futuro a sinistra?

 

Perché i partiti del centro sinistra stanno perdendo sempre più consensi in Italia, nonostante il sostegno di molti potenti mezzi di comunicazione, della maggior parte dei centri culturali e degli intellettuali, anche delle chiese, almeno per ciò che concerne i responsabili?

La domanda va di pari passo con quella, più generale, riguardante la disaffezione al voto da parte degli elettori, ridotti ormai quasi sempre a cavallo della soglia del 50%. Nell'altro 50%, preso atto di una parte di persone impossibilitate per vari motivi a raggiungere le urne, sono da cercare coloro che non si riconoscono più in un sistema che sembra più simile a uno squallido gioco di potere che a uno strumento per servire il bene e i beni comuni dei cittadini.

Quindi, la questione del perché il centro sinistra sia in calo dei consensi, è complementare alla domanda su come sia possibile convincere i votanti a ritrovare un po' di entusiasmo e a dare credito alle interminabili e inesauste promesse degli uni e degli altri. Soprattutto degli uni, cioè degli esponenti del centro sinistra, chiamati a recuperare quell'area di autentica sinistra che è più ampia di quanto i numeri possano indicare e che non si riconosce da lungo tempo negli apparati e nelle burocrazie del Partito Democratico e dei suoi attuali alleati. C'è anche da dire che gli eredi diretti dell'antico Partito Comunista hanno saputo disgregarsi in mille rivoli, quando non hanno cercato di ricostruire una parvenza di unità, ordinariamente affossata dal protagonismo di capetti di breve o lungo cabotaggio. La trafila - Sinistra Arcobaleno, Cambiare si può, Alba, Rivoluzione civile, Sinistra europea, Liberi e Uguali, e chi più ne ha più ne metta - ha segnato un progressivo calo di convinzione, di anno in anno, di elezione in elezione, con conseguenti risultati a dir poco imbarazzanti e sicuramente non corrispondenti al sentire comune di una parte cospicua della società.

E allora? 

Allora per confezionare una proposta politica sostenibile, a tutti i livelli dal Parlamento a ogni singolo Comune, occorrono due ingredienti da dosare con intelligenza e integerrima volontà di servire. Il primo è l'idea, ossia la visione del mondo sulla base della quale costruire il proprio programma politico. Il secondo è la concretezza, ovvero la capacità di tradurre l'ideale in legge, regolamento, azione amministrativa. Non può esserci vera politica senza il riconoscimento di un'idea chiara, ma non ci può essere neppure senza la capacità di enucleare scelte specifiche e molto concrete, che nascano non solo dalla conoscenza e per quanto possibile dalla condivisione delle situazioni, ma anche da una forte e consolidata capacità di "governo". Una grande idea richiede un grande realismo, ma non viceversa.

I partiti del centro sinistra, ma anche le organizzazioni non governative, la Chiesa con il suo capo supremo, i liberi cittadini, tendenzialmente hanno delle idee, si riconoscono e propongono principi morali, si battono per i diritti individuali e sociali. Tuttavia quasi sempre suscitano l'impressione di essere ben poco competenti nell'arte di trasformare i buoni principi in concrete proposte di soluzione dei problemi. Oppure, viceversa, sono così preoccupati di trovare i mezzi per poter realizzare progetti, da dimenticarsi sia delle idee che addirittura dei progetti stessi. Chi richiama costantemente l'approfondimento dell'idea, spesso accompagnando la concezione del mondo con gesti concreti di solidarietà fattiva, non ha il tempo o la possibilità di impegnarsi nell'agone politico della democrazia rappresentativa. E chi invece in esso è immerso fino al collo, spesso è costretto dalla contingenza storica a muoversi in modo tale da dimenticare totalmente i punti ispiratori. 

Ai tempi del "compromesso storico" c'era stato chi aveva proposto la "Politica della Cultura", ovvero la rivalutazione della rappresentatività attraverso il riconoscimento del ruolo e la collaborazione dei due partiti che - almeno orientativamente - raccoglievano il consenso della base operaia comunista e socialista e di quella contadina e terziaria più vicina al cristianesimo democratico. 

E' passato tanto tempo da quegli anni, ma l'idea di fondo resta valida. E' ancora possibile una "Politica" con la P maiuscola, rappresentativa di una base che si riconosca in valori condivisi e che sappia individuare i propri rappresentanti da inviare nel luogo della parlamentazione, della trattativa, del dialogo costruttivo? Esiste ancora un collegamento inscindibile tra tale base e i suoi rappresentanti? Si può ancora sperare che da una parte ci sia chi richiama con forza la coerenza con i valori a costo da risultare insopportabile e dall'altra ci sia chi a partire da quei valori sappia costruire un sistema organico, concreto e sostenibile che consenta la realizzazione dell'autentica Democrazia?

Certo, sono domande che si deve porre anche la destra, quella del governo attuale che dimostra l'inconsistenza di idee urlate nelle campagne elettorali e dissolte come neve al sole di fronte alla concretezza dei problemi e alle imposizioni dall'alto alle quali non ci si può negare. Ma valgono soprattutto per il centro sinistra, che deve ricollegare la spina alla fonte dell'ideale e individuare con creatività nuove proposte attuative convincenti e pratiche. E' facile adagiarsi in una posizione di "opposizione" nella quale basta sempre dire "no"! Occorre seriamente ripartire dai fondamentali per offrire una vera alternativa, solida e credibile, capace di reggere alla prova della storia. 

Prima che sia troppo tardi.

2 commenti:

  1. Non vedo citato il partito personale di De Magistris, che avete votato e fatto votare, responsabile di aver diviso la " sinistra" e sottratto voti preziosi nelle ultime politiche.

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  2. Ha ragione, ce ne sono così tanti che è facile perdere il conto. Da aggiungere Unione Popolare e, anche se forse pochi ne hanno sentito il nome, Democrazia Autonomia.

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