Esaurito il consueto vocabolario di "mai più!", "non passeranno", "vinceremo!" e così via, restano le constatazioni e gli interrogativi.
La constatazione è che dal punto di vista della comunicazione si è ormai in piena guerra. Da una parte ci siamo "noi", dall'altra "loro". Tristemente nel "noi" sono inclusi gli autoctoni occidentali europei, vittime dell'offensiva dei "loro", tra i quali vengono annoverati senza troppe distinzioni appartenenti a gruppi terroristici legati all'ISIS, fedeli discepoli dell'Islam e immigrati economici o in fuga dalle sanguinose guerre del Medio Oriente e del Nord Africa.
L'attentato di Barcellona è orrendo perché colpisce la "civiltà", mentre i bombardamenti sull'Afghanistan, sull'Iraq, sulla Libia e sulla Siria sono una difesa della democrazia e dei suoi diritti, poco importa se i morti sono esseri umani, con gli stessi diritti di tutti.
E poi, come in ogni guerra che si rispetti, falsità, generalizzazione e ignoranza la fanno da padrone. Se la stragrande maggioranza delle guide religiose e un miliardo di musulmani condannano senza esitazione la violenza, gli integralisti cattolici - compresi molti atei devoti - contestano che "nessuno ha avuto il coraggio di prendere le distanze". L'Islam e l'Isis vengono trattati come se fossero la stessa cosa, come se qualcuno avvicinasse il cattolicesimo al Ku Klux Klan. L'"Occidente" è identificato con "i valori" criticati e minacciati dalla "barbarie" del Sud del mondo.
Così di sicuro non si va da nessuna parte, purtroppo anzi si va dalla parte di un innalzamento progressivo del livello dello scontro, dalle parole agli attentati, dalla violenza urbana ai pogrom, dalle guerre locali al conflitto globale.
E' ora di cambiare, e con urgenza, impostazione di linguaggio: non più "noi" contro "loro", ma "noi" e "voi" chiamati al difficile ma indispensabile esercizio del dialogo come unico strumento di risoluzione delle controversie tra le persone e tra i popoli.
ab
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