lunedì 7 agosto 2017

Mare inquieto

Come sempre, il Mediterraneo è inquieto. Solcato da gommoni stracarichi di poveracci in fuga dalla fame, da navi che cercano di offrire soccorso, da altre che vogliono impedire l'aiuto, da loschi interessi che trasformano le tragedie in business, è un cimitero che inghiotte migliaia di naufraghi, autostrada del mare piena di falle abissali.
I porti sono chiusi alle navi delle organizzazioni non governative che non sottoscrivono codici contradditori e a quelle delle fazioni europee anti-immigrazione che inviano messaggi razzisti ai paesi del Nord Africa.
Il problema esiste, eccome. E forse la situazione di crisi sottolinea la necessità di radicalizzare le posizioni. Gli Stati - ma anche le Regioni e i Comuni - non possono affidarsi al buon cuore (e purtroppo anche agli interessi poco nobili di pochissimi) del volontariato sociale che sopperisce alle gigantesche incapacità o impossibilità del "pubblico": perché devono essere le organizzazioni NON governative a soccorrere chi rischia la vita in mare e a "trattare" con i criminali scafisti? Perché devono essere le associazioni di promozione sociale a reperire alloggi, vestiario, cibo e informazioni per i nuovi arrivati lunghe le rotte mediterranee e balcaniche?
In uno Stato laico e democratico, la questione riguarda la Politica, non la Chiesa, il buon cuore (o in rari casi gli affari) del "terzo settore". E dal momento che il fenomeno migratorio non accennerà a diminuire, stante il dislivello economico ancora enorme tra i paesi del Nord e quelli del Sud del mondo e il pullulare di guerre suscitate da interessi d'ogni sorta, sarebbe ora di pensare a una Politica europea e mondiale non di difesa, ma di ricostruzione di un Sistema generale equo e solidale.
Il discorso è talmente logico da rasentare l'utopia: le migrazioni forzate nascono dalla necessità di sopravvivere e potrebbero essere evitate soltanto rendendo possibile a ogni persona lo stesso diritto d'accesso ai beni della Terra. Non essendo evidentemente possibile che ciò avvenga in tempi brevi, è necessario prendere atto della trasformazione delle società occidentali e pensare a un Continente europeo nel quale la libera circolazione delle persone possa precedere quella delle merci.
Da tale presa d'atto dovrebbero scaturire ben diverse politiche del lavoro, svincolate dal potere delle banche e in grado di riempire il divario esistente tra economia reale e sistema finanziario ormai sfuggito a ogni controllo. Questo è il vero ostacolo da rimuovere, non i poveri in fuga sui sentieri delle montagne balcaniche o tra le correnti del Mare Nostrum.

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