Alla vigilia della celebrazione della Capitale Europea della Cultura, c'è un ambito nel quale il confine è rimasto in piedi. E' un vero ostacolo, del quale stranamente si parla molto poco. Per essere rimosso non occorrerebbero ruspe o scavatrici, neppure si dovrebbero istituire particolari corsi di approfondimento.
Si tratta delle LINEE TELEFONICHE. Il malcapitato che proviene dalla Slovenia ed entra in Italia deve attendere qualche ora - o almeno una ventina di chilometri se si veleggia verso il casello autostradale di Villesse - prima che si ristabiliscano le normali potenzialità del roaming. Nel frattempo non riesce a telefonare, non gli funziona internet, non può usare applicazioni utili come easy park perché la linea non c'è o è intermittente. Lo stesso vale per l'italiano che è andato a qlandia o semplicemente a far benzina, quando rientra non si raccapezza più.
Non si sa bene perché, ma in molte parti d'Italia il "campo" lascia molto a desiderare. Lo sa bene chi percorre la Costiera verso Trieste o si aggira tra le strade della Bassa Friulana. Non parliamo poi dei treni, dove a ogni "buco nella rete" si innalzano al cielo una lunga serie di improvvisi e condivisi rosari.
Il fenomeno è meno evidente al contrario, quando si entra in Slovenia, passata la frazione di spazio e tempo necessario al cambio di cellula, tutto sembra funzionare a meraviglia.
Ordunque, sarà possibile che le reti cellulari abbattano i rispettivi confini e che i poveri diavoli che arrivano in Italia possano continuare a conversare al telefono o navigare in internet senza doversela prendere con chissà chi, per l'improvvisa scomparsa della voce dell'interlocutore e per la sua sparizione di lunga durata? Capitale della Cultura sì, ma rendiamo possibile una condivisione delle "celle" in una fascia chilometrica almeno simile a quella della vecchia, cara "prepustnica"!
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