lunedì 7 ottobre 2024

L'ora del Satyagraha, la nonviolenza attiva

 

Sono tanti, anzi tantissimi i Paesi in guerra. Centinaia di migliaia di persone stanno morendo, in conflitti dei quali si parla tanto e in altri che non sembrano interessare a nessuno, se non a chi li combatte.

Il problema è la violenza, con la cavernicola pretesa che essa possa in qualche modo servire a risolvere i problemi esistenti fra le persone e i popoli. 

Ci sono dei momenti nei quali un'ombra di disperazione e di impotenza sembra stendersi sui destini degli umani. La violenza domina le relazioni, a livello interpersonale e internazionale, non sembra esserci possibilità di tregua.

La giornata odierna ricorda un terribile atto di violenza, preceduto da 75 anni di oppressione violenta e seguito da una sanguinosa guerra drammatica, della quale sembra non essere all'orizzonte la parola fine.

L'unico modo per celebrare la memoria dei caduti, in Israele, in Gaza, in Libano, in Iran e in tutte le parti del mondo, è riprendere in mano il cammino del Satyagraha, la nonviolenza attiva propugnata in epoca moderna da Gandhi, ma già preconizzata nella bibbia ebraica, nei testi coranici e nel vangelo di Gesù. "Porgi l'altra guancia" è tutt'altro che l'invito a rassegnarsi di fronte alla prepotenza dell'offensore. E' invece l'azione concreta di ribellione, quella che costringe chi vuole picchiare o uccidere a ritrovare la dimensione della propria umanità.

La regola del futuro è quella secondo la quale chi apparentemente vince in realtà perde e chi sembra perdere in realtà vince. Il che è una traduzione del concetto "chi vorrà salvare la propria vita la perderà e chi la perderà per la causa della Pace vera, la troverà". Vive chi muore e muore chi vive, come direbbe il grande Michelstaedter invitando a essere persuasi e a rifiutare la retorica.

Ma come mettere la questione se si esce dalla scelta di una testimonianza personale e ci si trova di fronte alla necessità di salvare dall'oppressione i soggetti più deboli e fragili? Io posso anche accettare di morire piuttosto che uccidere. Ma se di fronte a me vedo un atto di violenza nei confronti di un bambino o di un povero inerme, ho il dovere di intervenire, anche nel caso in cui per stornare la minaccia non ci sia altro mezzo che la coercizione fisica?

Sono domande terribili, che interpellano le coscienze e anche spesso le sconvolgono, come accaduto al grande pastore e pensatore protestante Dietrich Bonhoeffer, sospeso tra la convinzione pacifista e la scelta di attentare a Hitler. Con la proposta di un'etica della situazione in grado di responsabilizzare al massimo sviluppo l'intelligenza umana, Bonhoeffer sceglie il rischio e mette in discussione anche la sua convinzione più profonda, ritenendo così di poter evitare all'umanità intera ulteriori immense sofferenze, oltre a quelle già fino a quel momento provocate dal dittatore nazista. L'attentato, come si sa, non sortì l'effetto sperato e il giovane perse la propria vita a Buchenwald, lasciandoci una testimonianza di straordinaria umanità. Le sue lettere dal carcere, raccolte sotto il titolo di Resistenza e Resa, sono uno dei pilastri capisaldi della letteratura mondiale del XX secolo.

Allora che fare? Sperare contro ogni speranza, direbbe Paolo di Tarso. Ma concretamente significa diffondere la teoria della nonviolenza attiva, contestare le scorciatoie che prevedono l'uccisione e l'assassinio, sotto forma di terrorismo - l'unica arma efficace dei poveri - o di bombe a grappolo che devastano i corpi di decine di migliaia di bambini. Credere nel dialogo e nella trattativa significa imparare dai martiri di ogni tempo a dare la propria vita perché la violenza sia bandita dalla società, la guerra diventi un lontano ricordo e scompaiano la armi dall'orizzonte del mondo.

E' un illusione o è una possibilità reale? E' la basagliana utopia della realtà, che legge l'etimologia del vocabolo premettendo l'eu e non l'ou, il "bel luogo" e non il "non luogo". Se il Pianeta sarà il "bel luogo" della nonviolenza rovescerà il capitalismo liberista, vera fonte di ogni sofferenza e sopravvivrà, in caso contrario il suo destino sarà quello di essere un "non luogo" e la morte globale avrà la sua ultima, tragica parola.

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