domenica 21 luglio 2024

A Komenda, nel paese di Pogačar

 

Dopo quattro anni, eccoci di nuovo a Komenda. L'altra volta non lo conosceva quasi nessuno e la lotta con Roglič, vinta all'ultimo chilometro, aveva diviso i tifosi sloveni. C'era un clima elettrizzante, un misto di sorpresa e stupore, stemperati da un buon bicchiere di spumante offerto per un brindisi liberatorio a risultato ottenuto.

Questa volta il luogo del raduno era più organizzato, ormai il loro "Pogi" è una stella dello sport planetario. Il suo trionfo al Giro d'Italia aveva riportato in auge l'interesse sopito per il ciclismo, il suo atteggiamento da asso pigliatutto al Tour de France ha confermato che ci si trova davanti a un fenomeno. Certo, i ripetuti eventi degli ultimi decenni non riescono a fugare del tutto dubbi relativi ai mezzi che trasformano un buon pedalatore in "monstre". Tuttavia il sorriso rassicurante, le parole sagge e l'autentica gioia di vivere dimostrata dal Tadej nazionale sembrano soffiare come la bora sulle nuvole dell'incertezza.

E per un giorno le guerre nel mondo, le preoccupazioni per il domani, il candidato democratico alle prossime presidenziali americane, la violenza, il razzismo e l'egoismo dilaganti ovunque, vengono messi da parte. Tra una birra e un piatto di patatine forniti a ritmo industriale dai bravissimi gestori del Rifugio Alpino, nei boschi a un paio di chilometri dal paese, gli occhi e il pensiero di tutti sono incollati all'uomo in giallo. Divora i chilometri come se fossero noccioline, salendo a mille all'ora e scendendo suscitando l'impressione di rompersi da un momento all'altro l'osso del collo. E invece no.

Uno dopo l'altro arrivano gli avversari, accolti sempre da uno sportivo applauso, ma quando arriva Lui, tutti si alzano i piedi, al grido reiterato di "Pogi, Pogi", le mani alzate al cielo quasi ad accompagnare il gesto del Vincitore. Lo sconfitto - il bravissimo Vingegaard - prorompe in un inatteso pianto dirotto, dovuto alla stanchezza e alla delusione, prontamente consolato dalla moglie e dai compagni di squadra. E' la dura legge dello sport, ieri hai vinto, oggi hai perso, devi fartene una ragione!

L'entusiasmo è molto contenuto, perfino quando viene suonato l'inno sloveno in onore di Pogačar e della sua Nazione, tutti sì, ovviamente si alzano in piedi e cantano, ma in modo sommesso e discreto, quasi a non voler disturbare. Niente esagerazioni, niente eccessi, Komenda e dintorni non sono in vacanza, non ci si può permettere di stancarsi troppo, domani si va a lavorare!

E' probabile che il paese della Gorenjska riservi al suo eroe un'accoglienza meravigliosa e una festa trionfale. Tuttavia la sobrietà di questa sera rimarrà nel ricordo, come il segno della bellezza di un'umanità semplice che, anche di fronte a una performance eccezionale come quella del vincitore di tre Tour e quest'anno della prestigiosa accoppiata Giro/Tour, riesce a mantenere la calma e a esprimere con semplicità soltanto una grande gioia e un timido orgoglio.

Detto questo, non resta che dire: čestitke Tadej in čestitke Slovenija!

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