domenica 28 luglio 2024

Nessuno scandalo alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi

Se non ci fosse stata la polemica sulla presunta parodia dell'Ultima Cena, non avrei dato alcuna importanza alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici a Parigi. Avendo letto un diluvio di opinioni e relativi commenti, ho cercato su you tube l'evento e l'ho trovato in forma integrale. Da quanto se ne è scritto e parlato, ho pensato che quella scena fosse dominante, dall'inizio alla fine. Scorrendo avanti e indietro, alla fine sono riuscito a trovarla, neppure due minuti in una trasmissione durata oltre quattro ore. Mi sono fatto un'opinione del tutto personale, che (come sempre) non pretendo affatto sia condivisa.

L'inaugurazione dei Giochi è un rito che ha tante caratteristiche e che vuole essenzialmente rinverdire in parte il mito delle Olimpiadi antiche e moderne, in parte quello del Paese ospitante. Da questi punti di vista, sia pur con un sfarzo e un eccesso di "grandeur" difficili da evitare nella "ville lumiere", lo spettacolo è stato all'altezza della solennità del momento. Con un linguaggio scenografico e musicale, influenzato dalle correnti artistiche del momento, sono stati declinati al tempo presente i concetti fondamentali della Rivoluzione del 1789, liberté. egalité et fraternité, opportunamente ampliata con sororité. Non sono mancati i riferimenti alle tragedie dell'oggi, dalle guerre in atto alla constatazione dell'assenza di Nazioni importanti come la Russia. E' stato apprezzato e applaudito il passaggio della delegazione sportiva dei rifugiati e profughi di tutto il mondo.

Insomma, fin qua tutto bene. C'è chi si ingegna nel sostenere che si sia trattato di un'esaltazione della laicità, che ha soltanto soffiato al cristianesimo i principi di umanità appena richiamati. Al di là del trascorrere di ogni rivoluzione nello scorrere ordinario e spesso drammatico della storia, che male ci sarebbe se effettivamente la presa della Bastille abbia effettivamente restaurato dei capisaldi etici che sicuramente il cristianesimo - almeno in parte - aveva da lungo tempo dimenticato?

E ora, la pietra dello scandalo. Un cantante seminudo scaturisce da un piatto adornato con tinte e forme caravaggesche. Rappresenta l'inconfondibile Dioniso, il dio del vino, della danza, dell'ebbrezza, della gioia vissuta fino allo stordimento. Alle sue spalle si svolge un'ultima cena del tutto attualizzata, tesa a collegare la forza dionisiaca con la rivelazione cristiana dell'Amore universale. Il richiamo a Leonardo è evidente, così come non è altrettanto evidente ai critici che anche l'opera del grande artista aveva suscitato scandalo, in quanto del tutto eccedente rispetto ai canoni codificati del suo tempo. Personalmente, ritengo che la brevissima rappresentazione nell'ambito della chilometrica festa di Parigi, lungi dall'essere sacrilega o irrispettosa di chicchessia, sia stata la riproposizione di un delicato convincimento. Dalla mitologia greca, attraverso l'annuncio cristiano e il riconoscimento dell'impresa filosofica della post-modernità, si uniscono misteriosamente la forza della vita e l'ineluttabilità della morte, riscoprendo come chiave di volta onnicomprensiva la divinizzazione dell'amore. Non è anche     questo un acquisto significativo dal cristianesimo delle origini che arriva a identificare la condivisione dell'esistere (in greco αγαπη) con il nome stesso di Dio (cfr.1Gv.4,16)?

Quindi nessuno scandalo! E non solo perché senza quella scenografia si sarebbe parlato per breve tempo delle spettacolari esibizioni di Axelle Saint-Cirelle o di Celine Dion, dell'opportunità di assegnare il fuoco olimpico a un calciatore come Zidane e di poco altro. E' stata proprio questa che alcuni hanno definito una provocazione a creare un'occasione inattesa di riaccendere i riflettori sul tema della fede, delle religioni e della spiritualità. Esse hanno ancora un posto importante nella storia delle persone, come fondamento di una vita votata all'amicizia, alla bellezza, alla gioia e alla pace. Non è un caso che a dar fuoco alle polveri sia stata soprattutto la destra politica europea, evidentemente ripiegata su posizioni di difesa di un'identità di fatto inesistente - a cominciare da Salvini e seguaci - quella destra cioè che, contro la postmodernità e la valorizzazione delle diversità culturali, strumentalizza il cristianesimo, della realtà del quale non conosce praticamente nulla.

domenica 21 luglio 2024

A Komenda, nel paese di Pogačar

 

Dopo quattro anni, eccoci di nuovo a Komenda. L'altra volta non lo conosceva quasi nessuno e la lotta con Roglič, vinta all'ultimo chilometro, aveva diviso i tifosi sloveni. C'era un clima elettrizzante, un misto di sorpresa e stupore, stemperati da un buon bicchiere di spumante offerto per un brindisi liberatorio a risultato ottenuto.

Questa volta il luogo del raduno era più organizzato, ormai il loro "Pogi" è una stella dello sport planetario. Il suo trionfo al Giro d'Italia aveva riportato in auge l'interesse sopito per il ciclismo, il suo atteggiamento da asso pigliatutto al Tour de France ha confermato che ci si trova davanti a un fenomeno. Certo, i ripetuti eventi degli ultimi decenni non riescono a fugare del tutto dubbi relativi ai mezzi che trasformano un buon pedalatore in "monstre". Tuttavia il sorriso rassicurante, le parole sagge e l'autentica gioia di vivere dimostrata dal Tadej nazionale sembrano soffiare come la bora sulle nuvole dell'incertezza.

E per un giorno le guerre nel mondo, le preoccupazioni per il domani, il candidato democratico alle prossime presidenziali americane, la violenza, il razzismo e l'egoismo dilaganti ovunque, vengono messi da parte. Tra una birra e un piatto di patatine forniti a ritmo industriale dai bravissimi gestori del Rifugio Alpino, nei boschi a un paio di chilometri dal paese, gli occhi e il pensiero di tutti sono incollati all'uomo in giallo. Divora i chilometri come se fossero noccioline, salendo a mille all'ora e scendendo suscitando l'impressione di rompersi da un momento all'altro l'osso del collo. E invece no.

Uno dopo l'altro arrivano gli avversari, accolti sempre da uno sportivo applauso, ma quando arriva Lui, tutti si alzano i piedi, al grido reiterato di "Pogi, Pogi", le mani alzate al cielo quasi ad accompagnare il gesto del Vincitore. Lo sconfitto - il bravissimo Vingegaard - prorompe in un inatteso pianto dirotto, dovuto alla stanchezza e alla delusione, prontamente consolato dalla moglie e dai compagni di squadra. E' la dura legge dello sport, ieri hai vinto, oggi hai perso, devi fartene una ragione!

L'entusiasmo è molto contenuto, perfino quando viene suonato l'inno sloveno in onore di Pogačar e della sua Nazione, tutti sì, ovviamente si alzano in piedi e cantano, ma in modo sommesso e discreto, quasi a non voler disturbare. Niente esagerazioni, niente eccessi, Komenda e dintorni non sono in vacanza, non ci si può permettere di stancarsi troppo, domani si va a lavorare!

E' probabile che il paese della Gorenjska riservi al suo eroe un'accoglienza meravigliosa e una festa trionfale. Tuttavia la sobrietà di questa sera rimarrà nel ricordo, come il segno della bellezza di un'umanità semplice che, anche di fronte a una performance eccezionale come quella del vincitore di tre Tour e quest'anno della prestigiosa accoppiata Giro/Tour, riesce a mantenere la calma e a esprimere con semplicità soltanto una grande gioia e un timido orgoglio.

Detto questo, non resta che dire: čestitke Tadej in čestitke Slovenija!

domenica 14 luglio 2024

Giuseppe Tornatore, premio Amidei all'Opera d'Autore

 

Giuseppe Tornatore (foto Giuseppe Longo)
Il premio internazionale alla miglior sceneggiatura cinematografica Sergio Amidei, si svolge a Gorizia da ben 43 anni. E' uno straordinario appuntamento, dal punto di vista culturale senz'altro uno dei più importanti dell'anno, che ha consentito alle cittadine e ai cittadini - da sempre in questo caso senza confini - l'occasione di vedere film meravigliosi e incontrare alcune fra le grandi personalità del cinema mondiale.

E' in pieno svolgimento in questi giorni, tra l'11 e il 17 luglio. Proprio ieri è stato assegnato il premio Amidei all'opera d'autore al Maestro Giuseppe Tornatore, il regista di film indimenticabili come Nuovo Cinema Paradiso, Malena, La leggenda del pianista sull'Oceano, meravigliosa rielaborazione del bel libro di Alessandro Baricco intitolato Novecento e tanti altri. Contemplare le immagini e partecipare idealmente ai dialoghi, significa entrare negli aspetti più veri e profondi della nostra storia personale, italiana ed europea.

E' un altro tassello nello stupendo mosaico che il festival Amidei sta realizzando anno dopo anno, a Gorizia e Nova Gorica, aiutando a crescere culturalmente e umanamente il territorio. Mente e cuore di questa e di mille altre iniziative legate al cinema, insieme a decine di collaboratori, è Giuseppe Longo, che da questo blog ringrazio con tutto il cuore anche per la fotografia che mi onora e rallegra. 

sabato 6 luglio 2024

Settimana sociale dei cattolici a Trieste: benvenuto papa Francesco!

 

Con la visita e il discorso di papa Francesco, si conclude la Settimana Sociale dei Cattolici che si è tenuta a Trieste in questi ultimi giorni. 

L'eco dei vari interventi - dal presidente della Repubblica Mattarella al presidente della Conferenza Episcopale Italiana Zuppi - insieme a quella delle mille esperienze "di strada" presenti un po' ovunque in città, rimbomba in Italia e nel mondo suscitando una sensazione di grande positività.

O meglio, la Chiesa del tempo di papa Francesco, almeno in Italia, sembra riunirsi, accogliendo la chiamata a una vera e propria crociata di pace, incentrata sull'antimilitarismo, su una sorta di anticapitalismo riformista, sull'accoglienza illimitata dell'altro in quanto persona, sul sostegno a una democrazia che abbia come base la tutela del bene e dei beni comuni.

E' evidente che tali posizioni in parte spiegano l'opposizione crescente alla linea dell'attuale pontefice argentino. Posizionare la comunità cattolica sul fronte avanzato della giustizia e della libertà, privilegiando il sociale piuttosto che il privato, fa scattare immediatamente la reazione di chi ritiene che la Chiesa non si debba ridurre alla stregua di un qualsiasi partito politico, ma debba salvaguardare i valori fondanti della sua spiritualità. Il paradosso è abbastanza evidente: il Papa, richiamando una spiritualità cristiana molto profonda, più vicina al protestantesimo del XX secolo che al magistero dei suoi immediati predecessori, fonda l'impegno per l'Uomo - in tutte le sue dimensioni - sulla base del vangelo e viene accusato di materialismo. I suoi oppositori, richiamandosi a una lettura unilaterale dei testi fondanti e soprattutto a una tradizione della Chiesa decisamente vetusta e fuori dalla storia, lo accusano di trascinare la cristianità verso una vera e propria evaporazione.

E' molto significativa la vicenda della Madonna di Linz. Di cosa si tratta? Di una totalmente inedita, a parere di chi scrive meravigliosa opera d'arte che ritrae Maria nel momento del parto - sofferente come ogni altra donna, dentro le immagini e i colori dell'iconografia classica. Il vescovo di Linz l'ha fatta collocare nella grande cattedrale della città austriaca. Apriti cielo. Da una parte si è tuonato contro la bestemmia, dall'altra si è sostenuto la necessità di ripresentare la fede cristiana in  modo comprensibile al mondo attuale. La violenza di chi non ci sta - supercattolici tradizionalisti sostenuti dalle destre agnostiche europee - è arrivata fino a tagliare la testa della statua, un segno inquietante dell'ottusità ma anche della pericolosità di chi rimane ancorato a un passato che ormai non potrà mai più tornare.

La settimana triestina richiama tutto ciò e in fondo non c'è niente di nuovo. Il buon Cromazio fa costruire una nuova chiesa e nuovi mosaici sulla primitiva basilica teodoriana aquileiese perché i mosaici originari erano diventati scandalosi, troppo legati alla quotidianità per comunicare un Mistero che - almeno così la pensavano - con Teodosio aveva trovato modo di giungere fino a determinare la ordinarie vicende dell'uomo e della storia.

Papa Francesco riporta la chiesa alla dimensione delle origini e al centro della sua riflessione non c'è la teoria, ma la pratica, o meglio la prassi, come dicevano i dimenticati sociologi del '68 europeo. E' del tutto vero che in questo modo mina le fondamenta della chiesa imperiale postcostantiniana, ma è un rischio da correre. E non sarà indolore. Una chiesa che si china sulle ferite dell'umanità non avrà bisogno di fuffignessi come l'8 per mille o i mille privilegi tuttora esistenti. Entrerà sommessamente e semplicemente nella storia, riportando al cuore della democrazia la ventata di una Speranza trascendente e per questo incontrollabile, quella della vittoria definitiva della vita sulla morte. E' la forza di questa speranza a portare anche i cattolici a lottare per un'autentica democrazia, radicata nella ricerca di un'identità multipla ideale e svincolata dalla mera e squallida voglia di Potere.

Forse tra breve non avranno più senso le settimane "dei cattolici" e forse il gigantesco potere che ancora caratterizza la Chiesa in Italia e nel Mondo sarà messo in discussione e forse addirittura sarà spazzato via dalla storia. Sarà in quel momento che la testimonianza di chi crede nell'evento irripetibile della Risurrezione potrà ritrovare dentro e fuori di sé l'inarrestabile forza del potere dei senza potere. C'è ancora qualche passo da fare, ma il futuro è più vicino di quanto non si possa pensare!

martedì 2 luglio 2024

Un nuovo ruolo delle religioni per la pace

 

La parola Islam contiene la radice del termine shlm, nella quale è facile riconoscere il riferimento al concetto di "pace".

E' fin troppo immediato riconoscere come il testo sacro del Koràn, come tutti i fondamenti spirituali della religione musulmana, siano essenzialmente improntati alla realizzazione della pace interiore ed esteriore. 

Certo, come è accaduto e purtroppo ancora accade all'ebraismo e al cristianesimo, la traduzione dei principi spesso si è accompagnata a un'interpretazione restrittiva dei testi e soprattutto a una pericolosa politicizzazione della pretesa di essere detentori della Parola dell'Assoluto.

E' interessante notare che in ogni caso le tre vie religiose - sempre diversificate al loro interno da mille diverse concezioni e confessioni - sono accomunate dalla proibizione di nominare o farsi immagine del divino. Tale condizione dovrebbe preservare ogni potere umano dal pretendere di farsi incarnazione nella storia del Dio che invece trascende ogni spazio e ogni tempo. La dichiarazione dell'assolutezza e della non piena conoscibilità di Dio - qualunque nome metaforico gli si attribuisca - dovrebbe condannare qualsiasi imperialismo, ovvero qualsiasi pretesa dell'uomo di sostituirsi a Dio, con tutte le conseguenti tragedie.

Per millenni le religioni dell'assoluto si sono drammaticamente poste come ispirazione di mattatoi provocati dall'appartenenza all'uno o all'altro schieramento portante il vessillo "in nomine Dei". Negli ultimi secoli, con la creazione degli Stati Nazionali e con il diffondersi del veleno del nazionalismo, non ci si è più scannati "in nomine Dei", ma "in nomine Patriae", ovviamente come sempre con i poveri immolati sull'altare del Dio denaro dai pingui e felici sacerdoti del capitalismo. Le religioni sono diventate scuse piuttosto fragili, al punto da non saper coniugare appartenenza spirituale e nazionale, divenendo grottesco sostegno di eserciti formati da persone votate a diverse forme religiose, pronte a fare strage di "nemici" che utilizzavano (e utilizzano) armi benedette dalle guide delle stesse comunità religiose, cattolici contro cattolici, protestanti contro protestanti, cristiani romani contro cristiani uniati e ortodossi, musulmani contro musulmani e così via.

Cosa devono fare allora le religioni? Probabilmente prendere atto - senza drammi e forse anche con un senso di profonda liberazione - di essere state marginalizzate dal neoliberismo imperante. La loro forza potrebbe essere proprio al loro attuale debolezza. Potrebbero, rigorosamente insieme, rinunciando all'assolutezza del "proprio" Dio per accogliere con convinzione la consapevolezza della sua irriducibile e inconoscibile "unicità". E in questa rinuncia creativa le religioni possono portare effettivamente un messaggio di speranza, tanto più forte quanto più svincolato da interessi di parte.

Tale messaggio potrebbe incentrarsi su una parola cara a tutte le tradizioni mediterranee e non solo: la misericordia. Nell'Islam è uno dei tanti nomi di Dio (ma quello più vero nessuno lo può conoscere) e il termine arabo che lo rappresenta, corrisponde all'utero materno, il luogo attraverso il quale ogni essere umano è transitato per venire al mondo. L'annuncio di una dimensione di misericordia generativa potrebbe essere il fondamento di una nuova concezione dell'umanità e delle sue relazioni. Nel termine misericordia ci si può riconoscere tutti - credenti o non credenti - come espressione del bisogno profondo che alberga in ogni cuore e come atteggiamento di costruzione di una nuova società fondata sull'azione del "miseris cor dare".

Insomma, invece di temerlo e ostacolarlo, l'Islam richiede di essere conosciuto in tutte le sue espressioni e di non essere ridotto a una frangia di interpreti "violenti", infinitesimale frazione all'interno di un Oceano di profonda spirituale bellezza.