Francesco, Vescovo di Roma, quando aveva 42 anni "ha incontrato" (sic!) una psicoanalista per sei mesi. Questa notizia è balzata subito nella prima pagina dell'effimero circo mediatico. Ma cosa c'è di strano? La psicoanalisi non è certo più un tabù, se ne parla con ordinario rispetto nelle Università Pontificie, ci sono tanti psicoanalisti cattolici e anche tanti preti che svolgono tale professione. E' poi noto che molte religiose e molti religiosi ricorrono allo psicoanalista: come tanti altri esseri umani, vivono situazioni difficili e spesso sono chiamati a condividere momenti drammatici delle altrui esistenze, è normale che ci sia bisogno di un consiglio e di un accompagnamento.
La domanda quindi è un'altra, perché Francesco abbia sentito l'esigenza di raccontare un particolare della sua vita, ben sapendo che tale suo racconto avrebbe offuscato il resto di una peraltro molto interessante intervista. Si trattava forse di sdoganare definitivamente e autorevolmente la psicoanalisi nella Chiesa? Perché non dirlo esplicitamente traendo le conclusioni dalla propria esperienza personale, senza temere di chiamare "cura" (invece che "consulto per chiarire alcune cose") gli incontri settimanali e senza raccontare gli sviluppi privati del suo rapporto con la psicoanalista ebrea che lo avrebbe chiamato poco prima di morire?
Questo particolare rivela la forza e la debolezza di papa Bergoglio. La forza sta nell'aprire nuove strade e nell'abbattere antiche mura (a volte peraltro già demolite da altri con meno scalpore). La debolezza sta nel non incamminarsi con convinzione e decisione lungo le vie intravviste. In questo modo le buone intenzioni si scontrano con le fragilità dei fondamenti teologici e con la ritrosia al cambiamento delle norme del diritto canonico. In questo modo Francesco indica in se stesso l'esempio di una Chiesa cattolica davvero "universale", ecumenica, aperta al dialogo con tutti, libera, accogliente, simpatetica ed empatica. Tuttavia tale forza innovativa non diventa vera "riforma" perché nel momento della decisione vincolante viene ritirata la mano che ha lanciato il sasso.
E così non c'è il rischio di una frattura perché questa c'è già ed è evidente, ma della mancanza di un punto di riferimento da accogliere da parte di chi ritiene giunto il momento di una conversione radicale alla Scrittura delle origini o da rifiutare da parte di chi ritiene una sciagura l'abbandono della traccia di una Tradizione ritenuta ben più infallibile della stessa parola del Fondatore.
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