E' un po' angosciante rilevare che su ogni argomento oggi ci si possa schierare da una parte o dall'altra con enorme passione e (quasi sempre) scarsa competenza o informazione. E' venuta meno quella sana capacità di dubitare che un tempo veniva descritta come potenzialità di pensare con la propria testa.
Si tratti di migrazioni o di vaccini, di Trump o di politica italiana, di sport o di letteratura, sembra impossibile non doversi dichiarare o totalmente da una parte o totalmente dall'altra. Si creano così le condizioni per una vera e propria guerra civile, per ora per fortuna confinata ancora a livello di violenza verbale.
Il linguaggio di chi si pronuncia contro l'accoglienza è ormai letteralmente disumano (l'altro è il nemico che si comporta in modo bestiale, che deve essere "neutralizzato" e non ha alcun diritto di cittadinanza fra gli esseri "civili") e costringe chi ritiene che ogni essere umano abbia uguali diritti e doveri in questo mondo a combattere la xenofobia con l'esterofilia, il razzismo con il mito della bontà innata di ogni essere umano, tanto più se non corrotto dalle spire del serpente capitalista.
Chi sostiene la necessità dei vaccini è costretto a favorire una legge imposta per decreto al Parlamento e in molte parti priva di buon senso, chi invece sottolinea la pericolosità dei vaccini prende posizioni prossime all'aggressione fisica per contestare le norme ritenute penalizzanti la salute dei bambini. Gli uni e gli altri spesso procedono da casi specifici, senza cercare un fondamento autenticamente scientifico alle proprie posizioni, escludendo a priori che dall'una e dall'altra parte ci possano essere delle buone ragioni in grado di consentire un onorevole soluzione il più possibile vicina alle esigenze della salute e della democrazia.
Quello che si è perso - forse è un effetto del bipolarismo degli anni passati - è il ragionamento politico e democratico, quello cioè teso a cercare dei percorsi condivisi tra diversi orientamenti di pensiero. La logica del "vinca chi è più forte" rischia di costringere il dibattito negli angusti spazi dei media, anch'essi rigorosamente schierati dall'una o dall'altra parte.
La scuola, il mondo della cultura e quello delle amministrazioni virtuose potrebbero essere palestre di inversione di questa tendenza. Le idee possono essere diverse, ma non necessariamente antitetiche e contrapposte, l'ambito del riconoscimento della comune umanità potrebbe essere davvero quello nel quale ricondurre il conflitto fuori dalle pastoie della violenza e dentro i meandri dell'intelligenza.
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