mercoledì 28 maggio 2025

La Striscia di Gaza

 

La Striscia di Gaza è un territorio molto piccolo, 365 kmq, abitato da quasi 2.500.000 persone. Per rendersi conto delle dimensioni, l'ex provincia di Gorizia, una delle meno estese in Italia, conta 466 kmq ed è abitata da meno di 140.000 cittadini.

Già dalla cartina annessa, tratta dall'interessante e toccante volume di Nandino Capovilla e Betta Tusset, Sotto il cielo di Gaza, si può  intuire che la situazione attuale non è il frutto dei tragici eventi del 7 ottobre 2023, ma di un'irrisolta questione politica e sociale.

Non c'è  un libero accesso al mare, un altissimo muro circonda l'intero confine con Israele, la frontiera con l'Egitto è quasi insormontabile, il terreno è desertico, non si possono costruire industrie, non si può fuggire dall'enclave, un terzo della popolazione è costituita da profughi da altre zone altrettanto devastate.

Come è possibile sopravvivere in queste condizioni? Come trovano il pane quotidiano milioni di esseri umani ai quali è preclusa qualsiasi possibilità di lavoro, di impegno, di contatto con chi vive al di là della barriera di separazione? Come cercare di attirare l'attenzione del mondo, quando i media planetari sono ingaggiati per presentare un unico punto di vista sul reale?

Gli atti odiosi connessi a una guerra interminabile, praticamente a senso unico, hanno portato alla morte di decine di migliaia di persone. "C'è stato un bombardamento anche questa notte, una cinquantina le vittime palestinesi" - gracchia la radio suscitando qualche istante di tristezza nell'automobilista concentrato. Una cinquantina di esseri umani ha finito violentemente la sua vita, non c'è più, è sprofondata nel nulla. E così ogni giorno, ogni notte... Un terrore continuo, fine pena mai.

E poi la storia della dottoressa di Gaza che ha perso in un solo colpo 9 dei suoi 10 figli, l'ultimo nato solo qualche mese fa. E poi le immagini della bambina che quasi con calma rassegnata cerca di lasciare la sua scuola in fiamme. E le case azzerate dai bombardamenti, gli ospedali sventrati, i centri di raccolta colpiti, i mercati distrutti, gli aiuti umanitari impediti...

Qui non c'entrano niente la Shoah o i diritti degli ebrei, la catastrofe dei campi di sterminio è una macchia che oscura la storia dell'umanità e come tale resterà nella memoria per sempre. Qui c'entra la miopia di un governo fascista - anche se votato a maggioranza dagli israeliani - quello di Netanyahu e la soggezione dei potentati del mondo, incapaci di mediare una pace giusta e duratura.

E' terribile sentirsi impotenti, in questa situazione. Non servirà forse a molto, ma il grido di protesta popolare può forse essere  l'unico strumento utilizzabile per cercare di cambiare le cose. Sempre che si sia ancora in tempo, perché non è difficile prevedere che questa drammatica instabilità possa risvegliare forme di violenta reazione - o di resistenza, dipende dai punti di vista - in grado di coinvolgere obiettivi sensibili e civili in tutto il cosiddetto Occidente.

Che ci si fermi, finché si è in tempo!

martedì 27 maggio 2025

Buon compleanno, don Lorenzo Milani (27.05.1923 - 26.06.1967)

 

Avrebbe 102 anni, ma il suo messaggio è ancora tremendamente giovane e attuale.

Don Lorenzo Milani è nato il 27 maggio 1923, è cresciuto in un ambiente culturalmente avvincente, prima di decidere improvvisamente di diventare prete. Tale situazione privilegiata sarà sempre per lui una sfida, sollecitando il desiderio di riuscire a passare "per la cruna dell'ago", cosa che secondo l'insegnamento di Gesù sarebbe quasi impossibile a un ricco. Tuttavia l'ambiente familiare gli è rimasto molto impresso, soprattutto il rapporto con la madre, raccolto in un meraviglioso epistolario nel quale si può scoprire l'anima più profonda e intima del grande sacerdote fiorentino. 

Il suo ministero, improntato fin dall'inizio alla comunicazione del vangelo attraverso l'insegnamento della parola, fin dall'inizio si è caratterizzato per un'originalità e un'intelligenza ancora oggi sorprendenti.

A San Donato a Calenzano ha realizzato una scuola popolare che si è trasformata subito in un centro di Cultura. I giovani hanno lasciato i giochi degli oratori e della case del popolo per ascoltare testimonianze e confrontarsi con i maggiori temi sociali e politici dei primi anni '50. Da quell'esperienza, finita con il trasferimento voluto dall'arcivescovo Florit, influenzato dai maggiorenti della Democrazia Cristiana del mondo fiorentino, nascerà uno splendido libro, "Esperienze Pastorali", ancora oggi straordinariamente attuale. Si potrebbe aggiungere un purtroppo, visto che dalla pubblicazione sono passati 70 anni!

Trasferito a Barbiana, una canonica una chiesa e case sparse sul monte Giovi nel raggio di una quindicina di chilometri, ha superato subito lo sgomento di trovarsi in un apparente nulla. Ha obbedito a un'imposizione assurda, ma ha saputo trasformare il suo esilio in un'occasione straordinaria di rinnovamento e crescita di una delle zone più povere dell'Italia nella seconda metà del Novecento. 

Ha messo in piedi la scuola, 365 giorni all'anno per 24 ore al giorno. C'erano lezioni del priore, incontri con grandi personalità della Cultura, dibattiti su qualsiasi argomento importante, lettura quotidiana dei giornali. Non mancava l'insegnamento del catechismo, secondo un metodo molto efficace, legato alla presentazione storica dei personaggi e alla contestualizzazione delle parole. I bambini camminavano anche quattro ore al giorno per andare a scuola - non c'erano strade ma solo impervi sentieri - molti si fermavano a dormire nella povera canonica, aiutati e sorretti anche da Eda Pelagatti, la brava "perpetua" di Barbiana. La scuola era una semplice stanza, al centro c'era la famosa scritta "I care", "mi interessa, mi sta a cuore, "il contrario del motto fascista me ne frego" - usava ripetere don Lorenzo.

Dalla scuola sono nati due degli scritti più noti, Lettera a una professoressa e l'obbedienza non è più una virtù (ma la più subdola delle tentazioni). Nel primo si è messo in discussione il sistema scolastico italiano, sottolineando come l'incapacità di usare la parola sia lo strumento utilizzato dai potenti per schiavizzare i poveri. Nel secondo, che prende le mosse dal processo subito per vilipendio alle forze armate, si parla dell'eroismo dell'obiezione di coscienza al servizio militare e del coraggio dei disertori che in guerra preferivano morire piuttosto che uccidere dei giovani come loro. Molto interessante è il tema della nonviolenza e la condanna di ogni "guerra giusta", esclusa quella partigiana che ha portato la libertà e la cancellazione del veleno nazifascista.

E' incredibile quanto abbia influito la figura di don Milani nella società, nella chiesa e nella scuola. La sua testimonianza è stata breve, la malattia lo ha colpito nel pieno della sua gioventù e lo ha condotto alla morte a soli 43 anni, il 26 giugno 1967. Ma la sua memoria è più viva che mai. La sua canonica spersa sui monti è diventata meta di pellegrinaggi, recentemente ci sono passati il presidente Mattarella e papa Francesco. Chissà cosa avrebbe pensato don Lorenzo, se qualcuno gli avesse detto che nel luogo in cui era stato inviato per punizione, sarebbe passato perfino il vescovo di Roma, la guida della Chiesa cattolica universale!

Tutto questo e molto altro ricorderemo domani, presso Fondazione Friuli a Udine, alle ore 18, per iniziativa di quella bella associazione che è quella dei Toscani in Friuli. Veramente una bella occasione per ricordare e conoscere meglio il Priore di Barbiana, colui che ha scelto di essere sempre "dalla parte dell'Ultimo".  

martedì 20 maggio 2025

Quando una luce di pace?

 

Sembra proprio che l'umanità sia finita dentro un tunnel e, pur vedendo la luce, non riesca a venirne fuori.

Quello che sta succedendo a Gaza è assolutamente inaccettabile e ingiustificabile. No, non si dica che la causa è Hamas o che non si condannino sufficientemente gli attentati del 7 ottobre 2023. No, perché ciò che sta accadendo è totalmente sproporzionato e la sofferenza di migliaia di persone, soprattutto di tantissimi bambini, è uno scandalo che sconvolge lo stesso concetto di essere "umani". No, perché quasi tutti coloro che non possono accettare il genocidio in atto, hanno senz'altro deplorato la violenza che ha portato alla morte tanti giovani innocenti.

Ma come si può accettare il massacro in corso? Cosa si può fare per fermarlo? E' terribile l'impotenza della Comunità Internazionale, non nuova peraltro, ma tragicamente coerente con il sostegno dato a Israele anche di fronte alla distruzione dei villaggi palestinesi, agli insediamenti dei coloni e a ogni forma di persecuzione attuata non da oggi o da ieri, ma da almeno ottanta anni. 

L'altro fronte assurdo è quello dell'Ucraina, dove gli sforzi (?) di pace sembrano voler portare a una soluzione già prospettata ancora prima dell'inizio di questa guerra. Se così fosse, centinaia di migliaia di giovani sarebbero stati sacrificati assolutamente per nulla. Interessante è stata la proposta di negoziare la pace in Vaticano. Certo, sarebbe un bel segnale, anche se bisognerebbe vedere quali prezzi diplomatici dovrebbero poi essere pagati a Trump e agli altri pretendenti padroni del mondo.

Senza volergli dettare l'agenda, forse sarebbe meglio che il nuovo Papa Leone trasformi le parole in azione. Un suo viaggio - o almeno tentativo - a Gaza potrebbe veramente contribuire a rimescolare le carte e a fermare il genocidio. E un suo intervento presso i vescovi e il popolo cattolico di Ucraina potrebbe certamente aiutare a cercare delle soluzioni che vadano oltre al livello prettamente diplomatico. Il suo predecessore sembrava aver intuito che le parole ormai non bastano più, che occorrono i gesti eclatanti. E cosa più sconvolgente di un Papa che si macchia la veste bianca tra le macerie di Gaza?

Anche Nova Gorica e Gorizia, se vogliono davvero essere anche capitale europea della pace, devono darsi una mossa e proporsi come ideale luogo di trattative nel cuore stesso dell'Europa. Dicono di averlo già fatto, ma perché non ripetere la proposta - da parte dei sindaci Turel e Ziberna - di invitare i negoziatori proprio nella Capitale europea della Cultura?

Oppure anche ad Aquileia, crocevia tra nord e sud, este e ovest, pianure sarmatiche e Mediterraneo?

giovedì 15 maggio 2025

IO ANDRO' A VOTARE E VOTERO' SI'

Sì. 

Io voterò con convinzione SI' ai cinque quesiti del referendum che si terrà in Italia l'8 e il 9 giugno. 

Mi sembra giusto sostenere leggi che garantiscano il lavoro, scongiurino i facili licenziamenti, custodiscano il diritto alla sicurezza.

Mi sembra molto giusto che si dimezzino gli anni necessari per l'ottenimento della cittadinanza.

Voterò SI' perché ogni quesito è in linea con le mie idee, la mia concezione della vita, la mia posizione politica.

Detto questo, darei un consiglio d'amico, per far arrabbiare anche i miei compagni di strada.

Concentriamoci in ogni modo possibile sull'invito a votare SI', offrendo tutti gli strumenti necessari per una conoscenza approfondita dei temi e delle conseguenze dell'accettazione o del rifiuto dei quesiti referendari.

Ma non cadiamo nella trappola di identificare l'astensionismo con la mancanza di democrazia. 

Tale accusa, rivolta a chi fa propaganda per il non voto, favorisce proprio ciò che non si vorrebbe: dal punto di vista strategico, i già convinti non hanno bisogno di essere convinti, gli astensionisti apriori ovviamente resterebbero fedeli alla loro idea e gli incerti, infastiditi dall'insistenza sull'andare a votare, probabilmente deciderebbero di non andarci.

Dal punto di vista legislativo, quello del voto referendario non è mai stato un obbligo costituzionale o morale, a differenza di ciò che concerne le elezioni politiche e amministrative. Il "non voto" è di fatto considerato una scelta possibile e democratica quanto votare SI' o no, quella cioè di cassare una proposta referendaria attraverso il non raggiungimento del quorum (che esiste proprio per questo).

Dal punto di vista morale, attenzione a dare lezioni: in ogni referendum c'è stata una posizione astensionista, sostenuta dalla destra o dalla sinistra o dal mondo cattolico, a seconda del quesito referendario. Per esempio, perfino la Conferenza Episcopale Italiana "obbligò" ufficialmente i fedeli cristiani a non andare a votare, in occasione dei referendum relativi alla procreazione assistita! In altre parole tutti - anche Levica in occasione del referendum in Slovenia della scorsa domenica - hanno usato l'astensione come strategia e proposta politica in occasione dei referendum.

Procediamo dunque con decisione e creatività nell'invitare gli elettori a votare SI', ma lasciamo perdere il rilascio di patenti di democrazia. Queste potranno essere revocate a un numero sempre maggiore di cittadine e cittadini, ma per ben altri motivi rispetto all'invito a non partecipare a questo specifico voto.

domenica 11 maggio 2025

Gorici, le/la capitale europea della Pace? Sì, ma come?

 

Mettete dei fiori nei vostri cannoni! Cantavano i Giganti nei gloriosi anni '60. 

Ma come rendere concreta la parola "pace"? Come far sì che "la pace sia con voi" non sia molto più che un saluto all'inizio di una celebrazione?

E' difficile dare risposta a queste domande, ma una realtà concreta da proporre c'è, eccome!

Nova Gorica con Gorizia capitale europea della Cultura. Lo si è detto molte volte, ma dal punto di vista pratico, al di là di qualche pur importante marcia e di un assai interessante convegno, non si è ancora manifestato tutto il potenziale di pace insito nella scelta di nominare punto di riferimento per l'intera Europa una terra straordinaria. Dove la diversità è stata osteggiata e vilipesa, dove è scorso tanto sangue a causa del nazionalismo e del razzismo, ora si vuole porre uno strabiliante segno di come invece essere insieme, uniti nella valorizzazione delle differenza, sia la condizione per generare cultura, arte, accoglienza, autentica umanità.

Ma occorre un ulteriore salto di qualità. Questa/e città senza più barriere deve diventare il luogo in cui decine di migliaia di persone, soprattutto giovani, vengono da ogni parte per gridare il loro no alla guerra, al genocidio di Gaza e a tutti i genocidi, all'assurdo riarmo che sembra una priorità di un'Unione in crisi... Deve diventare il posto ideale per avviare le trattative tra rappresentanti di  popoli in guerra. I sindaci, il gect, GO2025 possono invitare le delegazioni di Ucraina e di Russia, dare la cittadinanza onoraria ai Palestinesi senza Patria, porre grandi segni politici capaci di far saltare sulle sedie i padroni del vapore?

E' da cogliere questa incredibile occasione. Gorici (=le due Gorizia) capitali europee e mondiali della pace. Sono solo parole o ci si può muovere davvero in questo senso? Ma non solo con incontri e convegni per gli addetti ai lavori, ma con un grande investimento per aiutare ogni cittadina e cittadino a essere pienamente consapevole della responsabilità che lo investe, di essere, nel suo piccolo, enorme costruttore di pace nel mondo. 

Basta con le parole, è ora di diventare operativi. Ben vengano concerti e conferenze, ci siano manifestazioni di ogni tipo, con un immenso grazie a chi organizza e promuove. Ma per costruire la dvojna (doppia) città della pace occorre un ulteriore soprassalto di creatività, di idee e di impegno.

giovedì 8 maggio 2025

La pace sia con voi! Da Pietro a Leone XIV

 

Mai come in questa occasione, l'attenzione dei media è stata centrata sul Conclave, evento molto emozionante nella sue essenza tradizionale. 

Pietro è stato la prima guida della chiesa di Roma, fino al martirio, subito nel Circo Vaticano. Il cattolicesimo ha riconosciuto nelle parole attribuite a Gesù nei vangeli, il mandato affidato all'apostolo di essere "pastore" dell'intera comunità ecclesiale.

E' stato sepolto in tutta fretta con la più semplice delle sepolture possibili, la tomba alla cappuccina, quella dei più poveri dei poveri. Il luogo è stato venerato nei primi tre secoli, poi incorporato in uno scrigno di marmo nero voluto da Costantino che ha fatto erigere la prima basilica vaticana. E' stata riaperta dagli studiosi solo nel 1943, dopo lo sblocco degli studi scientifici relativi alle origini cristiane, uno dei casi archeologici più interessanti del XX secolo.

E' impressionante pensare al contrasto tra la semplicità dei primi passi, il coraggio della comunità romana perseguitata nei primi suoi momenti e l'immensa trionfante, sovrastante cupola di Michelangelo e del tempio rinascimentale. Così come è suggestivo immaginare la differenza tra quel primo momento di sofferenza, persecuzione e forza interiore costituito dalla crocifissione di Pietro e il sistema di potere che oggi caratterizza l'elezione del suo successore, accompagnato dalle bande militari e dagli onori riservati a un Capo di Stato.

Ecco, tutto ciò per introdurre la figura e il nome del successore del primo papa Pietro e dell'ultimo Francesco. E' Robert Francis Prevost che ha preso il nome di Leone XIV. Un papa agostiniano. E' uno statunitense che ha preso un nome molto impegnativo. Leone I Magno fermò Attila sul Mincio, all'inizio del cristianesimo imperiale, Leone X fu uno dei più controversi papi del potere rinascimentale, Leone XIII fu il papa della Rerum Novarum, ma anche dalla condanna del modernismo. Nel suo abito, per la presentazione al popolo, è ritornato alla tradizione pre-papafrancescana, con la stola portante i segni pontificali. Le sue parole iniziali sono state molto belle: la pace sia con voi! Dio ci vuole bene, il male non prevarrà. Sembra una persona molto seria, forse non avrà il carisma immediato del predecessore, ma certamente potrà portare un contributo di forte pensiero all'interno di una Chiesa "che costruisce ponti ed è aperta al dialogo". Un discorso sicuramente più da guida sicura che cerca l'unità della Chiesa  che da sperimentatore di nuove strade di collegamento con le altre confessioni cristiane, con le religioni e con il mondo contemporaneo. Forte discontinuità con Francesco, in questa prima immagine... 

Sarà un costruttore di unità a scapito della forza di Riforma oppure sarà un grande Riformatore, rischiando se necessario anche uno scisma? Sarà in rotta di collisione con il nuovo Attila Trump, il potere statunitense e i potenti della Terra oppure sarà un elemento di compromesso, nella speranza di una pacificazione. 

Alle prossime ore ulteriori commenti e interpretazioni.

domenica 4 maggio 2025

Le innumerevoli risorse di Kostanjevica

 

In tempi complessi, c'è bisogno di alimentare la mente e il cuore con iniezioni di bellezza, tanto più nell'anno della Capitale europea della Cultura. Per chi vive a Gorizia e Nova Gorica, c'è una miniera sempre aperta, dove poter scoprire nel corso di ogni visita qualcosa di nuovo. Ma c'è anche una guida impareggiabile, Mirjam Brecelj che conosce tutti i segreti del luogo e ogni volta aiuta a scoprire ciò che in precedenza era rimasto nascosto.

Il consiglio, in questi primi giorni di maggio, è quello di andare a Kostanjevica, anche per gustare la simpatica e intelligente accoglienza dei padri francescani. E' aperto il magnifico roseto con le rose Bourbon. Il loro nome non deriva,come molti pensano, dalla particolare predilezione di mostrata dall'ultimo re di Francia borbone per il santuario, ma da un'isola sperduta, oggi chiamata Reunion, tuttora dipartimento francese nell'Oceano indiano. 

La diversità di colori e di profumi non può essere descritta, non si può fare altro che entrare nel giardino e lasciarsi cullare, contemplando dall'alto la bellezza della città vecchia, abbarbicata intorno al castello. 

Ma Kostanjevica, il colle delle castagne che peraltro non ci sono più, non è soltanto esplosione primaverile della natura. C'è un'assai interessante e ben custodita biblioteca che conserva decine di incunaboli, testi in molte lingue, libri liturgici, filosofici e storici. Tra essi c'è la grammatica slovena di Adam Bohorič, stampata nel 1584, con una dedica manoscritta dello stesso autore. Già di per sé testo stampato raro e quasi introvabile, l'autografo ne sottolinea l'eccezionale importanza per quanto riguarda la storia della lingua e della letteratura slovena.

Naturalmente il santuario, conosciuto a Gorizia con il nome di Kapela, sorto sulla memoria di presunte apparizioni e fenomeni soprannaturali verificatisi oltre quattrocento anni fa, è celebre a livello europeo perché ospita la tomba di Carlo X, morto a Gorizia, nel palazzo Coronini, nel 1836, dopo essere stato costretto a un avventuroso esilio. accanto al suo massiccio sarcofago, ce ne sono altri che custodiscono i corpi di familiari e collaboratori dell'ultimo re della dinastia dei Borboni.

I campi che circondano santuario e chiesa sono molto ben coltivati dagli ospiti della Comunità Incontro. Lo sguardo si spinge oltre e raggiunge la foresta dello stupendo parco di Villa Rafut, un polmone verde appena risistemato e inaugurato che ha come suo centro focale la casa in fogge orientali costruita su disegno del grande architetto sloveno goriziano, anzi sanroccaro Anton Laščak. Il destino gli ha impedito di godere dell'edificio realizzato per trascorrere in serenità, in mezzo alla natura, gli ultimi anni della sua vita. Ma la sua opera, come tante altre diffuse da Alessandria d'Egitto fino a Istanbul, resta una perenne testimonianza e memoria.

Buona parte del complesso è stata distrutta dalle bombe nel corso della prima guerra mondiale. Rimangono intatte le molto suggestive cantine e qualche parte della chiesa, ristrutturata e resa di nuovo bella grazie alla ricostruzione postbellica.

Perché sottolineare solo all'ultimo posto la stupenda chiesa, vero cuore pulsante del santuario? Perché è lì che nell'ultima visita, sempre grazie alla guida di Mirjam, ho scoperto un nuovo aspetto, sfuggito nelle tante visite precedenti. Sono splendidi gli stucchi, sotto il coro, belli gli affreschi sopravvissuti nel presbiterio, dolce la Madre di Dio che sorride con il bimbo da un medaglione sopra l'altare, "salus populi goritiensis" si potrebbe definirla. 

Ma chi poteva immaginare la presenza di un'opera di quell'assoluto genio architettonico e artistico che è stato Jože Plečnik? Oltre ad aver contribuito in modo determinante alla ricostruzione di Lubiana dopo il terremoto del 1895, ha lasciato innumerevoli segni della sua presenza in tante capitali europee. Sono da visitare tante sue chiese, nella capitale slovena ma anche in tanti luoghi più o meno conosciuti, come per esempio a Ponivke, sull'affascinante altopiano della Šentviska gora. Ma chi si poteva aspettare un moderno battistero attribuito a Plečnik nei pressi dell'altare della chiesa dedicata a Maria in Kostanjevica? E'una bellissima opera, dorata e argentata, che da una parte richiama le parole inconfondibili del battesimo di Gesù "in acqua e fuoco", dall'altra, rappresentando i simboli delle costellazioni, collega la celebrazione cristiana del battesimo alla solennità dell'inizio di una nuova vita. E' un'avvincente e convincente testimonianza dell'inchino al mistero dell'essere, portato da un punto di cista religioso, ma soprattutto artistico, laico e umano. Veramente da non perdere!