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Skopje, monumento ad Alessandro Magno |
Sì, lo so, davanti ai bambini dilaniati dai missili israeliani, alle migliaia di morti nelle guerre in Ucraina, nel Sudan e in tante altre parti, sembra strano l'invito a fermarsi a pensare.
Eppure, sembra questo il punto. Non siamo andati molto più avanti rispetto agli australopitechi, anche se la tecnologia ci ha portato fino a un obiettivo ritenuto fino a ottanta anni fa impossibile: l'autodistruzione nucleare della vita sulla Terra.
Tanti sono i temi che dovrebbero essere trattati, qui ne segnalo due, importanti al punto da essere decisivi per l'esistenza stessa di un futuro.
Il primo riguarda la domanda fatidica: non "cosa", ma "chi" è l'Uomo. Sì, l'essere umano, nella sua integralità.
Se ci si riconosce tutti parte dell'unica famiglia umana, perché provocare così tanto dolore? Perché un "Uomo" deve ferire o uccidere un altro "Uomo"? Ammesso (e non necessariamente concesso) che possa esistere un motivo di dissidio individuale, è proprio da cavernicoli pensare che si possa fare del male a un altro perché è "italiano", "senegalese", "cinese" o quant'altro, come pure "cristiano", "musulmano", "ebreo", ecc... Se siamo tutti sorelle e fratelli, perché anteponiamo gli aggettivi al nobile concetto di "Uomo". Il nazionalismo, come pure il familismo o l'appartenenza religiosa assolutizzata sono il fondamento dei pretesti che convincono esseri umani a uccidere altri esseri umani, "con lo stesso identico umore ma con la divisa di un altro colore". Dio Patria e Famiglia è il trinomio che avvelena il mondo, non perché non siano importanti, ma perché, se concetti anteposti a quello di "Uomo", diventano un potentissimo agente di violenza, di guerra e di morte. Poi tutti dovrebbero sapere che tutto ciò che porta al conflitto dipende essenzialmente dalla paura di perdere il possesso e il potere. E si ritorna anche ai contrasti tra persona e persona, mossi soprattutto dal desiderio di accaparrarsi a ogni costo la quotidiana piccola o la mastodontica proprietà privata. I "Potenti" possidenti del Pianeta, utilizzano a loro piacimento miliardi di esseri umano, scatenandoli gli uni contro gli altri nel nome del nazionalismo e del razzismo che dividono gli umani non in quanto tali, ma sulla base di principi applicativi inventati di sana pianta e assurdi come quelli di etnia (sì, c'è ancora chi usa questo termine non molto distante da quello per fortuna cancellato dai vocabolari di razza), colore della pelle, appartenenza religiosa o ideologica e culturale, nazione e via dicendo.
Una volta stabilito che il problema è l'Uomo", si pone la questione della "verità". Chi stabilisce cosa è vero e cosa è falso? Chi cosa è buono e cosa cattivo? Chi cosa è giusto o ingiusto, bello o brutto e così via...? Nel Medioevo era semplice: l'autorità divina, fatta propria da quella terrena, la Chiesa magisteriale con la sua pretesa di interpretare la volontà di Dio, garantiva l'oggettività del bello, del buono e del vero. E ciò che essa stabiliva, forte dell'esclusività dell'ermeneutica della Bibbia, non riguardava solo i credenti, ma tutto ciò che apparteneva al concetto di "Natura". Questa visione assolutista e teocratica è stata cancellata dal pensiero moderno, dal "Cogito" cartesiano in poi il soggetto precede l'oggetto e diventa il criterio della verità, della bellezza e della bontà. A prima vista sembra una grande conquista e in effetti su essa si basano la nuova scienza, l'esplosione tecnologica e la visione democratica. Tuttavia, a lungo andare, anche questa concezione del mondo rivela le sue mancanze. Il primato del soggetto diventa soggettivismo e quello del relativo diventa relativismo. Chi stabilisce allora che uno ha ragione e l'altro no? Chi può dare un giudizio di valore sull'operato dell'uno o dell'altro, se ogni soggetto è verità a sé stesso. E' fin troppo evidente che questa visione, radicalizzata come sta accadendo nel contesto attuale, porta a una nuova edizione, riveduta e corretta, della legge della giungla: ha ragione chi ha la forza di imporre la sua ragione o creano il consenso che permette di raggiungere il potere nello stato democratico o stabilendo unilateralmente le regole alle quali tutti coloro che sono più deboli - militarmente o mediaticamente - devono sottostare se vogliono continuare a sopravvivere. Ci si può scandalizzare quanto si vuole di fronte agli orrori che si stanno perpetuando nel Mondo attuale. Ma i criminali - tali li definisco dal mio punto di vista - sono convinti di avere ragione e tacciano di disumanità chi non la pensa come loro. Ahi ahi, dove mi sono impelagato...
Come venirne fuori? Secondo il mio parere, non si tratta tanto di abbattere muri e creare ponti, quanto di incontrarsi sul ponte che unisce le due sponde, quella dell'assolutismo medievale e quella del relativismo postmoderno. Sarebbe una bella tavolata, quella sulla quale sono già seduti coloro che ci hanno preceduto e alla quale siamo invitati per portare il nostro contributo. La mastodontica opera da realizzare è quella di trovare un punto di incontro, tra la bellezza della valorizzazione della soggettività - ogni Uomo protagonista della costruzione del Mondo - e la necessità di individuare punti fermi sui quali trovarsi tutti d'accordo. E' un'impresa possibile? Chi lo sa, quello che è certo è che senza una nuova riflessione sull'Uomo e sulla Verità condivisa, non ne potremo uscire vivi. Nessuno, neanche chi pensa di passare il resto dei propri giorni in un bunker antiatomico dopo la completa distruzione della Vita sul Pianeta.
Se riuscissimo ad aprire il cuore al Cristo ( all'amore incondizionato) non ci faremmo queste domande perché per esperienza comprenderemo ciò che conta veramente. Cerchiamo di seguire i valori cristiani (non per forza la religione) e scopriremo la verità.
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