domenica 5 maggio 2019
No al trasferimento dei richiedenti asilo alla Cavarzerani di Udine
Gli effetti del Decreto cosiddetto Salvini si stanno facendo sentire ovunque. Ma in questi giorni il punto più "caldo" è Udine, dove le persone ospitate da mesi presso le strutture delle ottime associazioni locali stanno per essere trasferite presso la caserma Cavarzerani, certamente inadatta ad accogliere donne, bambini, malati e disabili. La situazione è davvero difficile, tenendo conto che finora i richiedenti asilo sono stati aiutati ad affrontare in modo sereno il percorso di inserimento nella società italiana. Con le nuove regole e con i nuovi limiti di finanziamento previsti dai recenti decreti legislativi, è accaduto proprio quello che si era previsto. Hanno infatti fiutato l'affare le vere realtà a scopo di lucro, le quali a costi molto limitati (per loro) offriranno un servizio alquanto penalizzante nei confronti di tutti, ma insostenibile per i soggetti cosiddetti vulnerabili. In altre parole, si abbandona una strada che ha prodotto buoni frutti per incamminarsi su un'altra che da subito genera tristezza, rabbia e senso di ingiusto abbandono, tra breve tempo anche conseguenze economiche e sociali di grande portata. Le questioni sollevate da chi ha seminato timori fra la gente invocando una mai avvenuta invasione di profughi, sono state essenzialmente quattro: il mancato controllo, la scarsa integrazione, i costi elevati e la "speculazione" delle organizzazioni umanitarie. La legge "in-sicurezza" riesce a centrare tutti gli obiettivi, togliendo ogni possibilità di controllo impedendo l'iscrizione anagrafica dei nuovi arrivati, rendendo impossibile l'integrazione e cancellando l'esperienza di legame con il territorio caratteristica del sistema sprar e di alcuni cas, creando megastrutture che richiedono investimenti ben più impegnativi dei precedenti e dando in mano a pochi consorzi che se lo possono permettere e non trovano ciò immorale una gestione improntata al principio del massimo profitto con il minimo sforzo. Per tutto ciò è necessario intervenire per fermare dall'inizio quella che potrebbe trasformarsi nei prossimi tempi in una vera e propria deportazione. Solo un'azione concordata fra società civile, politica e cultura può realizzare questo obiettivo e cercare di invertire una rotta che ci sta portando verso la completa e preoccupante disumanità. E vincere a Udine potrebbe essere il primo passo.
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