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Monumento ai caduti partigiani, sloveni e italiani, nel cimitero di Nova Oselica |
Degli orrori del nazismo e del fascismo ci sono infinite tragiche memorie ovunque. In questo 25 aprile, ottanta anni dopo, si è chiamati a ricordare i valori della Resistenza, soprattutto il sacrificio di coloro che hanno rischiato e perso la vita nella lotta per la Liberazione.
L'opposizione al fascismo nel Regno d'Italia è stata opera di politici e intellettuali illuminati - come Giacomo Matteotti, Antonio Gramsci e molti altri. In forma organizzata è iniziata con l'azione di cittadini italiani di nazionalità slovena, che hanno combattuto già dall'inizio del secondo decennio del Novecento per difendere la lingua, la cultura e la coscienza del popolo sloveno. Tra loro ci sono i fondatori del movimento TIGR, fondato nel 1927 nella riunione sul Monte Nanos. Tra essi sono da ricordare i giovani di Basovizza e quelli di Opicina, fucilati dai fascisti a Basovizza e a Opicina, dopo i due processi farsa di Trieste. Non è stato attribuito loro il titolo di eroi dell'antifascismo, l'Italia li ricorda ancora come "terroristi", nonostante l'omaggio congiunto dei presidenti Pahor e Mattarella di tre anni fa. Ci sono anche tanti altri caduti, prima ancora dello scoppio della guerra, il mite musicista e maestro di coro Lojze Bratuž, trascinato via dalla messa del 27 dicembre 1937, costretto a bere olio di ricino mescolato con olio di motore e morto un paio di mesi dopo, con tremendi dolori, nell'ospedale di Gorizia. Anche la moglie, la poetessa Ljubka Šorli, è costretta all'arresto, alla tortura e all'internamento.
Sono da ricordare anche coloro - partigiane e partigiani - che hanno disertato dall'esercito italiano prima dell'8 settembre 1943, per militare nelle formazioni dell'esercito di liberazione jugoslavo, come pure quelli che - a partire dalla battaglia di Gorizia - sono entrati nei movimenti della Garibaldi e dell'Osoppo per combattere contro l'occupatore nazi-fascista nei quasi due anni successivi.
Della loro vita sui monti rimangono tanti segni che non devono essere semplicemente trattati come una sorta di archeologia moderna. Sono invece testimonianze estremamente vive dell'orrore che può scaturire dalla dimenticanza dei valori umani, come pure dell'eroismo di chi ha cancellato quell'orrore combattendo contro eserciti dalle forze preponderanti. I luoghi che ricordano gli stermini di massa e quelli che raccontano l'epopea partigiana dovrebbero essere valorizzati come patrimonio immateriale, ma anche monumentale, dell'intera umanità.
Celebriamo questo 25 aprile 2025 con un particolare invito alla vigilanza. Il razzismo, la xenofobia, la mancanza di rispetto per i valori culturali, religiosi, filosofici, sembrano essere tornati fuori dai sotterranei della storia. C'è da preoccuparsi per la risorgente nostalgia per le epoche oscure delle dittature, per la rinascente venefica voglia di menare le mani, a livello interpersonale e internazionale.
La stessa strumentalizzazione incarnata nella decisione dei cinque giorni di lutto - in un Paese sedicente laico! - per la morte di papa Francesco sembra andare nella direzione della deprivazione dell'importanza della ricorrenza del 25 aprile. Celebrarlo nel migliore dei modi è invece, per coloro che lo desiderano, la forma più adeguata per ricordare un uomo che ha dedicato una parte cospicua del suo magistero alla pace, al disarmo, all'accoglienza dei migranti, alla scelta dei poveri e alla giustizia sociale.
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