venerdì 18 aprile 2025

Velik petek, venerdì santo nell'anno giubilare

 

Ultima cena siriaca, particolare (coll. personale)
Il racconto evangelico delle ultime ore di amicizia tra Gesù, le sue amiche e i suoi amici, è pieno di espliciti riferimenti alla nonviolenza attiva.

Il gesto della condivisione del pane e del vino, prima della più tarda sacralizzazione, richiama il dono della propria vita "per tutti", come realizzazione della "salvezza" per ogni uomo.

A Pietro e agli apostoli che lo vorrebbero difendere nel Getzemani, il Maestro, curando il soldato colpito, ricorda che "chi di spada ferisce, di spada perisce".

Davanti a Pilato e a Caifa, si rifiuta di reagire alle loro provocazioni, richiama all'intelligenza e all'umanità chi lo percuote, domandandogli: "se ho fatto del male, dimostramelo, se no, perché mi percuoti?"

Nel cammino verso il Golgothà sorride nella sofferenza alla Madre, alla Maddalena e alle altre donne che lo accompagnano, allargando il suo dolore a una dimensione universale.

Sulla croce non invoca l'intervento degli eserciti celesti per sterminare i suoi persecutori, ma pronuncia soltanto parole di perdono: "Perdona loro perché non sanno quello che fanno".

Prolunga la logica delle sue profetiche parole: porgi l'altra guancia, chi vuol salvare la propria vita la perderà, chi la perderà la salverà, solo se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto.

Quanti venerdì santi personali si verificano in questo giorno dell'Anno Domini 2025. 

Quelli che arrivano nelle loro case attraverso parole e immagini ci conducono nella stessa terra di Gesù. Un governo criminale stermina donne e bambini nella Striscia di Gaza, giustificando un vero e proprio genocidio come spropositata reazione ai terribili attentati che hanno strappato la vita a qualche migliaio di giovani inermi.

In Ucraina le bombe russe cadono su ospedali e scuole, altri crocifissi insieme ai soldati russi e ucraini mandati al macello dai rispettivi capi politici, sotto lo sguardo quasi compiaciuto degli Stati Uniti e dell'Unione europea.

In altre parti del mondo i crocifissi sono altrettanti e anche di più, senza neppure l'"onore" di balzare alle cronache internazionali "coperte" da un sistema di comunicazione totalmente miope.

Riecheggiando il titolo del famoso testo di Lenin, ci si chiede "Che fare?"

La prima risposta è quella di imparare dal racconto dei Sinottici e di Giovanni: seguire l'esempio di Gesù, riproposto quasi duemila anni dopo da Gandhi: lasciarsi ferire guardando in volto con misericordia l'offensore piuttosto che colpirlo, morire piuttosto che uccidere, come gli eroi disertori della prima guerra mondiale che si rifiutavano di uscire dalla trincea perché non volevano ammazzare giovani "con il loro stesso identico umore ma con la divisa di un altro colore". La nonviolenza attiva come metodo di affronto delle relazioni internazionali e interpersonali in molte situazioni si è dimostrata più efficace di qualsiasi uso delle armi nei conflitti.

Ma questa risposta non è sufficiente. A livello personale, là dove si decide di pagare di persona la propria scelta, quella della nonviolenza attiva è la più importante e rivoluzionaria delle risposte possibili. Ma quando ci si trova davanti al sistematico uso della forza bruta nei confronti degli altri? Se vedo una persona che colpisce un innocente davanti ai miei occhi, cosa devo fare? Restarmene passivo e non fare nulla per impedirlo non è un atteggiamento accettabile e umano. E se un intero popolo soffre sotto la pressione ingiusta delle scelte politiche di un dittatore del proprio o di un altro popolo, è ancora giusta la scelta della nonviolenza? 

E' una domanda drammatica. Se la sono posta persone di pace come Dietrich Bonhoeffer, che dopo profonda riflessione interiore ha deciso di partecipare all'organizzazione dell'attentato a Hitler. Se la sono posta gli sloveni membri del Tigr, fucilati a Basovizza nel 1930 perché avevano tentato di contestare il disegno di cancellare dalla storia la cultura, la lingua e la storia del popolo sloveno. Se la sono posta tanti partigiani che hanno contribuito a rovesciare il fascismo e il nazismo nel corso della seconda guerra mondiale. E sicuramente se la pongono tanti che vedono i propri cari minacciati dalla forza oscura dei neonazismi e dei neofascismi del nostro tempo. E' sufficiente testimoniare con la propria decisione di essere uccisi piuttosto che uccidere? O in alcuni casi, con grande dolore, è necessario imbracciare il fucile? Ma, se accettiamo questa "triste e tragica necessità", fino a dove possiamo arrivare? Qual è il limite, il confine tra il livello della responsabilità individuale e quello dell'intervento sulla situazione complessiva.

Tutti questi interrogativi dipendono dal fatto che il Novecento non ha di fatto prodotto alcuna soluzione definitiva al problema, la cui unica soluzione possibile sta nell'evitare che si creino le situazioni di conflitto. Facile a dirsi... Ma lo avevano già detto in parte il presidente statunitense Wilson e papa Benedetto XV nel 1917: soppressione di tutti gli arsenali militari, costituzione di un'autentica Società delle Nazioni alla quale i singoli Stati avrebbero dovuto conferire la responsabilità della politica estera e della difesa del Pianeta, la realizzazione degli Stati Uniti del Mondo. Era ed è un'utopia, intesa come "eu-topia", cioè bel luogo e non come realtà impossibile da realizzare. Sono passati più di cento anni e non si è fatto quasi nulla per camminare in questa direzione.

Ed è per questo che anche nel Venerdì santo 2025 ci si trova costretti ancora a distinguere tra il nobile esempio personale, profondamente umano di Gesù sulla croce e la drammatica necessità di tutelare intere popolazioni inermi, minacciate nel loro stesso elementare diritto alla Vita e alla Pace.

martedì 15 aprile 2025

A "Gorici" la visita degli studenti di sloveno nelle università italiane

 

Gli studenti di sloveno al Kulturni dom di Gorizia
Graditissima visita nel Goriziano di una categoria assai particolare di studenti universitari, di tutte le età. Accompagnati dalle insegnanti, gli iscritti ai corsi di sloveno nelle università italiane hanno deciso di dedicare la loro annuale uscita alla Capitale europea della Cultura.

Dopo aver visitato il Trgovski dom di Corso Verdi e la luminosa biblioteca Feigel, lo scorso fine settimana si sono immersi nelle culture che caratterizzano con la loro diversità e mescolanza Gorizia e Nova Gorica. Hanno incontrato tanti personaggi interessanti, visto monumenti storici importanti, conosciuto la peculiarità di una terra dove troppo sangue è stato versato durante le guerre, troppe ingiustizie sono state perpetuate dal fascismo, troppe violenze hanno impedito per tanto tempo di riconoscere la straordinaria bellezza della natura e dall'arte. Hanno goduto della nuova situazione, nella quale il confine non è più una barriera, ma un passaggio, un ponte tra differenti lingue e concezioni della vita che ora si congiungono - o si dovrebbero congiungere - nell'accoglienza della responsabilità affidata dall'Europa.

Da dove sono arrivati professori e studenti? Dove si può studiare in Italia la lingua slovena? Forse a Trieste e a Udine? Vi chiederete coi... Eh sì, a Trieste e a Udine, ma anche a Padova, a Roma e a Napoli dove l'insegnamento dello sloveno è previsto all'Orientale da oltre 110 anni!

C'è da sorridere mestamente, se si pensa che nelle scuole italiane di Gorizia, città nella quale lo sloveno è la lingua di una parte cospicua della popolazione, in stretto rapporto con Nova Gorica, dove quasi tutti lo parlano come lingua madre, non esiste l'opportunità di poter affrontare un corso curricolare adeguato.

Un grande grazie ai corsisti per la loro visita e l'invito a essere di nuovo quanto prima fra noi. Non bastano tre giorni per conoscere e amare questo meraviglioso territorio. Ma in tre giorni se ne può avere un'idea e coltivare il desiderio di ritornare. Najlepša hvala vsem!

domenica 13 aprile 2025

La domenica delle Palme, tra "osanna" di pace e "crocifiggi" di guerra

 

Monumento a Filippo Corridoni, particolare
L'ulivo e la quercia, i simboli della pace e della forza, ricordano molto gli avvenimenti celebrati nella domenica delle Palme.

Secondo i vangeli, Gesù entra trionfalmente in Gerusalemme, acclamato dagli osanna di una folla entusiasta che agita palme e ulivi e stende mantelli sotto gli zoccoli dell'asino da lui cavalcato. Bastano pochi giorni e gli osanna si trasformano nell'urlo "crocifiggilo", il Maestro è impallinato dai sacerdoti, condannato da Pilato e massacrato dalla stessa folla informe che vuole la sua morte.

Quanto rapidamente cambiano gli umori della gente! I milioni di fascisti del 10 giugno 1940 si trasformano in convinti antifascisti il 25 luglio 1943. Dei 150 milioni che nel mondo, il 15 febbraio 2003, hanno sfilato contro la guerra in Iraq ora una buona parte si schiera a favore del riarmo dell'Unione europea, ovviamente - ci mancherebbe altro - in funzione della difesa delle diverse patrie.

Nel giorno dell'innalzamento e del quasi contemporaneo abbassamento di Gesù, mentre nelle chiese ovunque si ripete il rito e si agitano con gioia i rami d'ulivo, le bombe seminano morte a Gaza e in Ucraina, le ghiande cadono dalla quercia, l'ulivo appassisce e la pace sembra veramente molto lontana.

Sembra di essere ancora all'epoca delle caverne, la propria grotta deve essere a ogni costo difesa, costi quel che costi. Poi è il clan a lottare contro l'altro clan, le tribù della Terra si scontrano per conquistare nuovi pascoli, chi è con noi è con noi, chi è contro di noi è contro di noi. Arrivano i popoli, ciascuno crede di essere l'unico e prevale la legge del più forte, pogrom, massacri, genocidi, non hai la mia fede, non sei degno di vivere. E poi le Nazioni che credono di essere più forti e coraggiose delle altre, si sentono più importanti dell'Umanità in quanto tale. C'è sempre bisogno di qualche aggettivo - italiano, tedesco, brasiliano, pakistano, ivoriano... - per far dimenticare che prima di esso c'è sempre la fraternità universale. E ci si scanna, perché la mia Nazione merita di vivere più della tua, perché io sono nato ricco e tu - magari mi dispiace anche per te - sei nato povero e devi restare là da dove vieni. 

Oggi l'irrazionalità è ancora maggiore. Tutti sanno che la guerra arricchisce pochi produttori d'armi e capitalisti senza scrupoli. Tutti lo sanno, ma i più fanno finta di credere ancora alle favole del "mio" Dio, della "mia" Patria e della "mia" famiglia. I primi si sfregano le mani dalla felicità, vedendo il fiume di incassi ingrossarsi ogni giorno di sangue e di denaro. Gli altri chinano la testa e vanno al macello, chiedendosi quanto meno possibile il perché. E l'irrazionalità è ancora maggiore, perché gli strumenti della guerra non sono più clave, lance o rudimentali fucili, bensì armi di distruzione di massa che potrebbero cancellare dal Pianeta ogni forma vivente. Eccetto naturalmente i padroni del vapore che attenderanno nelle segrete stanze dei loro rifugi antiatomici la fine del pericolo delle radiazioni per godersi - i figli dei loro figli - i beni accumulati nell'Oceano della Solitudine.

Insomma, per uscire dalla preistoria occorre superare gli stereotipi della "guerra c'è sempre stata e sempre ci sarà" oppure del funesto "si vis pacem para bellum". L'umanità del XXI secolo saprà scendere dagli alberi e utilizzare l'intelligenza per costruire e non per distruggere, per amare invece che odiare? E i sedicenti discepoli di Gesù - tantissimi - che affollano le chiese e gridano il loro osanna in questo giorno delle Palme, domani saranno con Lui dalla parte dell'intero genere umano o saranno i primi a gridare con convinzione il loro "crocifiggi!"? Cosa grideranno ai Ponzio Pilato, ai Caifa, ai Cesare Augusto del nostro tempo e di ogni tempo?

martedì 1 aprile 2025

Davide Gandini e Robert Bahčič ad Aquileia

 

Di questo libro e di molto altro parleremo venerdì 4 aprile, alle ore 20.30 nella meravigliosa Basilica di Aquileia, nel corso della seconda conferenza dell'Iter Goritiense, nell'ambito del Festival dei Cammini, insieme a Davide Gandini e a pater Robert Bahčič. Un evento assolutamente da non perdere!

Decisi di andare a percorrere il Cammino di Santiago dopo aver letto la prima edizione del Portico della Gloria. Correva l'anno 2005 e quell'esperienza fu una delle più importanti della mia vita. Fui contento del mio mese nel nord della Spagna, accompagnato dalle stelle della via Lattea e dalle suggestioni del grande Luis Bunuel. Incontrai una miriade di persone interessanti, scoprii la misteriosa unità nella diversità dell'Europa in marcia, presi decisioni fondamentali per la mia vita.

Fui anche contento di aver conosciuto, poco tempo dopo, Davide Gandini. Nei suoi occhi pieni di un ardore semplice e accogliente ho incontrato la luce della "Charis", la grazia che viene dall'alto e si comunica attraverso l'incontro con l'altro. Nella sua voce ho ascoltato la sapienza che scaturisce dalla contemplazione dell'essere e nei suoi scritti ho ritrovato la passione indomita per l'umano, quella che non ci impone l'obiettivo irrazionale della perfezione, ma suggerisce la dolce consapevolezza della fedeltà.

Il "cammino" di Davide non è il classico diario quotidiano, anche se i luoghi e i rapporti non mancano e non possono certamente essere relegati a semplice sfondo di un'umana avventura. E' tuttavia dominante il percorso interiore, quello che ogni viandante sperimenta, anche se non sempre riesce a comunicare. Perché i 4 km/h, a differenza dei 120 o degli 850, sono pieni di colori e di profumi, ma soprattutto di volti e di mani che si stringono, di abbracci e di sorrisi. Lo spazio ritrovato e il tempo rivissuto sono le categorie dell'"homo viator", dove la scoperta più straordinaria è quella di sé stessi. Non si è più naufraghi su una pallina che rotea senza meta apparente nella periferia della più piccola fra le miliardi di Galassie, ma si è persone che portano un messaggio che sconfina nell'eterno e nell'infinito.

sabato 29 marzo 2025

Il festival dei Cammini

 

Un tratto della Francigena: San Gimignano
Si svolgerà ad Aquileia, nel prossimo fine settimana, 4, 5 e 6 aprile, il festival dei Cammini, promosso e organizzato da Fondazione Aquileia.

Sarà un'occasione per fare il punto su un fenomeno che negli ultimi venti anni ha assunto proporzioni straordinarie, diventando un'occasione di turismo che non si può neppure più definire alternativo.

Trascinato dal sempreverde Cammino di Santiago, il settore ha visto moltiplicarsi come funghi nuovi percorsi internazionali e locali. Oltre alle più classiche Francigene e alle vie sulle tracce di san Francesco e san Benedetto, sono nati i cammini europei di San Martino e di Cirillo e Metodio, insieme alla Romea Strata e a una miriade di lunghi e brevi itinerari.

Solo per rimanere ad Aquileia, si possono citare, in ordine di apparizione il Cammino Celeste, la Via Flavia, la via Postumia, la Jakobova pot, l'anello di San Martino introno alla Vipavska dolina, per non parlare del bellissimo Iter Goritiense, dalla stessa Aquileia a Sveta Gora.

Tra dibattiti, incontri, presentazioni di libri ed esperienze di viandanza, sono da sottolineare in particolare due eventi. Venerdì 4 aprile, alle ore 20.30 nella stupenda cornice della Basilica di Aquileia, si terrà una conversazione che vedrà protagonisti pater Robert Bahčič e lo scrittore pellegrino Davide Gandini, sul tema "I luoghi sacri che uniscono: i cammini di pellegrinaggio". Il sabato mattina invece, con incontro alle 8.30 nella piazza della Basilica, ci sarà il "Cammino dei cammini", da Aquileia a San Canzian d'Isonzo. Nel corso della camminata verranno presentati tutti i percorsi a piedi che intersecano la città di Aquileia.

Ci sarebbe molto da dire, dal punto di vista spirituale, ma anche turistico ed economico, intorno a questo nuovo elemento sociale. Per un approfondimento rinvio al mio testo che tra l'altro offre il nome anche a questo blog: Lo spirito dei piedi, Ediciclo 2017. 

Ne traggo un doppio spunto. Anzitutto chi percorre queste vie non è un superman, un santo o un eroe, bensì un privilegiato che ha la non certo universale possibilità di vivere questa forma di vacanza che presuppone buona salute, gambe in forma e anche una certa disponibilità finanziaria. In secondo luogo, se per i marciatori appartenenti al Nord del mondo il cammino è una necessità spirituale o psicologica, per i veri pellegrini della nostra epoca è un obbligo esistenziale: mi riferisco a coloro che affrontano il deserto del Sahara, il mare Mediterraneo o la rotta balcanica per poter sopravvivere loro e rendere possibile la sopravvivenza alle loro famiglie. Sono questi i veri eroi del cammino, che di solito non trovano ad accoglierli delicati e premurosi hospitaleri, bensì Centri pieni di squallide sbarre, dove attendere un triste rimpatrio.

domenica 23 marzo 2025

Vietato non toccare! Il museo tattile del Goriški muzej a Kromberk

 

Il "settore" aquileiese del museo (foto M.Vecchi)
Da venerdì sera il territorio Goriziano si pone all'avanguardia nel settore dell'accessibilità museale. E' stato infatti inaugurato il primo museo tattile della Slovenia, con una cerimonia piena di suggestione e di bellezza. 

L'iniziativa nasce dalla collaborazione tra il Goriški muzei di Nova Gorica e l'associazione dei ciechi e ipovedenti della Primorska. Ha visto come protagonisti tutte le persone coinvolte nelle due realtà, con un particolare impegno di coordinamento da parte del curatore per conto di Goriški muzej David Kožuh e del presidente dell'associazione novogoričana Igor Miljavec.

Alla presenza del vicepresidente del Consiglio della Repubblica di Slovenia Matej Arčon, della ministra per la Cultura Asta Vrečko, dell'ambasciatrice della Gran Bretagna, del responsabile dell'attuazione del programma Go2025 Stojan Pelko, del direttore del Goriški muzej Vladimir Peruničič e di molte altre autorità, i veri attori dell'inaugurazione sono stati proprio i destinatari, ovvero i non vedenti e ipovedenti. Guidati dall'ottima regia della responsabile delle relazioni pubbliche Kristina Furlan, hanno intrattenuto il pubblico con una serie di straordinarie proposte artistiche mozzafiato. Alla danza si sono aggiunti il suono del flauto, il canto e le parole, portati all'attenzione di tutti con competenza e professionalità.

E' seguito poi il classico taglio del nastro e la visita al Museo, allestito nel piano superiore del grande Center Mercator di Kromberk. Ci sono due sezioni, una più interessante dell'altra. Nella prima sono presentate opere presenti in strutture culturali importanti, in Slovenia, in Italia e altrove. Nella seconda vengono presentate sculture, opera di artisti locali "senza confini", messe a disposizione del tatto dei visitatori. Lo slogan dell'esposizione è infatti opposto a quello ordinario, infatti "è vietato non toccare", per poter comprendere il senso delle bellissime espressioni d'arte presenti.

Tra le varie proposte, balza subito agli occhi il mosaico del "nodo di Salomone", dono del Gruppo Mosaicisti Ravenna e in particolare di Marco Santi e Anna Caterino, immediato richiamo alla storia aquileiese, finemente rappresentata anche dai pannelli tattili dei più importanti mosaici teodoriani, realizzati dall'Istituto dei ciechi Cavazza di Bologna e messi a disposizione dalla Società per la conservazione della Basilica di Aquileia. La presenza di Loretta Secchi, curatrice del museo tattile Anteros di Bologna e di Anna Viganò, referente dell'avvincente progetto Basilica per tutti, finalizzato al miglioramento dell'accessibilità nella Basilica di Aquileia, ha dimostrato quanto sia costruttivo intessere relazioni sociali e culturali tra tutti coloro che vogliono un mondo più bello, più giusto, più fraterno e nella pace.

Un Museo da incorniciare e da visitare, toccando rigorosamente ogni oggetto esposto e prendendo atto del fatto che l'arte, essendo patrimonio universale dell'umanità, deve essere raggiungibile e comprensibile da ciascuno, in qualunque situazione si trovi. Impedirlo o non favorirlo è una palese violazione dei diritti della persona! Najlepša hvala Goriškemu muzeju in Medobčinskemu društvu slepih in slabovidnih Nova Gorica.

Dai giovani in Serbia, una lotta piena di speranza

Le istituzioni dell’Unione Europea si dividono, c’è chi sostiene la necessità del riarmo, chi della difesa, senza peraltro spiegare la differenza pratica tra un concetto e l’altro. La guerra in Ucraina ha subito una brusca sterzata con l’interventismo del presidente americano. A Gaza tornano le bombe e sono ostacolati i convogli umanitari, mentre anche in Cisgiordania la voce della violenza prevale. La guerra dei dazi scatenata da Trump semina il panico nel Vecchio Continente e altrove.

I partiti si dividono, anche al loro interno, chi ritiene giusta la difesa europea viene tacciato di guerrafondismo al servizio delle lobby armate, chi la pensa in modo opposto di irresponsabile pacifismo filoputiniano. I movimenti per la pace cercano faticosamente di ritornare in azione. Le loro istanze sono bene argomentate, ma la partecipazione richiama tanti reduci da lotte nonviolente, datate come minimo dai tempi del Vietnam.

Ma c’è qualcosa che induce alla speranza in tempi così delicati?

Sì, ci sono i giovani che in Serbia stanno manifestando da mesi contro il regime imposto dal presidente Vučič. Se ne parla molto poco, soprattutto in Italia e già questo fatto è misura di un’incisività che suscita timori di emulazione. Sono studenti universitari e delle scuole superiori che sono scesi in strada all’indomani di una delle più assurde tragedie che hanno colpito la nazione, il crollo dell’appena costruita pensilina della stazione di Novi Sad. Il disastro, accaduto il primo novembre 2024, ha provocato la morte di 15 persone e il ferimento di decine. Le imbarazzate spiegazioni governative non hanno convinto i giovani che da quel giorno hanno rinunciato perfino al diritto allo studio, per poter gridare al mondo la loro indignazione. Hanno ritenuto l’evento un vero e proprio omicidio, compiuto dai politici che hanno accettato la logica della corruzione e dell’incompetenza. A loro si sono aggiunti gli operai e i contadini, la contestazione è dilagata. Ha portato alle dimissioni di due ministri e sta mettendo in grande difficoltà il presidente. Ci si attendono ulteriori sviluppi, a Belgrado, Novi Sad e altrove si vedono le manifestazioni più imponenti dal tempo dell’indipendenza della Serbia in qua.

E ci sono anche i manifestanti in Grecia che stanno svegliando una sonnolenta Atene. Anch’essi si riferiscono a una catastrofe, l’incidente ferroviario che nel 2023 ha portato alla morte ben 57 persone. Anch’essi non hanno voluto bere le versioni ufficiali e occupando i gangli vitali della capitale greca stanno mettendo in forte crisi il governo. Anche in questo caso i protagonisti sono i giovani, pieni di slancio e di entusiasmo.

E’ giusto ricordare questi moderni combattenti per la libertà. E’ vero, possono essere preda di appetiti partitici o diventare carne da macello al soldo di altri potenti che cercano di approfittarsene. Occorre tutelare la loro creatività, sostenendoli nel trasformare il malcontento in proposte e progetti autenticamente politici. Ma è necessario anche imparare dalla loro voglia di vivere e di essere protagonisti del cambiamento di una società consumista, classista, corrotta che essi vogliono nel profondo cambiare. (articolo pubblicato su Novi Matajur)

venerdì 21 marzo 2025

Da Aquileia l'augurio di una buona Primavera!

 

La primavera è iniziata giovedì alle 10, ma la basilica di Aquileia celebrerà l'alba dell'equinozio domani, sabato 22 marzo, alle 6 del mattino.

E' un'occasione ormai tradizionale, la suggestione dell'avvio della nuova stagione si accompagna alla contemplazione della straordinaria bellezza della chiesa di Aquileia. Ogni anno viene proposto un tema, quest'anno sarà la meraviglia della Natura nei mosaici teodoriani. 

Il pavimento delle aule volute dal vescovo Teodoro, costruito all'indomani dell'editto di Costantino, racconta un'esperienza cristiana profondamente collegata al vissuto della comunità aquileiese del IV secolo. E' inoltre precedente il Concilio di Nicea, del quale quest'anno ricorre il 1700° anniversario. Ciò significa che il messaggio pasquale viene trasmesso in un'epoca nella quale non ci sono ancora le codificazioni dogmatiche caratteristiche della storia dei Concili ecumenici. Libertà e creatività.

La gioia del vivere, testimoniata in modo così singolare dalle tesserine del mosaico, sarà riproposta attraverso l'accoglienza della luce del nuovo giorno, accompagnata dal dolce suono dell'arpa di Ester Pavlic e dalle meditazioni di Angelo Floramo, Elena Commessatti, Mirt Komel e Martina Delpiccolo. Si vorrà sottolineare anche la dimensione universale dell'annuncio aquileiese, accanto al linguaggio della musica, dell'architettura e dell'arte musiva, si potrà gustare anche il miracolo della diversità delle lingue, dal momento che i vari interventi saranno offerti nella lingua di ciascuno dei relatori, in italiano, sloveno e friulano.

Le prenotazioni, andate oltre ogni previsione, sono purtroppo chiuse. Ciò non toglie un grande benvenuto a coloro che saranno presenti e a tutte e tutti un augurio che scaturisce dal cuore: in un momento così delicato, il ritorno della stagione della rinascita sia un richiamo alla speranza. Ogni persona è chiamata, in diverse forme e gradi di responsabilità, a costruire la pace nella giustizia, il trionfo della vita contro il mercato della morte, il regno dell'amore e del perdono più forti dell'odio e della vendetta. Buona primavera! 

domenica 16 marzo 2025

Mia madre...

 

E’ difficile scrivere della persona che ti ha dato la vita. E’ giusto custodire gelosamente i particolari più intimi e preziosi. Ma sento anche necessario raccontare alcuni tra gli infiniti aspetti della vita di mia madre, per renderla almeno un po’ presente nella sfera dei ricordi dei tanti che l’hanno conosciuta e le sono stati amici a Pisa, a Verona e soprattutto a Gorizia.

Anna Maria Boldrini è nata a Roma il 26 luglio 1926. Suo padre Vincenzo aveva origini dalla zona di Vigevano, dove i Boldrini sono tuttora ricordati dalla toponomastica locale come i fondatori del movimento socialista, nella seconda metà del XIX secolo. Sua madre Ada era figlia di Lorenzo Mazzetti, pastore evangelico delle chiese di Bergamo e poi di Napoli, tra i fondatori della Chiesa Libera.

Ha vissuto l’infanzia tra Roma e Pisa, dove il padre si era trasferito per motivi di lavoro. Durante la guerra è stata ospitata nella villa del Focardo, sopra Firenze, dai suoi zii Nina Mazzetti e Robert Einstein, cugino dello scienziato Albert. Ha vissuto un periodo felice, tragicamente concluso il 3 agosto 1944 con l’assassinio di Nina e delle due figlie Luce e Annamaria Einstein (16 e 26 anni!) da parte dei nazisti in fuga verso il Nord Italia. Tale tragedia, della quale era rimasta l’ultima testimone oculare dopo la scomparsa delle cugine Paola e Lorenza Mazzetti, ha segnato molto l’intero percorso della sua vita, tenuto conto anche del suicidio di Robert Einstein, quasi un anno dopo il massacro della sua famiglia.

Dopo la guerra, si è laureata in lettere a Pisa con una tesi sul monoteismo nella Grecia antica, il suo relatore è stato il prof. Aldo Capitini, uno dei più importanti esponenti del pacifismo italiano, iniziatore della marcia Perugia – Assisi. E’ stata esponente della FUCI (Federazione Universitaria Studenti Cattolici), sedendo in Consiglio Nazionale accanto a personaggi noti della storia italiana come Aldo Moro, Vittorio Bachelet e divenendo per un breve periodo collaboratrice di Giorgio La Pira. Poi l’amore ha preso il sopravvento e a Pisa ha incontrato mio padre, Enrico Bellavite, da poco dottore in agraria presso la locale università. Dopo il matrimonio si sono trasferiti a Verona, città natale di Enrico, dove sono nati i figli Maria Irene, Paolo, Pierluigi e Andrea. Nel 1966 ha iniziato la carriera scolastica, insegnando alle scuole medie di San Michele Extra.

Dal 1968 al 1988 la famiglia si è trasferita a Gorizia, dove Anna si è fatta conoscere e apprezzare per il suo carattere allegro e socievole, come pure per la competenza e l’entusiasmo riversati nell’ambito scolastico. Ha insegnato a Fogliano, a Gradisca, in tutte le medie di Gorizia, prima di approdare per alcuni anni a Lucinico. Ed è poi stata preside di numerosi istituti dell’isontino. Ha sempre ritenuto il periodo “goriziano” quello più produttivo e significativo della sua vita, quello nel quale ha intessuto tante amicizie profonde e durature. Ha saputo raccontare il territorio con grande simpatia ed empatia, per chi l’ha conosciuta restano indimenticabili le sue guide nella Basilica di Aquileia, i percorsi lungo la valle dell’Isonzo, l’accompagnamento nei luoghi più belli dell’arte e della natura nella Slovenia e nel Friuli Venezia Giulia. Ha fatto parte del Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo, con il quale ha avuto l’occasione di visitare diverse realtà del Sud del Mondo, che hanno impresso in lei ricordi indelebili. La casa di Via Angiolina 24, grazie a lei, è stata un vero e proprio porto di mare, dove gli amici dei figli potevano trovare sempre un’accoglienza vivace, dialettica e sincera. Sì, perché Anna è stata personalità molto forte e intelligente, ma anche talmente sincera nell’esprimere i propri punti di vista da suscitare appassionate simpatie ma anche convinte e profonde antipatie.

Nel 1988, con il marito è ritornata a Verona, riallacciando alcune delle relazioni giovanili con i parenti e gli amici di un tempo. E’ stata preside alla scuola Gandhi e poi alla Betteloni, fino al definitivo pensionamento. Da quel momento la città scaligera è diventata il nuovo teatro sul quale accompagnare visitatori provenienti da ogni dove, sapendo coinvolgere i suoi ascoltatori nella contemplazione dei luoghi più noti e nella scoperta degli angoli più remoti. Ha iniziato anche a scrivere le sue memorie, rivelando aspetti gioiosi e tristi, entusiasmanti e drammatici sperimentati nella sua lunga vita. La malattia e poi morte del marito, avvenuta nel 2016, hanno portato un brusco cambiamento. Dopo quasi 67 anni di matrimonio, la solitudine si è fatta sentire, portandola alla decisione di trascorrere gli anni successivi nella casa di soggiorno Sant’Anna. Anche in questo caso è riuscita a farsi notare, organizzando piccole gite o rudimentali conferenze per gli ospiti di quella che è stata veramente per lei una nuova famiglia. Il covid ha interrotto queste piacevoli abitudini, la chiusura generale e gli anni hanno influito anche sulle sue potenzialità fisiche, ma non le hanno impedito di continuare a leggere, a ragionare e a cercare di conoscere e capire le dinamiche del mondo attuale. Negli ultimi mesi si è sempre più indebolita, fino a spegnersi serenamente la sera del 14 marzo 2025.

giovedì 13 marzo 2025

Mussolini non è mio concittadino, piazza Municipio a Gorizia, sabato alle 10

 

Anche sant'Ignazio protesta...
Sabato 15 marzo, alle 10 davanti al Municipio, la cittadinanza di Gorizia è invitata a partecipare al secondo momento di protesta contro la mancata revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, l'accoglienza ufficiale e solenne dei reduci della Xmas in Comune. 

Sarà un momento particolarmente efficace, dal momento che sarà svolto proprio mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e l'ex presidente della Slovenia Borut Pahor riceveranno il premio annuale dedicato ai patroni Ilario e Taziano.

Si potrà intervenire liberamente, anche per dilatare il punto di vista alle problematiche che attanagliano l'umanità attuale, collegando le potenzialità di pace di una capitale europea non fondata sull'ipocrisia ma sulla Cultura alla situazione di conflitto permanente che interessa il mondo. L'antifascismo, l'antinazionalismo e l'antirazzismo sono precomprensioni per la realizzazione dell'ideale di una/due città fondata/e sulla pace, sull'accoglienza e sulla giustizia. (ab)

Ecco il comunicato stampa degli organizzatori, in lingua italiana e slovena:


GORIZIA: capitale europea dell’ipocrisia
Mussolini non è mio concittadino!
La protesta continua...

Esattamente una settimana prima dell’inaugurazione della Capitale Europea della Cultura, il 1°
febbraio scorso, si è svolta, davanti al Municipio di Gorizia, la prima protesta organizzata da
operatori culturali, artisti e cittadini comuni della città transfrontaliera di Gorizia – Nova Gorica,
supportata anche da molte associazioni culturali, oltre che da cittadini giunti da fuori città.
A seguito: della grande partecipazione; delle molte adesioni, anche successive alla manifestazione;
della risonanza che l’iniziativa ha avuto sui diversi media, non solo locali; delle mancate risposte sia
da parte dell’amministrazione comunale che da parte del Presidente Mattarella, al quale la mattina
dell’8 febbraio sono state consegnate le 890 firme raccolte in meno di una settimana; i cittadini della
città transfrontaliera di Gorizia – Nova Gorica hanno deciso di prolungare la loro protesta per tutto
il 2025, anno della Capitale Europea della Cultura, o almeno fino a quando non otterranno delle
garanzie rispetto alle loro richieste.
A partire dal 15 marzo saremo quindi di nuovo a far sentire la nostra voce, davanti al Municipio di
Gorizia, il secondo o il terzo sabato di tutti i mesi del 2025, dalle 10 alle 12. Queste le ulteriori
date, già programmate: sabato 12 aprile e sabato 17 maggio.
Leggeremo nuovamente, all’inizio di ogni incontro, il nostro comunicato bilingue, per poi
consentire a chi vorrà di parlare ed esporre le proprie idee ed eventuali proposte.
Continueremo inoltre a raccogliere le firme di quei goriziani che vogliono dichiarare, seppure
simbolicamente, “di voler rinunciare alla cittadinanza goriziana”, oppure, se non residenti, di
sostenere tale iniziativa. Ricordiamo che tra questi hanno già sottoscritto Senatori, Deputati,
Consiglieri Regionali e Sindaci di questa regione.
E alla fine di ogni mese invieremo le nuove sottoscrizioni al Presidente Mattarella.
Questa iniziativa deriva anche dalla convinzione che la Cultura, intesa nel suo senso più ampio, sia
lo strumento più potente per debellare tutte le forme di violenza, fisica e verbale, di xenofobia e di
razzismo: dove c’è Cultura non c'è fascismo.
Ricordiamo infine le nostre richieste al Comune di Gorizia, richieste alle quali si è associato anche il
responsabile del programma della Capitale europea della Cultura 2025, Stojan Pelko, in qualità di
rappresentante morale dei cittadini della città transfrontaliera, quantomeno sotto la bandiera della
Cultura:
- revocare a Benito Mussolini la cittadinanza onoraria di Gorizia;
- celebrare la festa della Liberazione dal nazi-fascismo il 25 aprile di ogni anno;
- non ricevere più i rappresentanti della Decima Mas in maniera istituzionale (che ricordino pure i
loro caduti, ma in forma privata).


GORIZIA: Evropska prestolnica hinavščine
Mussolini ni moj someščan!
Protesti se nadaljujejo...

Točno teden dni pred odprtjem Evropske prestolnice kulture, 1. februarja, je pred mestno hišo v
Gorici potekal prvi protest, ki so ga organizirali kulturni delavci, umetniki in navadni državljani
čezmejnega mesta Gorica - Nova Gorica, podprli pa so ga tudi številna kulturna društva in
prebivalci zunaj mesta.
Po veliki udeležbi, veliki podpori številnih podpisih, tudi po demonstracijah, na kasnejših
prizoriščih in odmevu, ki ga je pobuda imela v različnih medijih, ne le lokalnih, pomanjkanju
odziva občinske uprave in predsednika Mattarelle, ki so mu vročili 890 podpisov, zbranih v manj
kot tednu dni, 8. februarja zjutraj, so se prebivalci čezmejnega mesta Gorica-Nova Gorica odločili,
da bodo svoj protest podaljšali do leta 2025, leta Evropske prestolnice kulture, ali vsaj dokler ne
dobijo zagotovil glede svojih zahtev.
Od 15. marca dalje se bomo torej vrnili, da bi izrazili svoj glas pred mestno hišo v Gorici, in sicer
vsako drugo ali tretjo soboto v mesecu 2025, od 10.00 do 12.00. Ta sta naslednja že predvidena
datuma: sobota 12. aprila in sobota 17. maja.
Na začetku vsakega zasedanja bomo ponovno prebrali naše dvojezično sporočilo, nato pa bomo
omogočili vsem, ki želijo spregovoriti, da predstavijo svoje zamisli in predloge.
Nadaljevali bomo tudi z zbiranjem podpisov tistih Goričanov, ki hočejo, čeprav simbolično, izjaviti,
„da se želimo odpovedati goriškemu državljanstvu“, ali, če so nerezidenti, podpreti to pobudo.
Opozarjamo, da so jo že podpisali senatorji, poslanci, deželni svetniki in župani te regije.
Ob koncu vsakega meseca bomo predsedniku Mattarelli poslali novozbrane podpise.
Ta pobuda izhaja tudi iz prepričanja, da je kultura, razumljena v najširšem smislu, najmočnejše
orodje za izkoreninjenje vseh oblik nasilja, fizičnega in verbalnega, ksenofobije in rasizma: kjer je
kultura, ni fašizma.
Na koncu bi radi spomnili na naše zahteve Občini Gorica, ki se jim je pridružil tudi odgovorni za
program Evropske prestolnice kulture 2025, Stojan Pelko, kot moralni zastopnik državljanov
čezmejnega mesta, vsaj pod zastavo kulture:
- odvzem častnega državljanstva Gorice Benitu Mussoliniju;
- naj se vsako leto 25. aprila praznuje praznik osvoboditve izpod nacifašizma;
- ne sprejemajo več predstavnikov Decima Mas na institucionalen način (naj se spominjajo svojih
padlih, vendar zasebno).

martedì 11 marzo 2025

La ragione dell'altro: un convegno internazionale sulla pace a Nova Gorica e Gorizia?

Nelle sue "Lettere dalla guerra", Tiziano Terzani scriveva che per fermare un conflitto fosse necessario conoscere le "ragioni" dei contendenti.

Sì, perché ogni guerra porta con sé delle motivazioni. Naturalmente ogni belligerante ritiene che le proprie siano le uniche e che quelle dell'altro debbano essere necessariamente talmente sbagliate da rendere necessario un intervento armato.

In altre parole, una delle cause dello scoppiare di una guerra è ritenere che da una parte ci sia la "Ragione" (con la R maiuscola) e dall'altra il "Torto" (con la T maiuscola). Soltanto approfondendo - senza condividere - i due (o più) punti di vista, si svela l'assurdità di voler risolvere le questioni con l'uso delle armi e si comprende come le vere questioni che stanno alla base di uno scontro non solo quelle dichiarate per creare consenso, bensì i traffici occulti che devono essere smascherati.

Ciò vale anche per il dibattito in corso in Italia e in Europa sul possibile riarmo (o difesa, che dir si voglia, anche se effettivamente non si è capito del tutto da chi o da che cosa). La semplificazione sta nel dividere i buoni dai cattivi: da una parte ci sarebbero i guerrafondai che non vedono l'ora di scatenare l'inferno, dall'altra i pacifisti che ingenuamente credono di fermare i carrarmati e i bombardieri mettendo dei fiori nei loro cannoni.

La questione non è così semplice. E' vero che tanta gente, imbevuta di pseudoverità ampiamente diffuse dai media di potere, sta pericolosamente progredendo nell'accettazione della guerra come unica possibilità di risolvere le varie controversie attualmente in atto. Ed è vero anche che un pacifismo "senza se e senza ma" è contraddetto dall'analisi di alcune situazioni limite che in passato - e forse nel presente - hanno giustificato il doloroso uso della violenza, senza la quale difficilmente sarebbero stati estirpati il fascismo e il nazismo.

E quindi? Quindi, in un momento così difficile è con urgenza necessario dare spazio al dialogo e alla riflessione. Occorre uscire dalla logica radicalmente bipolare che crea lo schema europeista = guerrafondaio contro pacifista = putiniano. Proprio facendo lo sforzo di uscire per un istante dalle proprie "ragioni" per capire quelle dell'altro, si può forse iniziare ad attuare nella per ora comoda realtà di non belligeranza lo stesso metodo che si vorrebbe in quella dove la terra brucia. Tale sforzo non significa rinunciare al proprio punto di vista, al contrario rafforzarlo attraverso l'ascolto e la discussione con quello apparentemente opposto.

La manifestazione pro Europa del 15 marzo rischia per questo di essere un divisivo inno alla "sia pur triste" (così si dice) necessità del riarmo, così come le incertezze all'interno del pd sembrano più un'incapacità di definire una posizione rispetto a un tema fondamentale per il futuro stesso del Pianeta che l'espressione di un autentico pluralismo di opinioni.

Che fare allora? Da una parte occorre ribadire, con sempre più approfondite argomentazioni, la propria visione, dall'altra è indispensabile creare luoghi di confronto democratico tra le diverse "ragioni". Perché non proporre, in ambito EPK, un dibattito del genere? Nova Gorica e Gorizia, giustamente decantate come un nuovo modo di condividere le diversità, non potrebbero essere la sede di un confronto serrato su questi temi. Si è su un importante palco internazionale: perché non approfittarne per chiamare filosofi, storici, politici di livello planetario che possano aiutare a realizzare un messaggio decisivo? In altre parole, perché non organizzare proprio nelle due Gorica un'assemblea, una sorta di convegno internazionale sulla pace in Europa e nel Mondo che, procedendo dalla conoscenza della ragione dell'altro, possa portare un decisivo contributo al superamento del pericoloso stallo attuale? Stallo di chi vuole in diversi modi la pace, mentre i veri guerrafondai, quelli sì, sono purtroppo in rapidissimo movimento...

martedì 4 marzo 2025

No al riarmo dell'Europa!

 

L'accelerazione degli eventi ha rivelato ancora una volta l'inconsistenza di una democrazia rappresentativa nella quale i partiti sono stati deprivati della loro componente ideologica.

Nel momento in cui ci si trova costretti a discutere e deliberare, non su problematiche tutto sommato marginali, ma su questioni fondamentali per il futuro dell'Italia, dell'Europa e del Mondo, gli schieramenti si dividono radicalmente. 

Come recentemente accaduto in occasione delle vicende legate al Covid, anche il tema della guerra in Ucraina e del genocidio del popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, le posizioni si polarizzano intersecando la cosiddetta sinistra e la cosiddetta destra. Ciò accade mentre si avverte più che mai la necessità di un rifiuto convinto del riarmo dell'Europa e della riproposizione urgente e concreta della Cultura della relazione e del dialogo.

Nello schieramento governativo la divisione è assai netta. Il partito Fratelli d'Italia, con la presidente del Consiglio sull'orlo di una crisi di nervi, appoggia Zelensky, non vuole rompere le da lei presunte buone relazioni con Trump e Musk e nello stesso tempo, pur facendo l'occhiolino a Orban, pretende di contare qualcosa sul fragile barcollante tavolo dell'Unione europea. Forza Italia, con il ministro degli esteri, cerca di conciliare il tradizionale atlantismo berlusconiano con la necessità di non rompere con gli europei, rimanendo più possibile defilato per non dover prendere posizioni troppo precise. Queste ultime sono invece appannaggio della Lega, che con il vicepremier si schiera apertamente dalla parte di Trump contro Zelensky, non disdegnando neppure un trattamento di favore addirittura a Putin. In questo settore, da nessuno viene messo in discussione l'appoggio incondizionato a Netanyahu, decisamente negato invece dall'ala estrema della destra che sostiene senza se e senza ma le ragioni della Palestina libera.

Anche nel gruppo dell'opposizione governativa, le posizioni sono assai diversificate. Il Partito Democratico esprime le sue tradizionali diverse anime. Una parte difende a spada tratta le Ragioni dell'Ucraina, cercando di portarla alla vittoria anche con l'invio di soldati e accusando chiunque abbia dei dubbi di fascismo filoputinista; un'altra parte più prudentemente sostiene la triste necessità dell'invio delle armi, ma nega il coinvolgimento del personale militare; un'altra ancora, rappresentata soprattutto dalla segretaria Schlein, riesce a dire tutto e il contrario di tutto, dichiarandosi contro il proseguimento della guerra senza per questo negare la necessità dell'invio delle armi. Del tutto opposta è la visione del Movimento 5 Stelle, passata dalla sofferta vicinanza alla proposta dell'invio delle armi, legata alla partecipazione al governo Draghi a una decisa contrarietà, supportata dalla convinzione della priorità assoluta data dalla fine della guerra. Più chiara Alleanza Verdi e Sinistra, dall'inizio contro l'invio delle armi, così come la Sinistra non rappresentata in Parlamento, alleate - si fa per dire - con il povero Papa Francesco, la cui voce è indebolita dalla malattia, nel rivendicare come le uniche vie possibili di soluzione siano la trattativa, il negoziato e la diplomazia. Per quanto concerne la situazione in Medio Oriente, si ondeggia tra la condanna da parte del pd e del centro sinistra nei confronti degli uni e degli altri accompagnata dal principio dei due Stati e il sostegno pieno - da parte delle componenti della Sinistra ma anche di buona parte del Movimento 5 Stelle - dell'obiettivo previo di Free Palestine.

Ma se si dovesse votare, che cosa accadrebbe? Probabilmente si formerebbero alleanze inedite trasversali che porterebbero purtroppo l'Italia ad accodarsi pedissequamente agli interessi europei o a quelli statunitensi. Molto difficilmente tutte queste divisioni riuscirebbero a consentire una presenza autonoma e originale, in grado di contribuire efficacemente all'unica - sì, unica! - alternativa possibile alla catastrofe planetaria. Né con Putin, né con Zelensky, né con Trump, né con von der Leyen, ma con un'Europa costruttrice di pace, di giustizia, nella nonviolenza attiva.

domenica 2 marzo 2025

Una Chiesa da ricostruire, sul fondamento delle sue origini

 

L'Aquila, la cattedrale durante la ristrutturazione (estate 2024)
Mentre si è vicini con il pensiero o con la preghiera a papa Francesco che sta affrontando la prova della malattia al Gemelli, la Chiesa cattolica si interroga sul proprio futuro. Ciò accade mentre anche il genere umano sta attraversando uno dei suoi ricorrenti difficili momenti. C'è il rischio, non troppo velato, di una deriva catastrofica non solo per coloro che già sono coinvolti in tante guerre e genocidi, ma per tutti.

In realtà c'è un nesso tra la sofferenza del pontefice e la drammatica ora del Pianeta. Quella di Bergoglio è stata infatti l'unica voce - tra quelle molto autorevoli - contraria alla narrazione guerrafondaia che da anni sta dominando il villaggio globale. L'affievolirsi dei suoi richiami all'intelligenza umana, alla diplomazia e al negoziato corrisponde all'indebolirsi di quella forza di speranza che è l'essenza del messaggio del Giubileo del 2025.

Quello che Francesco ha fatto capire è che quanto la Chiesa cattolica abbia bisogno di una riforma radicale, di una vera e propria ricostruzione sulla base dell'insegnamento e dell'esempio del  suo Fondatore. Per ricordare soltanto alcuni dei suoi richiami, è interessante paragonarli a quelli espressi dai suoi immediati predecessori. Se per Ratzinger era fondamentale l'affermazione della Verità filosofica e teologica, sulla linea del tradizionale aristotelismo tomista, per Bergoglio il primato spetta alla cura della persona e del creato, sulla scia degli innovativi percorsi della teologia della Liberazione. Se per il primo occorre essere fedeli ai "principi etici non negoziabili", per il secondo prevale la raccomandazione del non giudizio e dell'accoglienza dell'altro. Se Benedetto XVI contrastava il relativismo ideologico e dei costumi, Francesco contesta l'assolutismo di ogni Potere umano che genera guerra, persecuzione e fame. Se il pontefice tedesco vedeva i processi migratori come un possibile attentato alle "radici cristiane dell'Europa", quello argentino non ha mai smesso di contemplare il dolore dei migranti e di pretendere - quasi sempre inascoltato - il riconoscimento dell'universale fraternità e sororità, con il fattivo appello all'accoglienza permanente. Se Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno ribadito la centralità e l'unicità della Chiesa Cattolica come via per raggiungere la salvezza, Francesco nel suo viaggio in Indonesia è giunto ad affermare che "tutte le religioni sono delle vie per arrivare a Dio". 

Dal punto di vista teorico, sono dei cambiamenti di orizzonte molto significativi, corroborati anche dagli atteggiamenti personali. Il suo agire sobrio e simpatetico vuole far percepire quello del Papa come un ruolo che non pone la persona al di sopra degli altri, ma al contrario al servizio di tutti, come peraltro esplicitamente insegnato dallo stesso Gesù di Nazareth. "Chi vuole essere il primo, sia l'ultimo e il servo di tutti".

Ciò che Francesco non ha realizzato - probabilmente per un'oculata scelta prudenziale - è stata la trasformazione delle sue parole e dei suoi atteggiamenti in normativa canonica, in scelte destinate a influire sul futuro della Chiesa e del Mondo. La teologia dogmatica e il codice di diritto canonico non hanno compiuto passi significativi oltre al dettato dell'ormai sessantenne Concilio Vaticano II. Papa Bergoglio ha ritenuto evidentemente più urgente segnalare la necessità di intraprendere una nuova strada, piuttosto che adeguare strutture e mezzi in modo da mettersi immediatamente in cammino. Forse per questo ha rinnovato quasi completamente il collegio cardinalizio, pensando che da un futuro Conclave possa emergere il nome di un nuovo papa in grado di dare forma stabile alle sue intuizioni.

Chi verrà dopo di lui non avrà certo un compito facile. Si troverà davanti alla drammatica scelta che Francesco ha evitato di compiere. Dovrà misurarsi con una crescente opposizione di "destra" che già in questi ultimi anni ha minacciato lo scisma, in caso di fissazione di regole non corrispondenti alla presunta "Tradizione" della Chiesa. Ma dovrà tenere conto anche della maggior forza della "sinistra" che vorrebbe decisioni coraggiose portatrici di una vera Riforma generale, forse addirittura la fine della "cattolicità", in vista di un cristianesimo federale, condiviso con le altre confessioni cristiane e aperto al dialogo senza confini con le altre religioni e con l'ateismo moderno.

Come reggere un simile obiettivo, tanto più tenendo conto dell'urgenza di un tempo che richiede la capacità di risposte immediate a problemi impellenti? Come non cedere alla venefica tentazione di chiudersi negli angusti confini del Vaticano, senza partecipare all'attuale, decisivo momento della storia dell'Uomo e del Mondo?

Una sola previsione è possibile: il primo atto del nuovo Vescovo di Roma  non potrà essere che l'annuncio e poi la celebrazione del XXII Concilio Ecumenico, con la partecipazione delle altre chiese cristiane, degli osservatori delle altre religioni e concezioni della vita. Solo una gigantesca assise planetaria potrebbe offrire quell'autorità e quell'autorevolezza necessarie per intraprendere la più grande Riforma della Chiesa dai tempi di Lutero fino ai nostri.

sabato 1 marzo 2025

Verso la fine della guerra In Ucraina?

 

Nell'effimero mondo delle news a effetto, questo sabato ha visto sparire dall'orizzonte il genocidio di Gaza e le pulizie etniche perpetuate da Israele in Cisgiordania, la paura dei dazi astronomici, le manifestazioni di piazza promosse dai giovani in Serbia, in Grecia e altrove (peraltro in generale già quasi del tutto oscurate dai media italici), la salute di papa Francesco...

Di cosa tutti parliamo, schierandoci radicalmente divisi, con posizioni dirompenti che attraversano gli schieramenti di destra e di sinistra?

Di una rude chiacchierata che ha visto confrontarsi due guitti, Zelensky da una parte e Trump dall'altra. Premetto tutta la possibile profonda preoccupazione e antipatia nei confronti del neopresidente americano e l'orrore per le sue posizioni relative al futuro del Medio Oriente e più in generale del mondo. Tuttavia, in questo specifico contesto, nel quale i signori del mondo discutono fra loro come se si trovassero in un reality show, c'è anche da sottolineare qualche nuovo elemento, non si sa bene se foriero di speranza o di angoscia.

Lo scontro è avvenuto intorno alla guerra in Ucraina. Una parte dello stupore deriva dalla trasparenza con la quale Trump ha fatto capire all'interlocutore che la questione è basata esclusivamente sulla tutela degli interessi economici e strategici delle parti. Non c'è più bisogno di mascherare il tutto con richiami all'autodeterminazione delle nazioni o al (purtroppo mai esistito) diritto internazionale. Qui si tratta di vedere, parafrasando il passaggio più impressionante dello scontro, chi ha le carte e chi non le ha. E chi non le ha, non può fare altro che prenderne atto e cercare un cessate il fuoco, prodromo di un accordo che sia il meno penalizzante possibile. Per di più deve tenere conto di tutti gli europei, interessati a fare affari quanto gli americani. Anche essi, dopo aver dilapidato le proprie sostanze per il superstar ucraino, passeranno alla cassa pretendendo anch'essi la restituzione. 

Si capisce la rabbia di coloro che hanno voluto sostenere Zelensky in tutti questi ultimi tre anni, di chi ha voluto che fossero investiti miliardi di dollari e di euro per rendere cronica una guerra che più inutile strage e orrenda carneficina di così non avrebbe potuto essere. Ora arrivano l'emblema del male planetario, il rozzo tycoon  e il suo vice a suggerire niente di più e niente di meno di ciò che hanno detto - essi sì per motivi prioritariamente etici - papa Francesco e gli assertori di un percorso alternativo, fin dal giorno successivo all'intervento russo in Ucraina: l'unica strada possibile per la risoluzione del conflitto erano e continuano a essere la diplomazia e il negoziato. 

Il problema è lo stesso di tre anni fa. Si vuole che questa guerra prosegua all'infinito, senza un'apparente possibilità di conclusione, una voragine che inghiotte ogni giorno centinaia di poveri ragazzi inviati al fronte senza sapere bene perché? Oppure si spera che questa carneficina possa finire, magari grazie all'intervento di un Trump qualsiasi - in altri ambiti iperguerrafondaio - in grado di convincere Zelensky, con la chiusura del rubinetto dei dollari e delle armi, a concordare un immediato cessate il fuoco e a sedersi sul tavolo della diplomazia? Ma in grado di convincere anche il cinico, altrettanto macellaio zar Putin, a sedersi intorno allo stesso tavolo per ridiscutere le proprie mire sulle regioni orientali dell'Ucraina?

Ci si stracci le vesti quanto si vuole, ma le posizioni degli uni e degli altri, stanno tutte nella risposta a questa drammatica domanda. 

mercoledì 26 febbraio 2025

Cutro, 26 febbraio 2023 - 26 febbraio 2025

Il monumento ai caduti di Cutro, nel centro della frazione di Steccato (Calabria Jonica) richiama giustamente i sensi dell'umanità e della fraternità e consente di ricordare chi ha perso la vita nella sua lotta alla ricerca della libertà. Al monito contro "i trafficanti e gli scafisti" va comunque aggiunta la denuncia nei confronti della parte del mondo politico e degli organismi preposti che non ha fatto ciò che avrebbe dovuto fare. I morti - tanti bambini e donne tra loro! -  non sono morti soltanto per disgrazia, ma anche per la negligenza di chi non si è adoperato per salvarli. Ciò non riguarda la gente del luogo che si è fatta in quattro, a rischio anche della propria vita in una notte di tempesta, pur di poter portare conforto. E' riferito invece alla sottovalutazione del pericolo, ai ritardi di interventi strutturati, ai rimpalli di responsabilità fra le autorità. E così, a una manciata di metri dalla spiaggia, in una notte che più oscura di così non si poteva, il caso ha scelto di salvare quelli che si sono gettati in mare dalla parte giusta, condannando a morte certa tutti gli altri. Dalla tragedia sono derivati i Decreti Cutro, uno dei primi atti del governo Meloni. Invece di garantire la sicurezza ai poveri che solcano le vie del mare alla ricerca di un futuro possibile, il dettato della legge penalizza ulteriormente non soltanto chi fugge da guerra fame e persecuzione, ma anche - addirittura! - coloro che dedicano tempo, risorse ed energie a raccogliere i naufragi nel Canale di Sicilia. E' veramente un mondo alla rovescia! 

mercoledì 19 febbraio 2025

Il cielo sopra Farra

 

Questa sera sono stato all'Osservatorio astronomico di Farra. Ho incontrato belle persone, appassionate e competenti nella ricerca, ma anche molto capaci di comunicare.

So di dire cosa banali e scontate, ma per me è stata una grande esperienza. Due grandi telescopi, un planetario, sale per conferenze e computer ovunque. Ma quello che tocca nel profondo è l'osservazione.

Ho visto Venere, anzi un quarto di Venere perché il pianeta più luminoso ha le fasi, come quelle della Luna. Era talmente sfolgorante di luce da accecare l'occhio religiosamente appoggiato sulla lente.

Ho visto Giove, con le sue fasce colorate, la caratteristica macchia rossa. E poi, punti abbandonati nello spazio immenso, i suoi quattro pianeti che aveva già visto, col suo rudimentale cannocchiale, il vecchio Galileo.

Ho visto Marte, col suo caratteristico colore arancione. Ho pensato agli antichi che hanno chiamato questi che per loro erano astri impazziti, con i nomi del pantheon dell'Olimpo: Venere la sfolgorante dea dell'amore e della vita, Giove il maestoso Re dei Re, Marte il bellicoso seminatore di sangue e di discordie.

Poi siamo scesi e gli schermi si sono accesi di fotografie scattate nelle notti di Farra. Ecco, si vedono gli scorci interessanti della nostra piccola Galassia, l'indimenticabile nebulosa di Orione, le polveri cosmiche illuminate dalla stelle da esse stesse generate, la nebbiolina immensa delle dolci Pleiadi. Tanti asteroidi solcano l'orbita terrestre, c'è molto traffico lassù, alcuni transitano indisturbati tra la Terra e la Luna. E poi ecco, si va oltre la Via Lattea, alla ricerca di altre Galassie, miliardi di soli, piccoli e grandi, in ognuna di esse. Alcune hanno forme singolari, tante sembrano spirali che ruotano attorno ad immani agglomerati di astri, altre ancora occhieggiano da sempre più lontano. "Questa fragile luce proviene da un ammasso formato da un numero inimmaginabile di stelle, per arrivare fino a noi ha impiegato almeno tre miliardi di anni". Questo fragile barlume è partito quando la Terra si stava appena solidificando, quando forse ancora non c'era la Vita, la nostra piccola, fragile, affascinante Vita.

Di fronte ai gas multicolori di un'esplosione di supernova, ai crateri di un pianeta sperduto nel buio universale, agli anelli di ghiaccio che circondano Saturno, mi chiedo che senso abbia il Tutto. Mi domando se c'è un motivo, un senso in questo vortice generale che inghiotte l'essere e lo trasforma in nulla. C'è qualcuno, da qualche parte - ammesso che si possa parlare di qualche parte - che possa condividere le domande di questo scricciolo che si chiama Homo? O siamo soli su questa pallina da biliardo sospinta chissà quando e chissà da chi, condannata a ruotare su sé stessa e intorno alla sua stella, ininterrottamente? Fino a quando non sarà inghiottita dallo stesso Sole che le dona la vita ed esso stesso si espanderà e poi concentrerà in un frammento, per rinascere sotto nuove forme colori e dimensioni. E nessuno di noi ci sarà mai più, spariranno l'Everest e il Kilimangiaro, le Piramidi e la Basilica di san Pietro, le filosofie e le religioni, le fedi e le ragioni. Tutto diverrà energia interstellare, colata lavica nella genesi del prossimo pianeta, un nulla che si riempie incredibilmente di totalità, in un incessante ciclo nel quale spazio e tempo finiranno per confondersi. Anche perché non ci sarà nessuna ragione determinata dalle categorie e l'unico respiro sarà quello dell'Universo intero.

In ogni caso alla fine si muore e forse in quel momento la nebbia si dissolverà. O forse tutto si dissolverà. Ma se è così, come non capire la gloriosa debolezza della Vita? Come umiliarla, distruggerla, perseguitarla? Come io, piccola scintilla che si consuma in un istante, posso pensare di essere più importante di un'altra scintilla? Come posso spegnerla per raggiungere un minimo successo, una risata crassa destinata a spegnersi nell'ora successiva? Come non diventare più umani, contemplando il cielo stellato sopra di noi e - già che ci siamo è impossibile non trascinare nella mischia il vecchio Emmanuel - la legge morale dentro di noi?

venerdì 14 febbraio 2025

Sergio Tavano, tra sapienza, fede e autentica amicizia

Foto Chiara Bressan
Se c'è stato un giorno storico come l'8 febbraio 2025 a Nova Gorica e Gorizia, lo si deve anche a persone come Sergio Tavano.

Con lui Gorizia perde la più alta figura di storico e archeologo, per lunghi anni docente universitario e indomito studioso e ricercatore. E' stato infatti interprete della vocazione inter-nazionale della città, evidenziando la bellezza delle relazioni tra le culture, in particolare quella friulana e slovena, oltre a quella italiana e alle ancora influenti, anche se disperse nel tempo, tedesca ed ebraica. Ha avuto a cuore Aquileia e Grado, ha raccontato con sapienza la storia del sogno sovranazionale e pluriculturale della diocesi e poi del patriarcato aquileiesi. Insieme a innumerevoli libri e articoli di carattere scientifico, ha scritto una monumentale storia dell'Arcidiocesi di Gorizia.

E’ stato tra i promotori della prestigiosa collana di studi ed edizioni critiche del Corpus degli scrittori aquileiesi. Ha contribuito, anche in forza delle straordinarie scoperte realizzate negli anni ’70 anche con il suo aiuto a San Canzian d’Isonzo, a far conoscere la vicenda dei martiri Proto, Canzio, Canziano e Canzianilla. Ha saputo offrire alcuni tra i più accurati percorsi di visita alla Basilica e più in generale alle zone archeologiche della città romana, paleocristiana e medievale.

Collegando la sua esperienza anche alla realizzazione del sogno della Capitale europea della Cultura 2025, si deve a Sergio Tavano la dizione di “Goriziano” (con la G maiuscola) per intendere il territorio compreso nell’intera area appartenente storicamente all’Arcidiocesi di Gorizia, in pratica l’intero bacino dell’Isonzo con i suoi affluenti.  Ha lavorato per costruire l’ideale dell’unità nella diversità insieme a tanti personaggi rilevanti, quali, tra i tanti, Michele Martina, Celso Macor e don Renzo Boscarol. Si deve anche a queste personalità, aperte a un respiro universale, il raggiungimento del prestigioso riconoscimento europeo.

Uomo di profonda e matura fede, ha esercitato il suo ruolo di laico impegnato nella Chiesa con intelligenza critica e grande professionalità, offrendo il proprio contributo di studioso e di docente alla formazione di intere generazioni di archeologi, ma anche di seminaristi e teologi. E’ ricordato da tutti con grande gratitudine e con affetto. Il suo impegno caratterizzato da orizzonti internazionali gli ha consentito di essere annoverato tra gli Accademici della Slovenia, privilegio assai raramente conferito a uno studioso non sloveno. Il suo importante servizio alla causa della Cultura non gli ha impedito di essere un punto di riferimento fondamentale per i suoi familiari, come pure per tutti gli abitanti di Gorizia.  

Apparentemente persona austera, a volte talmente coinvolto nella profondità della sua ricerca da suscitare una sorta di soggezione, lascia a chi lo ha conosciuto più da vicino, una sensazione di forte dolcezza e di intensa capacità di condivisione. La sua chiarezza e la schietta sincerità nelle relazioni gli hanno permesso di costruire nel tempo solide e durature amicizie.

La sua memoria è fonte di rinnovato impegno nella ricerca e nello studio, per il bene della sua amata Gorizia e dell’intero territorio “Goriziano”.

domenica 9 febbraio 2025

Vsi smo Goričani, siamo tutti Goriziani

Foto Simonetta Molinari
Gioia ed emozione. Sono le sensazioni respirate ovunque durante l'attesissima inaugurazione di Nova Gorica con Gorizia, capitale europea della Cultura 2025. Mille grazie, najlepša hvala a coloro che ci hanno creduto e a chi ha tanto lavorato per ottenere uno straordinario risultato.

E' stato quello che proprio doveva essere. E se è vero che spesso la realizzazione delle previsioni porta a una sensazione di preorganizzato, in questo caso non è stato così. Anzi, si può dire che la giornata è stata sorprendente.

Indubbiamente belli sono stati tutti gli eventi, dalla passeggiata da stazione a stazione ai discorsi in Travnik e piazza Bevk, dalle performance sui teatri allestiti ovunque alle immancabili bandierine colore smeraldo sventolate da centinaia di bambini festanti, dal servizio d'ordine impeccabile alla sontuosa inaugurazione ufficiale con la dolce immagine della Presidente Pirc Musar che prende per il braccio il Presidente Mattarella.

Tutto bello dunque e molto ben preparato. Ciò che invece non ci si aspettava, è il comportamento della grande folla che ha voluto partecipare, la sensazione di leggere negli occhi di tutti l'orgoglio di chi, da qui ai prossimi decenni, potrà dire "c'ero anch'io". In altre parole, è stato ciò che l'intero anno a disposizione dovrebbe essere e che più volte si è auspicato anche in questo blog. Il vero palcoscenico, ieri, senza nulla togliere agli artisti che si sono esibiti, sono state le strade e le piazze.

Già alle 10 era difficile uscire di casa, una folla multicolore e vociante si affrettava verso la Stazione Centrale. Da quel momento e fino a mezzanotte, i Goričani non solo hanno scoperto, ma realizzato il sogno delle due città "congiunte". E' come se ciascuno avesse improvvisamente ricevuto in dono una realtà che si era sempre conosciuta, ma sentita come parallela e lontana, ora per la prima volta vissuta come propria. Si è creata, almeno per un giorno, un'unica città nella quale la diversità di lingue e di culture è stata celebrata come una meravigliosa opportunità. Camminando, ridendo, chiacchierando, ascoltando, mangiando, bevendo, applaudendo, salutando, stringendo mani note e sconosciute, allestendo, lavorando, pulendo, soccorrendo, ciascuno è stato l'attore principale di una rappresentazione collettiva. 

La maggioranza delle migliaia di partecipanti - tra essi tanti, tantissimi abitanti dell'una e dell'altra parte di un confine davvero mai così sottile - ha sentito la musica e ha visto i giochi di luce, ma non ha potuto capire bene cosa stesse accadendo. Ciò non ha disturbato in realtà nessuno, l'importante era il semplice e glorioso "stare insieme". Si constatava ovunque, in ognuno dei diecimila passi che hanno caratterizzato la festa, la scoperta di una compagnia inattesa, la consapevolezza di essere - tutti e ciascuno - protagonisti di un'unica grande scena, dalla quale è stato inviato all'Europa e al Mondo un fortissimo, anche se confuso, messaggio di pace giustizia amicizia fraternità.

C'è sempre "the day after", quando si spengono le luci della ribalta e si rientra come Alice dal paese delle meraviglie. I problemi vecchi e nuovi dei goričani sono ancora lì e attendono di essere affrontati, considerati e possibilmente risolti. C'è tanto bisogno di rimboccarsi le maniche e di costruire questa nuova "due città in una" o "povezani mesti", che dir si voglia. Ma la gioia e l'emozione di questo sabato di febbraio, ormai condivisa Giornata della Cultura, rimangono come un tesoro prezioso da custodire. Da esso si potranno attingere la forza, il coraggio, la creatività e l'impegno con i quali affrontare il 2025, un anno che se per il mondo è iniziato con tante nubi e venti di guerra all'orizzonte, in controtendenza, a Nova Gorica e Gorizia, si è aperto all'insegna di un grande Speranza: è possibile che si realizzi il miracolo della libertà, dell'uguaglianza e della sororità/fraternità.

Ed esattamente a mezzanotte, mentre dalle ancora affollatissime piazze Bevk ed Europa un fiume di giovani sciamava per rientrare a casa, sulla stazione della Transalpina e sulle due città ha cominciato, delicatamente, a piovere. Anche il cielo, dopo aver regalato ore di meteo ideale, ha versato qualche lacrima di commozione.

venerdì 7 febbraio 2025

giovedì 6 febbraio 2025

La festa dell'8 febbraio travolga i muri dei cpr e ripristini subito Schengen

Il cpr di Gradisca d'Isonzo
Mentre si celebra - giustamente e con entusiasmo - la grande festa della capitale europea della Cultura, non si possono dimenticare due situazioni che Nova Gorica con Gorizia non devono dimenticare.

Il Centro per il Rimpatrio di Gradisca d'Isonzo, vero e proprio campo di concentramento nel quale le persone sono rinchiuse tra le sbarre di ferro, torna a far parlare di sé. Nel pomeriggio proprio di sabato 8 febbraio è prevista una manifestazione di solidarietà con i reclusi e di protesta contro l'esistenza di simili strutture di segregazione nella Regione e nel resto d'Italia.

Per altro verso, il Trattato di Schengen non è ancora stato ripristinato e i controlli sul confine - alla ricerca dei poveri cristi da spedire in cpr - continuano in forma abbastanza invasiva. Si pensi al valico della Casa Rossa, dove addirittura è stata sistemata una serpentina per rallentare il flusso delle auto, come ai tempi che si pensavano del tutto confinati nelle soffitte della storia. 

Sono due simboli potenti che non inficiano certo l'importanza della Giornata goriziana, con la presenza della presidente della Repubblica di Slovenia Pirc Musar e della Repubblica Italiana Mattarella. Al contrario, indicano quanto sia significativa una capitale europea "transfrontaliera" e quanto la celebrazione dell'8 febbraio possa contribuire a far nascere e soffiare un vento benefico, capace di abbattere tutti i muri, anche quelli del Cpr e tutti i confini, ripristinando e dilatando l'appartenenza al Trattato di Schengen.

sabato 1 febbraio 2025

Serbia incandescente, la riscossa dei giovani

Un fiore per le vittime di Novi Sad
Il primo giorno di novembre dello scorso anno, era crollata la tettoia esterna della da poco rinnovata stazione ferroviaria di Novi Sad. L'evento, che aveva provocato la morte di 15 persone, tra le quali un bambino di pochi mesi, ha suscitato un'impressionante ininterrotta ondata di proteste in tutta la Serbia.
I protagonisti assoluti di queste manifestazioni sono i giovani. Migliaia di giovani ,sono scesi in piazza per contestare la vera causa della tragedia, cioè la corruzione e il disinteresse dei governanti nei confronti della cosa pubblica. All'inizio sono stati ridicolizzati dalla stampa, quasi tutta filogovernativa, poi la loro testimonianza diretta ha allargato le file. Se in principio ci sono stati gli universitari, poi si sono aggregati i ragazzi delle scuole superiori, i loro genitori, gli insegnanti, gli operai ma anche i contadini e gli uomini di cultura, per arrivare fino agli sportivi  e ai personaggi più conosciuti anche all'estero, come il tennista Novak Djokovic.
A tre mesi dagli avvenimenti, decine di migliaia di persone si sono date appuntamento tra oggi e domani nel luogo del disastro. In testa sono sempre loro, i giovani studenti, gli enormi cortei gridano preoccupazione e delusione, vogliono una politica migliore. La pressione ha già portato alle dimissioni del premier Vučevič e di due ministri. Per il momento resiste il presidente Vučič che accusa non meglio precisati poteri esteri di fomentare i disordini.
Dall'esterno, gli osservatori, notando l'assenza di soggetti ispiratori partitici o ideologici, parlano invece con ammirazione di "olocrazia", sistema di organizzazione autogestita e coordinata tra vari gruppi che si prefiggono i medesimi obiettivi. Sia come sia, la rivendicazione di trasparenza, la richiesta di verità e giustizia come pure la lotta alla corruzione hanno creato una marea immensa che sta contagiando l'intera società civile e che sembra cominciare ad attecchire anche fuori del confini della Serbia.
In tutto ciò c'entra anche l'Italia, o meglio il Friuli Venezia Giulia e più specificamente il porto di Trieste. Sono sempre più numerosi i ricchi serbi che acquistano case lussuose a Trieste e sono documentati forti interessi sul Porto Vecchio. Lo stesso ministro dell'edilizia Goran Vesic, dimessosi dopo il crollo della stazione di Novi Sad ha acquistato casa (3 milioni e mezzo di euro!) ed è venuto ad abitare a Trieste.
Le informazioni contenute in questo post provengono dalla lettura del quotidiano sloveno Delo. In Slovenia si parla moltissimo di ciò che sta accadendo in Serbia, così come negli altri Paesi limitrofi. In Italia c'è stato finora uno strano silenzio e i fatti sono stati per lo più coperti da una specie di censura. 
Chi ha paura dei giovani studenti?

venerdì 31 gennaio 2025

Verso l'8 febbraio. Un'intervista


A qualche giorno dall'8 febbraio, propongo, se a qualcuno può interessare, un'intervista curata da Ornella Rossetto per Radio Capodistria. Ecco il link: https://radiocapodistria.rtvslo.si/podcasts/punto-e-a-capo/106615709/175105315

giovedì 30 gennaio 2025

Caso Almasri, preoccupante, molto preoccupante

Segni di torture sulla rotta balcanica
La vicenda Almasri ha risvolti etici e politici importanti.

Dal punto di vista politico, è abbastanza facile pensare che il rimpatrio con tutti gli onori del libico non sia il frutto di distrazione, ma la prova dei contatti sempre più stretti tra il governo italiano e l'attuale dirigenza libica. Insomma, è un bel favore a chi impedisce le partenze verso il Mediterraneo e l'Italia, costringendo a condizioni disumane coloro che vorrebbero partire. Il carnet dei crimini di cui è accusato Almasri fa venire la pelle d'oca: assassinii, stupri e violenze su minori, umiliazioni d'ogni sorta, torture. E le scoperte della Corte dell'Aia sono corroborate da migliaia di testimonianze di coloro che sono malcapitati sotto le sue sgrinfie.

C'è anche un aspetto etico, anche questo veramente preoccupante, derivato dall'informativa di Piantedosi e dai piagnistei della Meloni. Secondo loro, la magistratura avrebbe liberato l'accusato e il Governo, ritenendolo un individuo pericoloso, lo ha immediatamente rimpatriato in Libia con procedura d'urgenza. Cioè, un personaggio ritenuto colpevole di terribili misfatti, purché non mini la sicurezza degli italiani, può andare a compiere le sue "imprese" dove meglio gli aggrada.

Non so se sia stata del tutto compresa la portata delle spudorate ammissioni del ministro degli interni e della capa del Governo. I diritti umani, la dichiarazione universale, la costituzione italiana, la solidarietà, la cooperazione internazionale... tutto ciò viene dopo "la sicurezza degli italiani". Dicono che bisogna "difendere i confini", impedendo a ogni costo l'arrivo di migliaia di poveri che desiderano soltanto vivere, che bisogna perseguire in tutti i modi gli scafisti e nello stesso tempo si permette il ritorno in patria da eroe di un autentico macellaio. Si presidiano i confini sospendendo il trattato di Schengen per mettere in carcere i presunti terroristi (almeno, questa è la scusa ufficiale) e quando viene beccato uno dei più pericolosi torturatori malviventi, viene immediatamente lasciato libero, in ossequio agli squallidi interessi e alla propaganda dello Stato. In nome della "sicurezza nazionale", si sta smarrendo non soltanto la fiducia nella collaborazione tra popoli e nazioni, ma anche il senso stesso della parola "umanità". 

Giorgia, la madre, la cristiana... E chi se ne frega se centinaia di esseri umani saranno uccisi, umiliati e vilipesi dalla violenza di Almasri? E chi se ne frega se Ben Salman è a capo di un regime assolutista e teocratico, presunto mandante di assassinii di livello internazionale? E chi se ne frega della vicenda di Giulio Regeni e dei torturati in Egitto? L'importante è che la Libia blocchi in qualsiasi modo i profughi, che con l'Arabia Saudita si possano fare più affari possibili e che Al Sisi compri le navi militari, che favorisca il made in Italy. Viva la ragione di Stato, addio fraternità e sororità universali!

domenica 26 gennaio 2025

Giornata della Memoria 2025

 

Luce e Cici Einstein, in un momento spensierato
In occasione della Giornata della Memoria 2025, voglio ricordare ancora una volta la mia prozia Nina Mazzetti, moglie dell'ingegnere Robert Einstein, cugino del più famoso Albert, assassinata dai nazisti insieme alle due figlie, Luce e Annamaria (Cici) Einstein, di 17 e 26 anni, il 3 agosto 1944, nella villa del Focardo, sopra Firenze.

E' una goccia nell'oceano di dolore costruito dal nazismo e dal fascismo, un milionesimo dell'immane tragedia della Shoah e dell'annientamento di interi popoli nei campi di sterminio e nelle infinite stragi che si sono verificate in Italia e in Europa.

Ma ogni individuo è un mondo a sé stante, portatore del mistero dell'esserci. Contemplando il particolare, ci si rende conto dell'universale e guardando all'insieme, si scopre che in esso si realizza l'umana avventura di ciascuno. Il razzismo ha massacrato milioni di persone - non solo ebrei, ma anche rom, testimoni di Geova, omosessuali, portatori di disabilità, oppositori politici -  non tutte insieme ma una a una e ogni uccisione ha spento una fiammella della luce che è la Vita.

Non ci può essere atto più orribile del cancellare l'esistenza di un'altra persona. Chi uccide un uomo, uccide l'intera umanità e - come scrive il Corano - chi salva un uomo salva tutta l'umanità, perché siamo tutti indissolubilmente legati gli uni agli altri e all'intero regno dei viventi. L'unica possibile giustificazione della violenza è la consapevolezza che non ci possa essere altro strumento per impedire una immensa, maggiore sofferenza. Ed è per questo che l'unica guerra non ingiusta del XX (e del XXI) secolo è stata quella partigiana, finalizzata a sconfiggere il mostro razzista nazifascista che aveva condotto l'umanità intera sull'orlo della catastrofe finale.

E' giusto ricordare che i campi di sterminio e le stragi non sono stati frutto di una disgrazia o di un fenomeno naturale. Sono stati invece l'esito di libere scelte, attuate da persone con un nome e un cognome, ispirati da ideologie perverse alle quali avevano consacrato la loro vita. Non si può trascorrere un'intera Giornata della Memoria, senza nominare i criminali che hanno provocato la tragedia che in essa viene ricordata e senza essere grati a chi ha messo a repentaglio la propria vita, combattendo perché quell'orrore potesse finire. Non si può inorridire davanti a ciò che è accaduto, senza dichiararsi antifascisti.

Altrimenti, quel "mai più", oltre che illusorio, rischia di essere anche ipocrita, in un mondo in cui ovunque le stragi degli innocenti si stanno quotidianamente ripetendo, sotto lo stesso sguardo impotente o complice dei cosiddetti Grandi di ogni tempo.